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Caputo: «Speravo di arrivare prima in A. De Zerbi? Un martello, è da top club»
Francesco Caputo ha parlato a Rivista Undici della sua carriera e del tecnico Roberto De Zerbi: le sue dichiarazioni
Francesco Caputo ha parlato a Rivista Undici della sua carriera e del tecnico Roberto De Zerbi. Le sue parole.
ARRIVO IN SERIE A – «Sinceramente speravo di arrivare in serie A. Ai tempi dell’Entella ho avuto qualche occasione, con Crotone e Pescara. Ma non erano squadre dove sarei stato importante, che puntavano fortemente su di me. Quindi ho deciso di rimanere in Liguria. E poi mi dissi: ‘o trovo una squadra in A, o trovo una squadra che mi porta in Serie A’. Ed è andata così con l’Empoli».
SASSUOLO – «Più faccio gol più ne voglio fare. Non mi accontento mai. L’anno scorso ne ho fatto 21, l’obiettivo è migliorare. E inseguire il sogno di diventare capocannoniere in serie A. In un’altra squadra con meno qualità forse avrei fatto meno gol. Qui nel Sassuolo ho compagni che mi danno l’ultimo passaggio, mi fanno arrivare in porta. È una squadra forte, ormai da diversi anni c’è un gruppo che si conosce alla perfezione. E poi ci sono giocatori da top club, come Berardi, Boga, Djuricic, Defrel, Locatelli, Traoré».
DE ZERBI – «Lui ha un’idea di calcio che è di pochi, e il bello è che insiste con quest’idea. Ci sono allenatori che alle prime difficoltà cambiano. Lui invece no, è un martello. Ci dice sempre: non c’è bisogno di abbassarsi dietro la linea del pallone. È peggio, perché così si concede campo agli avversari. Invece dobbiamo andare a prenderli, per recuperare subito e trovarci già nella metà campo avversaria. Una volta che abbiamo il possesso, dobbiamo far girare palla da destra a sinistra, da sinistra a destra e ancora, fino a che l’avversario è costretto a fare una scelta. Ed è lì che siamo pronti a colpire. Io De Zerbi lo vedo in un top club e pure bene. Del mister ne sentiremo parlare tanto».
NAZIONALE – «L’emozione della prima convocazione in nazionale è stata unica. Ero il ragazzo più felice del mondo. Piangevo come un bambino, era davvero emozionante. E poi le emozioni sono tornate quando ho sentito l’inno. Ho 33 anni e anche se ho fatto tanti gol non so quanti allenatori al posto di Mancini mi avrebbero preso in considerazione. Non posso che ringraziare il ct per l’opportunità che mi ha dato. C’è stima reciproca. Da parte mia, l’unico modo per sperare in questa convocazione sarà solo continuare a segnare e a fare bene. Poi tutto può succedere».