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Claudio Gentile: «Mi hanno tolto dal calcio senza un perché»

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Le parole di Claudio Gentile contro chi gli ha impedito di allenare: «Ricevo ancora messaggi di persone che mi chiedono perché»

Claudio Gentile è stato il difensore che nell’impresa dell’Italia Mundial del 1982 ha fermato prima Maradona e poi Zico. Da Commissario Tecnico dell’Under 21 ha fatto benissimo, ha vinto un Europeo, poi il calcio lo ha emarginato e lui si chiede ancora il perché. Oggi racconta le sue verità in un’intervista a La Repubblica.

PROCURATORI – «Avevo minacciato di denunciare alcuni procuratori che volevano offrirmi denaro, molto denaro, per convocare in Nazionale i loro giocatori. Li cacciai tutti! Io stesso non ho mai avuto un agente. Guarda caso, da quel momento qualcuno me l’ha giurata».

NOMI E COGNOMI – «La risposta avrebbe dovuto darla Guido Rossi, che era commissario straordinario della Figc e decise di farmi fuori: ma purtroppo è morto. Potrebbe chiarire qualcosa Demetrio Albertini, al quale spiegai che avevo ricevuto l’offerta di un club importante (la Juventus, ndr) e che mi invitò a rifiutare. “Abbiamo progetti importanti per te”, mi disse Albertini. Come no! Il progetto di distruggermi la carriera. Da chi prendevano ordini quei dirigenti? Sono stato ingenuo a non firmare un altro contratto e a non abbandonare la Figc. L’ho fatto per troppa correttezza».

PERCHE’ NON ALLENA PIU’ – «Ricevo ancora messaggi di persone che mi chiedono perché. La gente a volte mi ferma per strada e mi dice: “Ci sono asini che allenano e lei no, come mai?”. Non so cosa rispondere. Eppure, questi asini li vedo andare e venire, cadere e ritornare in ballo: questione di scuderie. Ma io ho sempre fatto da solo, e da allenatore ho permesso a tanti ragazzi di crescere e diventare uomini. Soltanto con uno di loro non è stato possibile, eppure passava per un genio del calcio».

IL KILLER – «Passai per il killer del calcio, eppure nella mia carriera non sono stato espulso nemmeno una volta per gioco scorretto, mai una volta in 520 partite. L’unico rosso lo rimediai in Coppa dei Campioni con la Juve, per un fallo di mano volontario. Nonostante questo, venni inserito al quinto posto nella classifica dei difensori più violenti di tutti i tempi: che assurdità, che ingiustizia. Anche questa è una cosa che continua a ferirmi dopo tanto tempo».

LA MAGLIA STRAPPATA A ZICO – «Diciamolo, era di carta velina, un tessuto delicatissimo. Appena la toccavi si rompeva. Zico se ne lagnò molto, ma l’arbitro gli diceva di pensare a giocare. Un’altra cosa: nella famosa azione della maglietta rotta, lui era in fuorigioco. Dunque, non esiste al mondo che fosse rigore, e infatti non venne assegnato. Zico lo sa».

IL DUELLO CON MARADONA – «Inizialmente dovevo marcare Mario Kempes, mentre Diego doveva toccare a Tardelli. Ma Bearzot alla vigilia cambiò idea. La sera prima della partita, venne in camera e mi fece un sacco di complimenti, io ascoltavo in silenzio e non capivo dove volesse andare a parare. Poi, di colpo mi chiese: “Claudio, te la senti di marcare Maradona?”. E io, d’istinto: “Mister, e dov’è il problema?”. Quando Bearzot uscì dalla stanza, pensai: “Claudio, sei proprio un deficiente”».

LE OCCASIONI DEGLI ALTRI – «Tutto passato, ed è un passato che non torna. Adesso ho solo un enorme nodo allo stomaco. Alcuni miei compagni e amici di allora hanno avuto altre occasioni, penso a Zoff, Tardelli, Oriali, Cabrini, Antognoni, Bruno Conti, Bettega, Graziani. Perché Gentile no? Ma io avevo vinto più di tutti sulla panchina azzurra. Sarei rimasto volentieri all’Under 21, non ci stavo male, anche se ormai la Nazionale A mi faceva gola. E invece mi hanno tolto di mezzo senza un perché»

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