2018

Davide Astori e l’eleganza dell’anima

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La morte di Davide Astori lascia senza parole il calcio italiano: un ricordo del capitano della Fiorentina e difensore della nazionale azzurra

Di inenarrabile difficoltà trovare parole appropriate per descrivere un evento così traumatico: Davide Astori, per cause naturali che hanno condotto ad un arresto cardiocircolatorio, lascia a soli trentuno anni le tantissime persone che gli volevano bene. La sua famiglia, la compagna Francesca e la figlia Vittoria di appena due anni, la Fiorentina ed il suo popolo, il calcio italiano e chiunque lo aveva conosciuto prima. Lascia in una notte di Udine, una delle tante in cui si preparava per l’ennesima volta a fare ciò che amava: il calciatore. Il difensore. Lascia, ma non per sua scelta. Lascia per il destino che qualcuno di più grande ha disegnato per ognuno di noi. Se il confine con la retorica – nei messaggi che lo hanno ricordato – può sembrarvi labile, in questo caso basta leggere l’emotività nelle righe scelte dai colleghi per comprendere chi abbiamo perso. A patto che si abbia la sensibilità per saperla cogliere.

Astori, un ricordo

Il ricordo personale di chi vi scrive è legato alla stagione 2014-15: l’unica disputata con la maglia della Roma, parentesi di enorme spessore nella sua carriera, che gli ha aperto le strade della Champions League. Nel corso di quella specifica annata chi vi scrive ha avuto la possibilità di rapportarsi con Davide Astori nelle diverse interviste concesse dal calciatore ai giornalisti assiepati nella mixed zone dello Stadio Olimpico. Tutte caratterizzate da una parola ricorrente, da un modo di porsi a prescindere dai risultati ottenuti: la gentilezza. In un mondo in cui la stessa non va considerata una merce comune, imbattersi in Davide Astori strappava un sorriso naturale. In un mondo in cui è invece comune staccare i piedi da terra e crearsi una dimensione propria non aderente alla realtà vissuta dalla maggioranza delle persone, parallela e lontana, Davide Astori era un simbolo di quella realtà che ricollegava il tutto. Che faceva avvertire questi miti meno lontani, più tangibili, meno antipatici se volete. La sensazione era quella di rapportarsi con una persona elegante, con un calciatore elegante: dove per eleganza si intende quella dell’anima ancor più che quella esteriore. L’eleganza dell’anima che porta dritto alla gentilezza, alla disponibilità nel porsi verso gli altri: mai la sensazione di una gentilezza forzata, costruita, ma naturale come avviene nelle persone eleganti. Il resto lo avete letto: tra le centinaia di testimonianze, l’amico di nazionale Leonardo Bonucci ricorda come il suo sorriso non finisse mai, il capitano dell’Italia Gianluigi Buffon lo descrive come la migliore espressione del mondo antico. Nel nostro ambito lo ricordiamo come un difensore di livello e come un uomo elegante. Un’anima elegante.

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