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Sassuolo, De Zerbi: «Malato di tattica. Rispetto la parola data a Squinzi»
Roberto De Zerbi, tecnico del Sassuolo, si racconta e parla della sua esperienza in neroverde: ecco le parole dell’allenatore
Roberto De Zerbi ha parlato a “Nero & Verde”, sui canali ufficiali del Sassuolo. Ecco le dichiarazioni raccolte da Sassuolonews.net.
SASSUOLO – «Per come sono fatto non riesco mai a godermi le cose, penso sempre al passo successivo. Una volta firmato il contratto con Carnevali e dopo aver parlato con Squinzi, era come sentirsi sotto esame perché qui era passato Di Francesco, aveva lasciato il segno, dovevo mettermi alla prova e dimostrare di essere all’altezza ma questo è quello che penso sempre, difficilmente mi fermo a pensare a quanto di buono fatto, più facilmente penso a quello che avremmo potuto fare ed è un difetto perché non ti godi niente ma è un pregio perché non molli mai».
IDEA DI CALCIO – «Sono consapevole che è una richiesta particolare, sono consapevole che il modo in cui richiedo le cose è molto esigente, non lascio spazio al si può fare o no. A Giovanni Carnevali durante una riunione dissi che se avessimo fatto una squadra funzionale in 20 giorni la squadra avrebbe avuto identità perché il 5-0 con la Ternana in Coppa Italia si vedevano già tantissime cose. La partita con l’Inter, che è stato il mio biglietto di presentazione, oltre alla vittoria, è stato fatto qualcosa di strepitoso dal punto di vista dell’organizzazione e del gioco».
QUALITA’ NASCOSTA – «Sono malato di tattica, entro nelle valutazioni degli acquisti e delle cessioni, come facevo anche nelle altre società, la cosa che non arriva subito, ancora prima, l’aspetto tattico, tecnico, la costruzione, è la passione che voglio che le mie squadre abbiano, che tutti abbiano nell’ambiente dove lavoro e col mio essere contagioso provo a trasferirlo a tutti giornalmente con il mio modo di fare».
SQUINZI – «Le sue parole ti penetravano, ti contagiavano. Quando ci siamo conosciuti mi disse ‘Roberto ti chiedo di vedere la squadra giocare bene e di attaccare’. E questo mi rimbomba ancora nelle orecchie. Fare l’allenatore è pesante nel senso che ti assumi delle responsabilità che a me piace portare a termine e quando penso al Dottore mi dico che sto rispettando quella parola che avevo dato e che sto rispettando la responsabilità presa».
COMPLIMENTI – «I complimenti dei colleghi, di gente di calcio, come Guardiola, Sarri, Rummenigge, mi hanno fatto molto molto piacere».