2014

Colasanto: «Martinez poteva arrivare al Toro qualche anno prima, Deregulation? Sarà un Far West»

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L’agente Fifa propose l’attaccante venezuelano a molte squadre italiane

Ci si avvia, a grandi passi, verso l’abolizione dell’Albo per gli agenti Fifa. Una scelta che sta portando diversi spunti di riflessione e non sono mancate le polemiche per un provvedimento che farà storia. Per seguire la nostra panoramica di interventi sulla questione abbiamo intervistato l’agente Fifa Filippo Colasanto, profondo conoscitore dei campionati sudamericani e scopritore di diversi talenti negli ultimi anni.

Filippo, negli ultimi anni hai girato il Sud America in lungo e in largo, quali sono stati i tuoi mercati di riferimento?
«Ho sempre dato molto attenzione al mercato argentino, dove ci sono molti talenti».

Negli ultimi anni hai scelto una via diversa, ovvero quella di non aver più assistiti, perchè?
« Perché da qualche anno ho capito che è più premiante occuparsi di intermediazioni che affannarsi a prendere procure di giocatori che poi, attratti da sirene varie o indirizzati dai club, cambiano agente in un batter d’occhio e senza neanche due parole di ringraziamento per quanto fatto per loro quando non erano nessuno. In passato ho avuto il privilegio di rappresentare Juan Antonio, un ragazzo speciale prima ancora che un giocatore che mi sembrò subito di ottime prospettive, poi in parte non del tutto espresse anche per cause non dipendenti solo da lui».

A quali trasferimenti sei più legato e quali invece ricordi con rammarico?
«Ne ho messi in piedi tanti, conclusi in Italia pochi a causa forse di una “velata” superficialità dei miei interlocutori e/o del nome sbagliato (intendo il mio, ovviamente) quando li andavo a presentare; vale la pena ricordare i più rimpianti: Lavezzi, Oscar Cardozo e Di Maria, nel 2006/07 li proposi a due-tre club per pochi soldi ma non furono giudicati “adatti”. Negli anni a seguire stessa storia con Banega, Forlin, Muñoz, Eduardo Salvio, Otamendi, Andrè Carrillo, Lucas Orban fino ad arrivare a Josef Martinez: snobbato praticamente da tutte (tutte !) le squadre del nostro campionato quando costava neanche 800.000 dollari l’ho poi riproposto, ma con il prezzo ormai salito a qualche milione di euro dopo un paio di buone stagioni in Svizzera, e dopo tanto trattare l’ha acquistato il Torino, stavolta più lungimirante,anche se i dirigenti erano gli stessi della prima volta che ne parlai: stranezze del mercato».

Qual è, secondo te, il modo di lavorare adatto per questa professione?
«Molto semplice: negli anni ho instaurato qualche rapporto, fra i quali uno molto stretto e fidato, con persone che mi segnalano delle possibilità; e poi un pó di viaggi personali a vedere con i miei occhi. Qualche volta il caso fa la sua parte (fu così per “inciampare” in maniera del tutto imprevista in Juan Antonio) altre volte un minimo di organizzazione e nessun pregiudizio verso realtà minori portano alla scoperta di buoni elementi, a volte anche ottimi elementi, da proporre una volta preso contatto con i rispettivi Agenti e/o club. Il problema poi, come dicevo prima, è farsi ascoltare qui: questa è la parte più difficile e frustrante di tutta la faccenda, assolutamente».

Abolizione dell’albo, quali i futuri scenari?
«La paventata e pare certa abolizione della figura dell’Agente di Calciatori a mio avviso darà il via a un vero e proprio FarWest, rappresentando inoltre l’impotenza delle federazioni davanti all’impossibilità di garantire il rispetto di qualche semplice regola. Tanto per fare un banale esempio, ogni qualvolta mi sono recato presso gli uffici di qualche società per un incontro ufficiale con un dirigente, mai e poi mai nessuno mi ha chiesto (come recita il regolamento) di qualificarmi come Agente autorizzato: le poche volte che ho tirato io fuori la mia licenza, tanto per cercare di darmi un tono in un ambiente in cui conta molto di più apparire che essere, lo stupore altrui si è impadronito della scena. Adesso verrà omologata la figura del “mediatore” in senso generico, dando la possibilità a tutti di improvvisarsi (a volte letteralmente) rappresentanti di giocatori, club, federazioni, amici degli amici del calciatore o suoi cugini lontani. Ma in fondo, probabilmente, è già così da sempre e nessuno ha mai detto nulla, con buona pace del conflitto d’interessi e degli accordi fatti al bar piuttosto che in sede».

Quali sono le difficoltà operative?
Il problema più grande da me sempre riscontrato (ma sono certo di poter parlare a nome di tutti gli Agenti iscritti all’Albo, esclusi i sei, sette più importanti e rinomati colleghi) è quello di relazionarsi efficacemente con i club e ottenere un minimo di credibilità e ascolto. Quando poi per un caso miracoloso ci si riesce ecco che si deve fare i conti con la disinvolta propensione dei nostri dirigenti ad approfittarsi senza pietà della buona fede, del bisogno di lavorare, in qualche caso dell’inesperienza di noi “piccoli agenti”, vessati e maltrattati senza un minimo sussulto di coscienza da persone convinte di poter esercitare impunemente e volgarmente un supposto potere, o che più semplicemente si sentono più furbe di tutti. Sono le miserie proprie di questo ambiente, e chi le vive dal di dentro non si stupisce della decadenza del nostro movimento calcistico: “Deboli con i forti e forti con i deboli”, funziona cosi. Io ho fatto tre operazioni diciamo così importanti -per la mia statura- nella mia storia di Agente: con Brescia, Torino e recentissimamente Sampdoria. Tutte e tre sono state tanto, tanto sudate e tutte e tre mi hanno puntualmente portato, per i motivi di cui sopra, disillusioni, slealtà e comportamenti a dir poco meschini da parte dei vari protagonisti, persone che si pongono come professionisti, simpaticoni o gran signori ma che alla prova dei fatti non sono in grado di sostenere neanche una stretta di mano sincera».

 

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