2016
CN24 Awards 2016, la classifica di gennaio
Domina Tinti tra i procuratori, primo Giuffrida tra gli intermediari
Alla fine di tutto, siamo ancora qui. Più esperti di un anno, più antipatici del vecchio che cammina in seconda a centro carreggiata, più incivili degli incivili, più ignoranti degli ignoranti che scrissero con la vernice sul muro di fronte casa mia “ACAB – Alle Cinque Al Bar”. Riprende la strada dei Calcionews24 Awards, nella sua nuova veste, edizione 2016. Dunque, facciamo ordine: dove eravamo rimasti? Beh, senz’altro all’edizione 2015, che aveva visto il trionfo di uno… Ma che dico di uno, di due… Ma che dico di due, di ben tre procuratori: il buon Beppe Bozzo, il serafico Claudio Vigorelli, il giovane Giuseppe Riso. Tre vincitori, per due categorie, secondo il ficcante refrain “Tre vincitori, due premi, un anno” (sarà pure un ritornello banale, ma è comunque più elaborato di un testo qualsiasi di Ligabue). Lì ci siamo fermati, affaccendati da tante novità che non possiamo ancora anticipare completamente (la più grossa, comunque, ve l’abbiamo già comunicata per tempo, scusate se è poco). Da lì dunque ripartiamo, iniziando a prendere visione delle classifiche arretrate: let’s get it started, ovvero “iammc’ a mov’r”.
CALCIONEWS24 AWARDS 2016: IL REGOLAMENTO – Nei giorni scorsi abbiamo avuto modo di promulgare il regolamento dei Calcionews24 Awards 2016 e, come avrete potuto notare, ci sono una serie di innovazioni fondamentali. La prima, per i più attenti, è senz’altro data dal cambio di riferimento d’anno: non più il 2015, bensì il 2016. Io lo so bene, si tratta di una novità sostanziale ed a suo modo rivoluzionaria, ma del resto qualcuno doveva pur prendere atto di questo cambiamento epocale che, tra l’altro, lo scrivo solo a titolo informativo nel caso qualche scienziato fosse connesso ora, pare avvenga la mezzanotte di ogni 31 dicembre da secoli a questa parte. Casualità? Io non credo. Al di là di questo, poi, due sostanziali innovazioni di cui mi accingo a parlare: la divisione dei procuratori in due diverse categorie (procuratori classici ed intermediari per giocatori e club) e di conseguenza lo sdoppiamento del premio (Procuratore dell’Anno e Intermediario dell’Anno, non poteva essere altrimenti). Avremo anche un terzo premio, di cui poi spigheremo meglio il funzionamento nei prossimi mesi: sarà quello della critica, affidato ad una giuria di esperti esterna alla nostra redazione. Ci eravamo chiesti come mai, per dire, a Sanremo vincesse sempre una canzone di merda, ed abbiamo capito, alla fine, che sono pur sempre i gusti del pubblico a influenzare le votazioni. In questo caso i nostri gusti, del tutto soggettivi (siamo pur sempre esseri umani), potranno pure influenzare l’assegnazione di due premi su tre, ma non di quello della critica, che sarà appannaggio di persone normodotate che con noi non possono e vogliono avere niente a che fare. Poi oh, se un procuratore casualmente starà sulle balle pure ad altri addetti ai lavori, tanto vale che vada a farse ‘n viaggettino a Lourdes tutto spesato, che essere bistrattati da critica e giornalisti è una combo di cui c’è da essere granché fieri.
CALCIONEWS24 AWARDS 2016: LA CLASSIFICA DI GENNAIO – Di tempo, a questo punto, ne abbiam perso anche troppo, tanto l’appetito vien mangiando e comunque, non essendo stati candidati al Premio Pulitzer nemmeno quest’anno (sarà stata una dimenticanza della giuria, ne sono certo) per i Calcionews24 Awards, non occorre sprecarci troppi in discorsoni di introduzione ed inaugurazione vari, che pure il Titanic fu varato col gran festone, ma poi tanto sempre affondato sott’acqua è finito come il peschereccio dello zio Pinuccio.
CLASSIFICA PROCURATORI – GENNAIO 2016
10. CLAUDIO VIGORELLI – Ricominciamo da dove abbiamo terminato, ovvero da uno dei meritati vincitori della scorsa edizione, ai piedi della top ten, ma pur sempre in top ten. Due i bonus di cui va tenuto conto: prima di tutto l’affare messo a segno, con tempismo perfetto, di Sergio Floccari dal Sassuolo al Bologna, squadra in cui l’estate scorsa Claudione aveva già portato Mattia Destro. A noi è sembrata tutto sommato una buona mossa: tra l’altro proprio a gennaio Floccari ha subito segnato, proprio contro il Sassuolo. Quindi bene. Non benissimo invece il mancato passaggio di Davide Santon dall’Inter a qualsiasi altra squadra del globo terraqueo (e questo è un piccolo malus). Del resto ormai si è capito da tempo, Roberto Mancini, nel suo nuovo politicamente ultra-corretto, non ama molto imprecare i santi. A Vigorelli però farà imprecare di sicuro i Santon.
