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Capello: «Allegri? Gli dissi di non tornare. Milan Juve? I rossoneri devono stare attenti»

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Fabio Capello ha parlato a SportWeek, settimanale in uscita con la Gazzetta dello Sport. Le parole dell’ex tecnico

Fabio Capello ha parlato a SportWeek, inserto settimanale della Gazzetta dello Sport. Le sue parole:

MILAN-JUVE – «Gara difficile da decifrare. La Juve sta tornando concreta e sta ritrovando il suo spirito, per questo il Milan deve stare attento. Tutte le squadre hanno punti forti e deboli: devi conoscerli per poter colpire».

LEAO – «Un anno e mezzo fa sono andato in visita a Milanello e gli ho detto: ‘Hai un talento unico, cerca di non perderlo’. Per il resto c’è Pioli che con lui sta facendo un ottimo lavoro».

MILAN – «Credo sia la rivale numero uno dell’Inter. Maldini e Massara stanno facendo un grande lavoro e supportano perfettamente l’allenatore e la squadra. Questa unità di intenti può fare la differenza. E’ una squadra frizzante».

AVVICENDAMENTO ALLENATORI JUVE – «I tre allenatori degli ultimi anni sono ripartiti da zero, perché ognuno aveva idee diverse da chi lo aveva preceduto. Solo alla fine Sarri e Pirlo sono riusciti a trasmettere qualcosa alla squadra, vedremo se Allegri saprà fare lo stesso».

ALLEGRI-JUVE – «L’ho provato sulla mia pelle, quando lasciai il Real Madrid chiamato da Berlusconi. ‘Fabio, devi tornare’, mi disse, e nel ’97 rientrai al Milan dopo averci vinto tutto nei cinque anni precedenti. Chiusi il campionato al decimo posto e a fine stagione venni mandato via. Forte di quella esperienza, il mio consiglio ad Allegri fu proprio questo: ‘Lascia stare e vai a Madrid’. Ma non mi ha ascoltato».

BERARDI – «Mi piace tantissimo. Visione di gioco e qualità. E’ un giocatore di valore assoluto. In Nazionale non l’ho visto così sicuro, con la stessa personalità mostrata nel Sassuolo. Ma è giocatore di primissimo livello».

CAPIENZA STADI – «Io sono per la scienza e per questo governo, che mi piace tantissimo. Erano anni che non se ne vedeva uno di questa competenza. Quindi mi fido delle loro decisioni, perché non sono prese per simpatia o antipatia».

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