2017
Campedelli, nozze d’argento con il Chievo
Il 15 settembre del ’92 Luca Campedelli inizia l’avventura con il Chievo Verona: 25 anni di soddisfazioni e risultati
Ci sono date che diventano marchi sulla vita di un uomo. La mattina del 15 settembre 1992 Luca Campedelli si svegliò senza sapere che in poche ore niente sarebbe stato più lo stesso. Quel giorno ci fu il dolore indescrivibile per la morte del padre Luigi, ma anche l’inizio di una straordinaria avventura. A 23 anni Luca si mise il Chievo sulle spalle con una pazza idea perla testa: realizzare il sogno di papà, portando il piccolo quartiere di Verona in A. Non solo ci è riuscito, ma ha preso casa stabilmente nel calcio dei grandi: Luigi aveva iniziato al professionismo una squadra di paese, Campedelli jr. ha completato il lavoro con una cavalcata inimmaginabile. Dalla C ai preliminari di Champions,sempre con la stessa filosofia: niente risultati senza programmazione.
FAMIGLIA E PASSIONE – «Il Chievo è una questione di famiglia e una grande responsabilità», ha sempre detto Campedelli, che adesso è il presidente più longevo della A e 25 anni dopo non ha perso un briciolo di passione né la vocazione al patimento: «Noi se non soffriamo ci snaturiamo. Se voglio divertirmi guardo un film, quando gioca il Chievo non sto tranquillo neanche sul 3-0. E con gli anni sono peggiorato». Tra Campedelli e il Chievo c’è un rapporto morboso. Quel 15 settembre la notizia della morte di Campedelli senior gelò lo spogliatoio. Ad asciugare le lacrime di giocatori e staff arrivò il nuovo numero uno: «Ricordo la tempra e il tempismo di Luca — racconta Rolando Maran, all’epoca capitano di un Chievo che giocava in C, ora allenatore —. In un momento così delicato venne da noi per rassicurarci, ci disse che lui e la sua famiglia avrebbero continuato il lavoro cominciato dal padre. Mi colpirono il grande senso di responsabilità e la lucidità, nonostante la giovane età capii subito che sarebbe diventato un grande presidente. Quando sono tornato per guidare la squadra l’ho ritrovato con gli stessi concetti e le stesse qualità morali».
GIOIE E RIMPIANTI – Tanti interpretarono la morte di Luigi come un presagio negativo, l’inizio del declino. Luca smentì tutti in breve tempo, portando la squadra in B (1994). Negli Anni Duemila c’è stata l’escalation: la promozione in A (2001-02), la vetta temporanea della classifica, la Coppa Uefa (2002-03), persino i preliminari di Champions (2006-07), nella stagione chiusa con l’amarezza perla retrocessione in B, l’unica in 16 stagioni. Il Chievo diventa un fenomeno da studiare, le tv straniere fanno la fila per intervistarlo, lui resta quello di sempre: schivo e riservato, una passione per il calcio inglese e per la scherma e circondato dagli amici e dai collaboratori di sempre. Per anni (fino al 2014) gli è stato accanto Giovanni Sartori, consigliere di suo padre poi diventato d.s. Da Luigi ha ereditato il fiuto e la capacità di scegliere i collaboratori: «Si circonda solo di chi ha la sua cultura del lavoro e lo stesso attaccamento alla causa», aggiunge Maran. Tra i suoi uomini di fiducia c’è Marco Pacione, ex calciatore, ora team manager del Chievo: «Avevo conosciuto Luca nel ’92: ero senza squadra e mi allenavo a Veronello. Quando smisi di giocare mi chiese se volevo entrare nella famiglia Chievo. Lavoriamo insieme da 23 anni, è un uomo straordinario con una sensibilità non comune. Abbiamo vissuto momenti incredibili. La sua determinazione è il motore del club. Ricordo quando retrocedemmo in B: il giorno dopo la sconfitta col Catania riunì a casa sua i collaboratori più stretti e ci disse: dobbiamo ritornare subito in A. Abbiamo già assorbito il colpo, oggi si riparte». E così è stato.