2017

Cassano e il ritorno perenne: «Solo due opzioni per il mio futuro»

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Antonio Cassano si dà ancora qualche settimana: «Se non arrivasse la chiamata giusta entro settembre, smetterei. Totti…»

Il suo bar preferito in zona Quinto, la cerchia di amici ristretti ad ascoltarlo. «Al Real giocavo con Beckham e Zidane e arrivai lì per sostituire Figo e Owen». Il tono di voce di Antonio Cassano manifesta orgoglio. Ma anche la (onesta) consapevolezza che quei tempi, a 35 anni compiuti, siano andati. Cassano, si ritiene ancora un calciatore? Non mette piede in campo da 474 giorni. «Troppi. Il derby dell’8 maggio e poi basta. Chi sa giocare può anche stare fermo però mi sono dato un termine. Se non arriva la chiamata giusta entro settembre smetto. Sono senza agente: chi mi vorrà saprà come contattarmi». Quali squadre potrebbero convincerla a rientrare? «Entella o Cagliari. In questo momento nient’altro». Il perché lo spiega proprio Cassano a “La Gazzetta dello Sport”: «Con Gozzi ho un rapporto che va al di là del calcio. A gennaio c’era stata una stretta di mano però poi non me la sono sentita di andare in B. L’ho spiegato anche a lui, mi ha capito. E lo ringrazio. Ora sono pronto: portare in A l’Entella diventerebbe il mio sogno. A Cagliari invece ritroverei Tibaudi, il mio preparatore storico: lui sa come allenarmi. E poi io amo la Sardegna e la sua gente, ci vado in vacanza ogni anno. Con Giulini c’è stima e simpatia reciproca».

VERONA E FAMIGLIA – Giusto un mese fa il suo addio al Verona, ma Cassano non è pentito: «Non era scattata la scintilla. Dopo 3-4 giorni ho detto a Pecchia che volevo andare via, mi sentivo come un pesce fuor d’acqua: tutti giovani, non era l’ambiente ideale per me e ho preferito lasciare subito e non a campionato iniziato. Non è un problema fisico: in 15 giorni avevo perso sette chili. Basta chiedere al Verona: i risultati dei test sono lì. A 25 anni avevo un’altra forza fisica e mentale, a 35 non ce l’ho fatta a ripartire completamente da zero. A Verona mi sentivo un alieno. Ma non ho mai pensato di lasciare il calcio davvero. Questo è il mio mondo». Cassano è impazzito. Cassano è depresso. Cassano non è un buon esempio per i giovani: qual è la verità? «Cassano è un uomo felice. Molto felice». Nel bar fanno capolino sua moglie Carolina e i due figli, Christopher e Lionel. Li stringe a sé in un soffocante abbraccio pieno d’amore. «Guardi, le pare che io possa essere depresso? I figli e la famiglia vengono prima di ogni cosa. Non sono né pazzo né depresso, sono coerente: a Verona non mi trovavo bene e sono andato via. Non ho mai preteso di dare insegnamenti morali ai giovani ma verrò ricordato come un grande calciatore, ne sono certo. E poi…». In questi giorni si sta allenando? «Vuol sapere quanto peso? 88 chili. Corro, niente pallone. Ma la tecnica non si dimentica». Insomma siamo vicini all’addio? «Spero proprio di no però chi mi vuole faccia in fretta». E saluta con un bel sorriso. Come quello dei tempi migliori. Perché Cassano è davvero un uomo felice.

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