L’analisi del c.t. sul percorso azzurro

Nella lunga intervista rilasciata a Tuttosport il commissario tecnico della Nazionale non ha parlato solo di Juventus, ma ovviamente anche dell’avventura azzurra, inaspettata. «Quando ho ricevuto la telefonata di Tavecchio non ero pronto e non era nelle mie idee una cosa del genere», ha raccontato Antonio Conte, che ha affrontato il delicato tema degli stage, punto nodale delle difficoltà incontrate con i club: «Due-tre giorni sono importanti per il gruppo, per i ragazzi, per rinfrescare le situazioni. Cerco di essere il più vicino possibile alla serie A italiana, per migliorare le relazioni con gli allenatori, monitorare i giocatori. Seguo tutti da vicino, come le nostre Under: l’altro giorno ero a Ibiza per l’Under 17. Qualcuno pensava a un mio rallentamento, ma sono così. Mi piace il calcio, mi piace lavorare sempre». Conte, che ha criticato il calendario del calcio italiano, che mal si combina con l’Europeo e gli impegni internazionali, non ha alcuna intenzione di convincere alcun club, Juventus compresa: «Se le mie richieste saranno accolte, bene. Se non lo saranno, me ne farò una ragione… Non mi sento preso in mezzo, nella politica non ci voglio proprio entrare. Sono un uomo di campo. Poi se il mio lavoro si scontra con qualche interesse, non ci posso fare niente».

CAMMINO E AUSPICI – E a proposito di campo l’attenzione si sposta sulle risposte ricevute da quando è alla guida degli azzurri: «Non mi aspettavo di dare un’idea di gioco in così poco tempo all’Italia. E risultati: cinque vittorie e un pareggio. Sono molto contento, possiamo crescere tanto. La speranza è fare diventare la Nazionale una squadra, almeno nei concetti. E’ l’unico modo per colmare gap… Per tattica siamo una realtà molto più preparata di altre, possediamo una scuola importante. Se manteniamo questa bravura e riusciamo a cambiare una mentalità a volte sparagnina, se pensiamo meno a conservare le energie, allora le cose possono migliorare».

LA RICERCA – Non esistono vecchie o giovani per Conte, che vuole il massimo da tutti: «Se i vecchi danno garanzie bene, altrimenti c’è il nuovo che avanza. Per me Gigi è stato frainteso, ma se sentissi qualcuno che divide la squadra tra giovani e vecchi, l’insuccesso sarebbe mio. Abbiamo bisogno di giocatori, guardiamo a 360 gradi».  E chissà che non venga naturalizzato Dybala o Vazquez: «Dybala ha già espresso le sue idee, le rispettiamo. Con Vazquez non ho mai parlato, ma voglio che uno diventi italiano perché ha sposato la maglia azzurra, la nazione, il popolo, l’inno. Mi girano le palle se vedo situazioni di comodo, calciatori che vengono perché la loro Nazionale non li considera. Siamo 4 volte campioni del mondo, non possiamo diventare un paese che raccatta situazioni. Voglio gente come Camoranesi: sarebbe finito nell’Argentina se non avesse sposato la causa azzurra».

IL GRUPPO – E, infine, entra nel merito del gruppo azzurro: «Cerci ha caratteristiche per fare male. Conoscendolo, deve ricevere palla con il culetto sulla linea e poi venire dentro il campo… E’ bravo nell’uno contro uno, può essere determinante. Così Candreva, Berardi, El Shaarawy, Bernardeschi, Insigne che purtroppo è fuori. Sansone del Sassuolo. Cosa mi dà serenità? La difesa: gli juventini, Ranocchia, poi Romagnoli, Rugani. A centrocampo ho forse troppa gente brava, che sa pensare come Pirlo, De Rossi, Verratti, Montolivo che sta tornando. Più di gamba che di inserimento. Più pensatori che dinamici. Ci vuole più intensità. Deve cambiare l’approccio, la testa dei calciatori. Balotelli? Ho smesso di rispondere su di lui…».