2012

Coni, Petrucci: ?Calcio pronto per il futuro?

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CONI PETRUCCI PAGNOZZI – Giunto al termine del suo lungo mandato al CONI, Gianni Petrucci ha parlato a Tuttosport in compagnia del candidato alla successione, Raffaele Pagnozzi.

Presidente Petrucci, in quali condizioni lascia il Coni?
«Intanto mi auguro di lasciarlo nelle mani della persona più indicata, che ha esperienza ed è all’altezza della situazione. Si pensa sempre a un successore più capace del predecessore. Il mio bilancio personale è positivo, tocca ad altri giudicare. Ma ritengo importante che si sia confermato ai grandi livelli del passato, seppur in anni di enormi problemi, i più difficili, non foss’altro che per i cambiamenti avvenuti nel Paese e gli avvicendamenti nella politica».

Non è riuscito, però, a riportare la pace nel calcio.
«Invece ritengo di aver risolto il problema, perlomeno in parte. Prima dell’incontro c’erano presidenti che non si rivolgevano la parola da anni. Adesso si riparlano, si confrontano. Il meeting peraltro si è protratto per cinque ore. Di solito, se non si trova una via comune per il dialogo, ci si ferma subito».

Pagnozzi aggiunge una curiosità. «C’è un’atmosfera più rilassata, tanto che all’incontro un presidente aveva finito le sigarette e le ha chieste a un altro, come si fa tra amici». Conclude Petrucci: «Una pace vera e definitiva nel calcio, comunque, non ci sarà mai».

E’ l’eredità di Calciopoli, che ha lasciato tracce notevoli macchiando l’immagine della Juve, quando di recente è emerso che pure altri avevano qualche scheletro.
«Io penso che da nessun processo emerga un chiarimento totale. Ma nello sport, perlomeno, abbiamo processi celeri, con sentenze puntuali e pene che vengono scontate».

A quando la riforma della giustizia sportiva?
«E’ già in atto, il mio successore la completerà nei dettagli. Una magistratura sportiva? Si può avere anche oggi, ma ci sono regole da rispettare».

I momenti più difficili della sua presidenza?
«Il primo, quando non avevamo i soldi per campare, quando non avevamo più il Totocalcio. Con il dottor Pagnozzi dovemmo decidere se tagliare dal 20 al 50% i contributi alle federazioni o se non pagare gli stipendi. Il secondo è stato risolto con il felice intuito della Coni Servizi e con l’a.d. Pagnozzi. Siamo riusciti a salvare e rilanciare con un taglio di 1000 persone in prepensionamento senza un’ora di sciopero».

E i momenti più belli?
«Le vittorie olimpiche».

Il calcio è passato attraverso il fallimento di club storici, alcuni come Torino, Napoli, Fiorentina, alcuni rilanciati attraverso il Lodo a suo nome. Altri in difficoltà sono stati salvati. La situazione attuale può produrre altre situazioni simili?
«No, lo scenario è migliorato, non dobbiamo aspettarci altre sorprese. Si trattava semplicemente di una soluzione di buon senso. Ora abbiamo un campionato ancora interessante, ma con club che badano di più alle spese e possono controllarle. Che entri o meno il fair play finanziario di Platini le nostre società sono pronte per il futuro».

Gli impianti italiani sono anacronistici. Ma la soluzione può essere solo nella politica dell’impiantistica?
«Anni fa si diceva che dovevano nascere stadi da vivere 7 giorni su 7. Ma non è credibile. Passeranno diversi anni prima che il rinnovamento sia completato. Nel frattempo bisogna fare qualcosa per rendere gli impianti più vivibili».

Come attirare grandi imprenditori nello professionismo? E perché qui non arrivano stranieri?
«Il momento è difficile, forse il più difficile. Ma per quanto riguarda gli stranieri, ebbene bisogna anche prestare attenzione. Guardate cosa sta succedendo a Malaga. E non mi sembra che ci siano tanti investitori stranieri negli altri campionati, fatte salve 4-5 eccellenti eccezioni».

I club, con budget ridotti, pagano in competitività.
«No, anzi, la competitività è questione di cicli. La Juventus è già adesso al massimo livello europeo. Eppoi guardate i risultati delle nazionali, che sono il termometro del movimento. Siamo secondi in Europa, tornati sesti nel mondo».

Doping e scommesse.
Interviene Pagnozzi, reduce dall’Esecutivo dei comitati olimpici mondiali a Macao. «Ecco, sul doping l’Italia e il Coni si muovono sempre in prima fila. Per quanto riguarda le scommesse, è forse il problema che ora preoccupa di più i governi sportivi mondiali. Bisogna migliorare i controlli, con un coordinamento internazionale. Magari non è necessario arrivare alla pena di 10 anni per frode sportiva come nel Nuovo Galles del Sud, però è questo il problema forse più sentito nello sport mondiale. Anche perché se uno compra Epo sul web, lascia qualche traccia, mentre per le scommesse è più difficile».

E’ il momento di incentivare investimenti sui vivai.
«Nello sport in generale sì, nel calcio però c’è già stata un’inversione di tendenza. E io ringrazio l’attività del ct Prandelli e di quelli nell’Under 21, prima Ferrara e ora Mangia. Poi ci vorrebbe un coordinamento tra i club di A: ma anche in questo caso i progressi sono evidenti, la Governance è quasi completata».

Le sensazioni del ritorno a Torino?
«Tornare allo stadio olimpico è un tuffo al cuore. Lì ho visitato il nuovo Museo dello Sport e consiglio a tutti di passare, perché si ha proprio la percezione della storia del nostro Paese. I ricordi per chi ha vissuto s’intrecciano e i giovani possono apprendere. Torino ha impianti d’avanguardia, la Juventus e il Torino, una squadra emergente nel basket. Sono stato a un incontro con il basket piemontese e devo dire che i numeri sono eccellenti e le realtà di riguardo sono in aumento. Poi c’è l’Open d’Italia del golf che ha sede naturale a I Roveri. Torino è una città dal potenziale enorme, che va alimentato e sfruttato. Con passione e cultura sportiva». E Pagnozzi: «Capitale per definizione».

Ma l’eredità post olimpica?
«Certi impianti hanno costi di gestione esorbitanti e la società subentrata non può sobbarcarsi simile onere. Ma si può intervenire in qualche modo». Sull’argomento, ancora, l’esperto in materia Pagnozzi. «Si può fare un ragionamento globale come già nel caso del Foro Italico, che un tempo aveva Roma, Lazio, gli Internazionali di tennis in calo. Ora produce 40 milioni di euro, il torneo di tennis è tornato molto importante e avete visto con il rugby… Vedremo, la federghiaccio in vista di Sochi ha chiesto di tornare all’Oval…».

L’impegno per il futuro?
«Il principale è nel basket, sport bellissimo. I presidenti regionali mi hanno chiamato, hanno voluto il mio ritorno. Io sono pronto. Il basket ha bisogno di recuperare il proprio patrimonio di innovazione, ma ha numeri molto importanti. Ecco, servono le grandi città come Torino, oltre a Milano rilanciata da Armani, e Roma».

Come si può fare per diminuire l’influenza dei procuratori nel professionismo. E perché non accade come nello sport anglosassone, che il procuratore sia pagato dall’atleta?
«Ora toccherà ad entrambe le parti. Ma non fatemi dire altro sui procuratori, per favore…».

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