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Cannavaro: «Napoli squadra più divertente. Thuram come il primo Ibra. Scudetto? Juve indietro»
Fabio Cannavaro, ex difensore campione del Mondo e pallone d’Oro, si è raccontato in un lunga intervista a SportWeek
Fabio Cannavaro, ex difensore campione del Mondo e pallone d’Oro, si è raccontato in un lunga intervista a SportWeek. Le sue dichiarazioni:
SERIE A – «Se il Napoli capisce quanto è forte, resta la squadra più divertente. L’Inter è lì, Thuram mi ricorda il primo Ibra: oggi è più concentrato sugli assist rispetto ai gol, quando inizierà a segnare di più farà la differenza. Il Milan ha una rosa competitiva, la Juve la metto un po’ indietro».
SOCCAVO – «Hanno rubato tutto ma per fortuna è rimasta l’insegna ‘Società Sportiva Calcio Napoli’ per ricordare che qui si allenava la squadra di Maradona. Ci pensavo fin dal 2004 quando è stato chiuso per il fallimento. Ho fatto due offerte rifiutate dalla banche, poi quella di dicembre è andata a buon fine. Costo? Ho comprato il Paradiso per dare un’opportunità ai ragazzi dei quartieri difficili».
NAPOLI – «Il mio sogno era far parte del Napoli con Maradona. Sono arrivato in prima squadra l’anno dopo che lui se n’è andato. In panchina c’era Ranieri e non ho giocato tantissimo. Un grandissimo allenatore ma forse il suo unico errore in carriera è stato quello di non aver visto il sottoscritto. Quando è arrivato Bianchi una settimana dopo ero in campo».
COMPAGNO IDEALE – «Con Nesta e Materazzi ho passato momenti importanti, soprattutto in Nazionale. Con Lilian Thuram, sin dai tempi di Parma, c’era un feeling particolare. Lui nero e io terrone: forse per questo scattò un’affinità dentro e fuori dal campo che ci sosteneva a vicenda. Dopo una partita mi disse: ‘Cazzo, Fabio: è la prima partita che sento qualcuno più insultato di me’. Quando arrivai alla Juve mi disse: ‘Sono contento che sei qua: io, te e Gigi Buffon… mi è tornata la voglia’».
ALLENATORE – «Alla prima esperienza in Cina quando fui chiamato da Lippi ho vinto. A Benevento mi sono calato in una realtà che non era la mia e che aveva perso ambizione. Questa esperienza mi ha ‘bruciato’ perché negli occhi delle persone resta il fallimento sportivo».