2016

Il Chelsea non conta nulla

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Rubrica Italia Anno Zero: il ct Antonio Conte sgombra il campo dai dubbi

Altro modulo, altro impianto complessivo, altra corsa: l’Italia pareggia con la Spagna per via di un gol irregolare concesso ad Aduriz ma si lascia a dir poco preferire sul piano della prestazione, non soltanto il gol di un incontenibile Insigne ma tante altre occasioni che hanno costretto De Gea agli straordinari. Gli uomini di Conte avrebbero meritato la vittoria ma sono usciti dalla Dacia Arena con un pareggio che comunque rinforza determinate convinzioni.

LA SCELTA TATTICA – Il commissario tecnico Antonio Conte opta per un 3-4-3 da intendersi in versione assolutamente ibrida: la chiave sembra essere proprio la posizione fluida del fidato Giaccherini. L’uomo del ct gioca da esterno di centrocampo – quarto a sinistra per intenderci – ma aggredisce con tempismo gli spazi aperti dal lavoro di Eder e Pellè: l’azione dell’assist da corsia a corsia servitogli dal solito dinamico Candreva l’emblema dell’ultima idea di Conte. Il tutto funziona anche in chiave difensiva: lo stesso Giaccherini e Florenzi sulla corsia opposta sono abili ad abbassarsi rapidamente sulla linea a tre dei centrali, il supporto in tal senso è massimo e ne beneficia una tenuta generale che ha concesso davvero poco ad un avversario tanto qualitativo quanto la Spagna di Del Bosque.

IL SERBATOIO – E’ apparso fin troppo chiaro alla lunga, fattore palese quando il numero di sostituzioni non è limitato, come la differenza sia stata fatta dai subentranti: l’ispirazione di Insigne in primis, poi la profondità di Zaza, tutt’altro che impaurito il classe ’94 Bernardeschi. Difensori avversari sfiancati dal lavoro di chi ha iniziato la gara e poi colpiti dai subentranti più freschi? Una chiave di lettura che Conte aveva previsto? O meglio: che vorrà attuare in futuro? La sensazione forte è quella che, allo stato dell’arte, non ci sia paragone tra le prestazioni di un Insigne o di un Zaza rispetto ai corrispettivi Eder e Pellè. E che dunque ci voglia fegato a lasciarli in panchina in vista di Euro 2016. Ma a prescindere da questo genere di osservazioni è emersa una certezza: il ct ha scelta. Ai nomi fatti vanno aggiunti quelli innanzitutto di El Shaarawy, poi Berardi e il poco utilizzato Gabbiadini. In mediana mancavano tali Marchisio, De Rossi, Verratti e sullo sfondo Pirlo, in retroguardia due terzi – Chiellini e Barzagli – della (fresca di nomina) difesa dei record. Le assenze insomma non le contava la sola Spagna.

CHELSEA O NON CHELSEA – La firma su una nazionale che almeno al momento cammina a testa alta è quella di Antonio Conte: il suo lavoro, spezzettato o meno, stage o non stage, ha funzionato. E’ un’Italia che ragiona da squadra. Ecco, stage o non stage: quando hai a che fare con l’attuale commissario tecnico sai che tutto il resto, nonostante sia rilevante, non incida poi sulla resa finale. Tradotto: Conte è prima un grande allenatore, poi tutto il resto. Per chi vuole legittimamente discuterlo sotto il profilo umano: alcune scelte hanno lasciato intendere un’attenzione maniacale al proprio tornaconto, alla propria carriera, più che all’interesse collettivo. Ma l’allenatore non si discute: non c’è traccia di calciatore che passeggi per il campo, che guardi o giù di lì la partita. No. Chiunque lascia sul campo ogni briciolo di energie e lo fa con cognizione di  causa, conoscendo al dettaglio il lavoro da svolgere. E se c’è da sacrificarsi oltre, beh, è il tratto distintivo e non una particolare nota di merito. Italia oggi e non domani, sostegno dei club o meno, stipendio spropositato o giusto, polemica o non polemica, Tavecchio o non Tavecchio, Chelsea o non Chelsea: chi aveva pensato ad un’Italia da scartare per via di tutto questo lasci stare. Se c’è una certezza è quella che ce la giocheremo.

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