2017
Cara Roma, non ce la faccio più
Roma a valanga sul Milan ma la prima pagina se la prende il post-partita: dichiarazioni choc di Luciano Spalletti
“Se potessi tornare indietro, non avrei accettato di allenare nuovamente la Roma“. Boom. Dopo un roboante 1-4 inflitto al Milan nella Scala del calcio, dopo aver scacciato l’incubo Napoli con i partenopei scatenati nella rincorsa al secondo posto, dopo aver finalmente dimostrato valore nel momento del bisogno e non venuti meno come tante altre volte è accaduto, Luciano Spalletti si presenta ai microfoni di Sky – nell’intervista post-partita – con il volto tirato. E’ cupo, esasperato, quasi demotivato. Eppure in linea teorica si troverebbe lì per commentare un poker rifilato dalla sua Roma agli avversari, peraltro in trasferta. La sensazione è forte: sta per dire qualcosa di grosso. Che puntualmente arriva. Se potessi tornare indietro, non avrei accettato di allenare nuovamente la Roma.
L’inevitabile riferimento: Francesco Totti
Spalletti potrebbe anche non aggiungere più nulla: del resto si è già capito tutto. Una faccia del genere non può essere declinata se non con qualcosa di così grosso. Ingombrante, ed allo stesso tempo esasperante. L’allenatore cede e vuota il sacco: il succo è questo ed è superfluo girarci intorno, impossibile gestire il caso Totti. Come fai, sbagli: lo fai entrare e lo hai fatto giocare poco, lo lasci in panchina e sei accusato di vilipendio. E la piazza ti si ritorce contro: tutta dalla parte del suo capitano, simbolo indiscusso di un ventennio di gioventù che scappa via, inevitabilmente contro l’allenatore, nel più classico dei giochi autolesionisti. Lo racconta a chiare lettere Luciano Spalletti: ti aspettano a casa, vengono a Trigoria e ti mostrano lo striscione. L’unica evidenza prima di addentrarci nell’analisi è di natura tecnica: nessuno avrebbe potuto chiedere all’allenatore di farlo giocare con continuità. E dunque si ritorna inevitabilmente al punto appena esposto: come fai sbagli.
La non soluzione di Spalletti
Si doveva decidere prima: né Totti, né Spalletti. Ma una società predisposta a fare questo, ad assumere le redini del carrozzone, a dettare la politica di gestione, a rischiare di farsi male nel breve termine per il bene del futuro. Il presidente Pallotta, in accordo con l’asset dirigenziale, un anno fa aveva fatto la sua scelta: nessun rinnovo contrattuale con Francesco Totti. Ma poi non l’ha percorsa: le prestazioni offerte dal capitano giallorosso nel finale di campionato, decisive per la rincorsa al podio del campionato, hanno cambiato le carte in tavola e consigliato il dietrofront. Ma a determinati livelli prendere una decisione e non rispettarla è inevitabilmente qualcosa che a tempo debito ti si ritorce contro: quel giorno è oggi. Con la goccia finale – l’accusa soltanto avvertita di non aver concesso minutaggio allo storico capitano giallorosso nell’ultima a San Siro – che ha fatto traboccare il vaso.
Futuro Roma: né l’uno né l’altro
La Roma perderà entrambi: sicuramente Francesco Totti, con l’ennesimo addio della storia del calcio gestito male (questo ha superato tutti) per colpe imputabili anche al calciatore, che ha tirato la corda troppo a lungo va detto, con ogni probabilità Luciano Spalletti. La sensazione di chi vi scrive è in tal senso una certezza, ma non anticipiamo le ufficialità. Mandando avanti una storia che non poteva esistere, la Roma ha perso entrambi: chi aveva immaginato una lunga e felice stagione in panchina per quello che è stato il simbolo di un ventennio ha preso una grande cantonata. E l’ha presa ugualmente se non l’aveva immaginata così felice ma aveva ipotizzato di poterla gestire senza conseguenze. Eccole a voi: Totti lascia quel pallone che è amato alla follia con il muso lungo di chi si sente umiliato, di chi non vede rispettato un nome oggettivamente differente dalla media, Spalletti si aggira esasperato dopo un campionato di ottimo livello alle spalle soltanto (ad oggi) di un’inarrivabile Juventus. Qualcosa di definitivo sarà accaduto ieri sera nello spogliatoio di San Siro: fosse successo quando doveva succedere, esattamente un anno fa, avremmo oggi l’idea di quale sia il sentiero intrapreso dal nuovo corso statunitense.