2015
Copa America, Bolivia: la pazza di La Paz
Alta in geografia, bassa nel ranking, contro ogni pronostico
Per essere la favorita, devi essere (almeno sulla carta) la più forte. Per essere una possibile outsider devi essere almeno capace di sapertela giocare. Per essere una Cenerentola devi essere un tantino sprovveduta. Difficile far rientrare la Bolivia in una di queste tre categorie alla vigilia della Copa America 2015. I fatti parlano chiaro: la Bolivia non è sicuramente una nazionale competitiva, ma nemmeno una totale sprovveduta, se non altro per il blasone e l’esperienza alle spalle (ben ventiquattro apparizioni nella competizione continentale dal 1926 al 2011, non proprio poche). E’ una nazionale che però dovrà fare i conti con la cruda realtà, quella che la vede fanalino di coda (sempre sulla carta) del girone con Messico, Cile ed Ecuador. Una selezione povera, con poco da dire.
L’ALLENATORE – Mauricio Soria è il c. t. della Bolivia da gennaio. L’ex portiere della nazionale di casa ha preso in gestione la selezione dopo una serie di risultati tragici: la Bolivia era arrivata penultima nelle qualificazioni ai Mondiali 2014 e non era riuscita fino a quel momento a vincere nemmeno una delle partite amichevoli disputate in preparazione alla Copa America. Soria è al suo primo incarico da allenatore (ha smesso di giocatore nel 2005) con un contratto fino ai Mondiali del 2018 (a cui, perdonateci il pessimismo, difficilmente la Bolivia però prenderà parte). La missione con cui gli è stato affidato l’incarico di c. t. è chiara: aumentare l’autostima del movimento boliviano. La selezione di La Paz, infatti, non prende parte ad una Coppa del Mondo dal 1994, cioè da praticamente più di una generazione e nell’ultima edizione della Coppa America, quattro anni fa, non ha superato la fase a gironi.
MIGLIOR GIOCATORE – Classe 1987, di lui in Europa si ricordano per una esperienza in Ucraina, allo Shakhtar Donetsk tra il 2008 ed il 2011 (con due prestiti di mezzo al Werder Brema e al Wigan). Ha giocato anche in Brasile: nel Gremio, Flamengo e nel Cruzeiro, senza però lasciare granchè traccia. Attualmente Moreno milita nei cinesi del Changchun Yatai ed è forse uno dei pochi giocatori della selezioni boliviana ad aver raggiunto un certo livello di professionalità anche all’estero (la maggior parte dei giocatori della nazionale di Soria, infatti, arrivano direttamente dal campionato locale). Moreno, con 12 reti in nazionale all’attivo, è l’ottavo marcatore storico della Bolivia (il recordman resta sempre Joaquin Botero, giocatore tuttora in attività, ma ritiratosi dalla nazionale nel 2009). Tra i giocatori a poter sperare in un futuro migliore di ciò che il presente, calcisticamente parlando, rappresenta per la nazionale boliviana anche il giovanissimo Sebastian Gamarra, difensore della Primavera del Milan con passaporto italiano all’esordio assoluto tra i professionisti proprio in Coppa America. Tra i naturalizzati il centrocampista del Goteborg Martin Smedberg-Dalence, giocatore classe 1984 nato in Svezia da madre svedese e da padre boliviano che ha esordito solo lo scorso anno in nazionale, e Damian Lizio (O’Higgins), centrocampista classe 1989 di origine argentina.
PUNTI DEBOLI – Difficile trovare più che altro un punto di forza ad una nazionale in pratica quasi di semi-professionisti (la Bolivia è fuori dalla top cento del ranking FIFA e il campionato boliviano non si segnala certamente tra i più allenanti al mondo). Di base il problema calcistico più grosso della Bolivia deriva dagli scarsi mezzi economici di cui il Paese e di conseguenza la federazione locale dispongono. Al momento la selezione boliviana, priva di talento, non può che puntare sulla fisicità ed i pochissimi giocatori tecnici in rosa. In un contesto così difficile sarà la forza (soprattutto mentale) a fare la differenza. Se il reparto offensivo rappresenta un’incognita, ma nemmeno troppo, vista la possibilità di potersela comunque giocare negli spazi con le alte difese delle ben più forti avversarie, quello difensivo è il vero e proprio punto a sfavore della Bolivia, che pure certo non potrà affidarsi ad un gioco offensivo, esponendosi ai contropiede, se vorrà almeno portare a casa la pelle. A tutto ciò va aggiunto l’ormai vecchio e ben noto nodo dell’altitudine: i giocatori boliviani sono costretti a giocare le proprie gare casalinghe ad oltre tremila metri di altezza su deroga speciale della FIFA (che da qualche anno ha bandito le partite oltre quella soglia). Allenarsi e giocare in un ambiente così sfavorevole non permette sicuramente lo sviluppo del settore giovanile.
PALMARES – La Bolivia ha vinto un solo trofeo nella sua storia, guarda caso una Copa America, ma una vita fa: era il 1963. La nazionale sudamericana ha preso parte soltanto a tre Mondiali nella sua storia: 1930, 1950 e, come già accennato, 1994, senza mai passare la fase a gironi. Curiosità: i boliviani sono riusciti a conquistare il loro unico storico trofeo in una delle due edizioni della Copa America disputate in casa, mentre nell’altra, nel 1997, sono arrivati comunque in finale. Altitudine, croce e delizia di una nazionale che vola basso.