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Cucurella: «Ho voltato grazie a un infortunio e alla chiamata nella Spagna di De La Fuente. Siamo passati da amare Ronaldinho a me, come cambiano i tempi…»

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L’esterno del Chelsea ha parlato di alcuni temi tra cui i Blues, la Nazionale spagnola e la vita privata

Marc Cucurella, 26 anni, è stato un simbolo della Spagna che nel 2024 si è laureata campione d’Europa. Un po’ per il famoso mani non sanzionato con la Germania e che ancora oggi fa discutere; un po’ per il rendimento da big e da trascinatore, che ha fatto del gran bene alla propria nazionale. La Gazzetta dello Sport lo ha intervistato.

È DIVENTATO UN CULT – «Bella sensazione. Prima la gente si fissava solo sui big che segnavano milioni di gol, ora guardano anche a uno come me che fa il terzino e segna poco. Siamo passati da Ronaldinho a Cucurella, come cambiano i tempi»

È SEMPRE STATO POSITIVO – «No no, macché. Ci ho lavorato. Il carattere positivo c’era, però avendo vissuto di alti e bassi prima le critiche mi facevano male, le sentivo e le accusavo. E se perdi la fiducia non sei più te stesso, ogni cosa diventa estremamente difficile, entri in una zona oscura. Sono arrivato al Chelsea dal Bighton nel 2022 per una cifra molto alta (70 milioni di euro, ndr) e siccome la squadra andava male se la prendevano con me. Ero costato tanto e solo per questo dovevo fare 50 gol e 50 assist. Ma, uno: un giocatore da solo non è mai responsabile delle fatiche di una squadra. E, due: se tutti quei soldi li avessero dati a me, ok, le critiche avrei potuto capirle, ma erano per il Brighton! E poi appena arrivato a Londra non trovavamo casa, avevamo problemi a scuola coi bambini, sono finito in ospedale, e il giorno di Brasile-Serbia ai Mondiali sono entrati a rubare in casa, noi di sotto a vedere la partita, i ladri sopra. Mia moglie è salita e se li è trovati di fronte. Per fortuna sono scappati, ma siamo tornati a vivere in hotel».

IL CAMBIAMENTO«Nel dicembre scorso mi sono fatto male alla caviglia, tre mesi fuori. Ho avuto tempo per pensare. Ti rendi conto che improvvisamente sparisci, non giochi e non ti si fila nessuno. Ne ho parlato con un mental coach e ho iniziato a relativizzare le cose, a farmele scivolare addosso. Rientro, gioco due partite, si fa male Gayà e Luis de la Fuente mi telefona e mi convoca e mi fa giocare al Bernabeu col Brasile. Ero stato con lui nelle giovanili, ma in nazionale avevo giocato solo una volta, per caso, 3 anni prima»

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