2016

Dal 1’ al 5’ posto, da più 4 a meno 12: emorragia Inter

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La caduta rovinosa dell’Inter di Mancini nell’irruenza dei numeri: fattori e svolta

Il crollo verticale dell’Inter è innanzitutto nei numeri: appena prima della diciassettesima giornata di campionato, l’ultima antecedente la pausa natalizia, la squadra di Mancini è al comando della classifica con quattro lunghezze di distanza sulle dirette inseguitrici Napoli e Fiorentina. A venticinquesimo turno archiviato l’Inter è lontana dodici punti dalla vetta ora occupata dalla Juventus e si trova addirittura al quinto posto della classifica.

PATRIMONIO DELAPIDATO – Dal primo al quinto posto, da più quattro a meno dodici, il tutto in poco più di un mese: Inter-Lazio 1-2, Empoli-Inter 0-1, Inter-Sassuolo 0-1, Atalanta-Inter 1-1, Inter-Carpi 1-1, Milan-Inter 3-0, Inter-Chievo 1-0, Verona-Inter 3-3, Fiorentina-Inter 2-1. Due vittorie striminzite, tre pareggi di cui due contro le ultime forze della Serie A, quattro sconfitte di cui due casalinghe. Collassato il sistema difensivo che di fatto era valso il primato in classifica: dalla salda posizione della prima difesa italiana, i nerazzurri sono ora terzi nella particolare graduatoria (22 reti incassate) dopo Juventus (15) e Napoli (20). Nelle nove gare del disastro – quelle che vi abbiamo appena elencato – l’Inter ha incassato 13 gol, nelle altre sedici gare di campionato ne aveva subite appena 7. Praticamente la metà nel doppio delle gare.

I FATTORI – Oltre al descritto crollo difensivo, è calata (se possibile) anche la media gol realizzativa: appena nove reti siglate nelle ultime nove gare di campionato, esattamente una a partita, contro le ventidue delle prime sedici partite (media 1,38 a gara, già bassa di per sè). Una vera e propria emorragia: l’Inter è stata capace di rovinare tutto, segnando ancora meno di quanto riusciva a fare prima e perdendo il controllo di quella fase difensiva che si era invece imposta agli onori della cronaca in chiave assolutamente positiva. La prima impressione è quella di dare ragione a chi indicava nei miracoli di Handanovic la ragione essenziale del primato nerazzurro: un fattore, senz’altro, ma che non può bastare a giustificare il tutto. Anche perché il rendimento dello sloveno non è certo precipitato come accaduto al resto della squadra: la solidità della linea difensiva ha probabilmente risentito del calo avvertito dalle prestazioni di Murillo e dai continui cambiamenti in capitolo esterni, dove i vari Nagatomo, D’Ambrosio, Telles, Santon e Montoya si sono alternati senza particolari successi.

ORA TOCCA A MANCINI – L’assenza di una identificabile fisionomia ha inciso irrimediabilmente su un crollo di cui chi vi scriva ad onor del vero non sospettava: Mancini ha faticato a trovare un impianto di riferimento ed una squadra di fatto in fase di costruzione non ha trovato il collaudo giusto. Peraltro, se in precedenza il tecnico aveva dato l’impressione di essere il reale baluardo del gruppo, il nervosismo degli ultimi tempi ha giocato la sua parte: dal diverbio con Sarri all’espulsione del derby fino al silenzio stampa imposto dalla società all’Artemio Franchi. Ora la sfida per il terzo posto Champions: quattro squadre in sei punti, dai 49 della Fiorentina ai 43 dell’Inter passando per i 47 della Roma e i 45 dell’Inter. Rossoneri outsider della contesa, viola che lottano partita dopo partita per smentire l’esercito dei detrattori, o meglio di chi non li vuole all’altezza dell’obiettivo: stando però alle aspettative iniziali (Roma) ed a come si erano messe le cose in corso d’opera (Inter), il mancato terzo posto si tradurrebbe in fallimento proprio per chi tra Roma ed Inter non dovesse riuscire a centrare l’obiettivo. Il valore aggiunto deve essere l’esperienza di Mancini: in un anno ha riportato l’Inter a masticare determinate ambizioni, ora arriva il piatto forte. Una pagina delicata: non rovinare tutto e mettere piede sul podio del campionato.

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