2020

Chivu ricorda: «Il caschetto mi dava calma e serenità. Era la mia fascia di protezione»

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Christian Chivu ha scritto una lunga lettera pubblicata sul sito dell’Inter dove ripercorre tutta la carriera in nerazzurro

Lunghissima lettera scritta da Christian Chivu e pubblicata sul sito dell’Inter. Questi i passaggi più commoventi del testo dell’ex terzino nerazzurro.

CASCHETTO – «Indossarlo mi dava calma e serenità, era la mia forma di protezione. Poi certo, pronti via ho capito che il laccio era troppo stretto e da subito l’ho sganciato, non sarei riuscito a respirare. E vi assicuro che con il caldo non era per nulla piacevole. Ma non l’ho più tolto. Anzi, ad un certo punto sì, l’ho tolto. E l’ho buttato dentro alla Champions. Assieme al caschetto, in quel trofeo, ci ho messo tutto: le paure, le incertezze, i sacrifici che avevo affrontato. Finiva tutto, con la realizzazione del sogno più bello. E le lacrime di quel momento erano di gioia, ma anche di liberazione. Era anche l’aver raggiunto un meritato momento di rilassamento, fisico e mentale. Perché non è stato uno scherzo arrivare fino lì, a Madrid. Sono serviti tutti i pezzetti di una vita intera: l’educazione dei miei genitori, il lasciare la Romania, l’esperienza all’Ajax, gli infortuni, le sconfitte. Le paure e le fatiche».

ROBBEN – «Dicono che mi abbia fatto venire il mal di testa in finale. Ovviamente sapevo che avrei dovuto avere a che fare con un fuoriclasse: rapido, tecnico, fantasioso. Ma andate a vedere i tabellini: gol in carriera di Arjen Robben contro Cristian Chivu? Zero. Gestione, l’avevamo preparata bene. E abbiamo vinto. Ho dato davvero tutto per l’Inter, a tal punto dal portare i segni sul mio corpo. Indelebili, dentro e fuori. Forse i tifosi nerazzurri non mi hanno mai visto sotto la curva a baciare la maglia, ma hanno visto i miei sacrifici, i miei sforzi per recuperare dagli infortuni, per essere sempre utile alla squadra e ai compagni».

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