Roberto D'Aversa: «Dalla testata di Lecce sono rinato grazie a mia moglie. I giovani forti ci sono, ma è difficile farli giocare. Il più grande di tutti è Conte per questo motivo»
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Roberto D’Aversa: «Dalla testata di Lecce sono rinato grazie a mia moglie. I giovani forti ci sono, ma è difficile farli giocare. Il più grande di tutti è Conte per questo motivo»

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Le parole di Roberto D’Aversa, tecnico dell’Empoli, che torna a parlare della testata a Henry quando era sulla panchina del Lecce

Una confessione a cuore aperto, nella quale il calcio si mischia alla vita: l’intervista di Roberto D’Aversa, mister di un Empoli che sta facendo bene, è il racconto appassionato di un allenatore che è stato capace di uscire da un grave errore, la testata dell’anno scorso a Henry che portò all’esonero immediato.

GIOVANI – «Ci sono tanti giovani forti. Solo da noi Fazzini, Viti, Colombo, Esposito, Pellegri. Ma farli giocare è sempre difficile. A noi allenatori vengono chiesti punti e questo ci spaventa».

LA TESTATA A LECCE – «Quando sono rientrato a casa, Claudia, mia moglie, mi ha guardato: “Ma cosa hai fatto?”. Poi subito dopo: “Ormai è successo, rialzati e vai avanti”. Sono stato molto fortunato a incontrarla. Passo poco tempo in famiglia, l’artefice della buona educazione dei miei figli è lei. Li porta a scuola, li accompagna a fare sport. Forse non glielo ho detto abbastanza, ma lei sa l’importanza che ha nella mia vita e nella loro. Gliene sarò per sempre grato»

RIMPIANGE IL POCO TEMPO CON I FIGLI – «Sì, quello non si può comprare. Però il buon padre di famiglia, oltre a essere vicino, deve essere d’esempio. Vedono papà e mamma dedicarsi anima e corpo al lavoro, è anche una dimostrazione di responsabilità nei loro confronti».

I SUOI GENITORI – «Emigrarono in Germania, poi il ritorno in Italia, a Pescara, quando avevo tre anni. Facevano i commercianti ambulanti, si svegliavano ogni giorno alle 3 di notte, montavano il banco e poi tornavano nel pomeriggio. Non si sono mai concessi una vacanza, una cena al ristorante. Tutto per dare solidità a me e ai miei fratelli, gliene sarò per sempre grato. Ma avrei voluto che si godessero di più la vita».

LA VITA É UNA SOLA – «E ti può riservare delle brutte sorprese. Mia mamma è a letto da un anno, quando ero a Lecce è stata colpita da un ictus. Le ha salvato la vita un’infermiera che è intervenuta in tempo. Adesso sta meglio, anche se non ha recuperato la mobilità a una gamba. Per non trascurare il mio lavoro, sono andato a trovarla solo due volte in un anno. É una cosa di cui mi vergogno».

CONTE IN TESTA ALLA CLASSIFICA – «É il migliore a ricostruire, lo dice la sua storia. Lui non vuole partecipare, vuole vincere. Lo può fare, perché ha una squadra forte e non ha le coppe. Non me ne voglia il mio amico Inzaghi, ma faccio il tifo per Antonio».

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