2020

Coronavirus, Cannavaro: «Italia, ce la puoi fare. In Cina è tornata la normalità»

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Lunga intervista a Fabio Cannavaro sulle pagine della Gazzetta dello Sport: le parole dell’ex difensore azzurro

Lunga intervista sulle pagine della Gazzetta dello Sport a Fabio Cannavaro. L’ex difensore azzurro, allenatore del Guangzhou, ha parlato di come superare l’emergenza Coronavirus.

CINA – «Si riparte! Si può fare, qui in Cina ci stanno riuscendo, si va verso la normalità. Ed è il messaggio che deve arriva- re al mondo intero. Perché il coronavirus non risparmia nessuno in ogni angolo del pianeta, ma si può battere unendo le forze. Agendo da comunità».

RITORNO IN CINA – «Appena arrivato mi hanno sottoposto a tampone, per me è stato il terzo, e misurato la temperatura. Poi ho dovuto firmare un modulo in cui ho dichiarato dove fossi stato nel- l’ultimo mese e se avessi frequentato persone contagiate. A quel punto, come capita di fatto a tutti coloro che entrano nel Paese dall’estero, almeno quelli che provengono da luoghi già colpiti dal virus, vieni messo in quarantena per due settimane. Se hai un posto do- ve stare bene, altrimenti ti ospitano in alberghi attrezzati per garantire l’isolamento».

L’EMERGENZA – «Quando io sono arrivato qui a fine gennaio, appena esplosa l’epidemia a Wuhan, subito tutto è stato organizzato alla perfezione. Io dormivo allora nel nostro nuovo centro sportivo, ma a volte dovevo spostarmi per passare da casa: appena uscito dal centro trovavo il primo controllo della temperatura. Poi imboccavo in macchina la tangenziale e altro controllo della temperatura, sull’autostrada non si pagavano pedaggi perevitare contatti col personale ai caselli. Poi arrivavo a casa e nel mio condominio trovavo degli addetti con degli scafandri che mi rimisuravano la temperatura. E tornando indietro stessi controlli. Badate bene che parlo di Guangzhou, l’antica Canton, con venti milioni di abitanti e al tempo stesso lontana mille chilometri dalla regione del focolaio. E infatti da queste parti si sono registrati pochi casi. Quaranta giorni dopo, al mio ritorno, la vita è tornata a scorrere normale qui. La gente passeggia e sta nei locali serenamente».

ITALIA«Sono preoccupato perché non si è raggiunto il picco e bisogna resistere e restare concentrati in ogni gesto. Penso all’errore del passato fine settimana, quando migliaia di persone sono scappate dalla Lombardia verso Sud. Io non voglio condannare nessuno, capisco chi voleva tornare dai propri cari, ma è stato un evidente errore. Ora bisognerà aspettare ancora un’altra settimana per capi- re quante persone nel meridione sono state infettate, e vedere di restare con i nervi saldi finché passerà anche quel picco. Del resto uno dei pochi errori fatti in Cina, quando ancora non si era capito la velocità di propagazione della malattia, è stato quello di far uscire troppa gente da Wuhan. Ecco impariamo da quelle esperienze. Ma ripeto: sono orgoglioso di come si sta comportando l’Italia».

 

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