9. GIUSEPPE RISO – Altro giro, altro vincitore della passata edizione (miglior giovane procuratore 2015, scusate se è poco). Riso ha il brutto vizio (per noi) di parlare poco: nell’ultimo periodo, in quanto a comunicatività, se l’è giocata un po’ con gli alberi. L’andazzo dei procuratori moderni non è tanto quello di non parlare di calciomercato (se per questo, quella era la peculiarità della old generation), ma di parlarne come se si trattasse di materiale scottante, con le parole contate come quando devo dire ai miei amici al telefono che ho scaricato un porno illegamente ed ho paura di essere intercettato dalla Postale. Per voi saranno pure sfumature di grigio, ma a noi piace parlare di calcio come normalmente si parla di quello che abbiamo mangiato a cena e trattare un po’ tutti gli insider del settore come normalmente si trattano le persone che fanno un lavoro qualsiasi, dal panettiero allo spacciatore. Fatta questa precisazione dovuta, passiamo ai pregi di Riso, che è un professionista laborioso, uno di quelli che sicuramente ci dà dentro parecchio per tirare su gli affati di mercato: a gennaio, per esempio, ha confezionato due ottimi bonus, ovvero il passaggio di Bryan Cristante dal Benfica al Palermo e quello (futurubile) di Andrea Petagna dall’Ascoli, via Milan, all’Atalanta l’anno prossimo. Di Petagna, per esempio, si erano perse le tracce da un po’ prima di quest’anno e intravista la crescita fisica dell’ultimo periodo, versava già pericolosamente verso la deriva da tronista di Maria de Filippi: con il contributo di G. R. adesso anche lui potrà riciclarsi ancora in Serie A e tutto questo rende merito al lavoro di chi ha lavorato con lui fino ad oggi, sempre secondo il ben noto teorema, già spiegato lo scorso anno, per cui a piazzare Ibrahimovic al Real Madrid siamo tutti bravi, ma i veri duri sono quelli che poi piazzano Pluto e Pippo al massimo delle proprie possibilità e pure oltre. Ciao Maria, io esco.
8. MARIO GIUFFREDI – Gira e rigira, il nome di Giuffredi è stato spesso presente nelle classifiche dello scorso anno e, presumibilmente, lo sarà parecchio anche quest’anno (e giù grattate di maroni, come giusto che sia dopo un’affermazione del genere). Per ora fermiamoci a gennaio con un paio di movimenti che valgono da bonus per il procuratore campano. Il primo riguarda il passaggio di Riccardo Fiamozzi dal Pescara al Genoa. Caso vuole (se di caso vogliamo parlare, ma nel mercato di casuale non c’è più niente ormai) che proprio l’ex terzino del Varese fosse assistito di Riso fino a qualche mese fa, poi la fortuna ha girato da un’altra parte ed è un po’ come una di quelle puntate da soap dove lei non sarà mai felice con Erick ma potrà esserlo soltanto con Ridge, se non guardate Beautiful non potrete mai capire davvero. Per dirla in altro modo: alla fine vissero tutti felici e contenti, chi ha lasciato e chi è stato lasciato. Giuffredi più di tutti però visto che ha messo a portafoglio un nuovo assistito. Vale da bonus anche il passaggio di Ronaldo Pompeu da Silva dall’Empoli alla Salernitana via Lazio (operazione di mercato è cortesemente offerta dall’antico biscottificio Claudio Lotito e soci, non occorre nemmeno sottolinearlo). Ad oggi solo due persone al mondo possono dire: «Io sono il procuratore di Ronaldo». Uno è Jorge Mendes, l’altra ce l’abbiamo in classifica solo noi. Dite cheese!
7. ANDREA D’AMICO – Quanto ci è mancato D’Amico durante la pausa forzata… Con quell’aria da bel tenebroso, bello e impossibile con quel sapor mediorientale, con la seriosità del procuratore vissuto che attira quantità consistenti di gnocca che nemmeno quando da piccolo avevi le Bull Boys con le lucine. Un personaggio patinato, Andrea, bravo nel fare il suo lavoro, ma che forse tende a prendersi un po’ troppo sul serio. Va detto, nel caso non lo ricordaste: la nostra idea di procuratore è in verità un po’ meno seriosa di quella di ADA, ma in fondo va bene lo stesso, il mondo è bello perchè è vario ed ognuno può liberamente pensarla come gli pare. Un dato resta però oggettivo, D’Amico, in periodi di calciomercato, è come Lino Banfi quando vedeva Edwige Fenech dal buco della serratura: si infervora tutto e qualcosa, bene o male, riesce sempre a portare onestamente a casa. A gennaio, pour parler, ha messo in fila gli affari Marco Borriello (so cosa state pensando, chi s’assomiglia si piglia) dal Carpi all’Atalanta e quello per nulla scontato di Luca Rigoni dal Palermo al Genoa. Gli diamo solo un piccolo malus: non aver condotto in porto (in concorso esterno, nel senso che è palese la colpa non possa essere solo del provero procuratore di turno) l’affare Heurtaux dall’Udinese alla Sampdoria che, volendocela dire proprio tutta, tanto malus poi non è, visto che non parliamo propriamente dell’affare sfumato del secolo. Il perché però non l’abbiamo ancora capito. Per dirla in altro modo (aspettate che arriva la gif)…
6. ANDREA CATTOLI – Andreino Cattoli è il classico amico (tutti ne abbiamo uno così) che sparisce dalla circolazione non appena si fa la gafi (anagramma di un’altra parola che noi finti giovani utilizziamo per contrassegnare le tipelle carine), ma sempre tra i piedi quando le cose gli vanno un po’ meno bene. Nel caso specifico, a gennaio, le cose gli sono andate piuttosto benino al Cattoli nazionale, va detto sinceramente. Quand’è così A. nuota verso altri lidi (quasi sempre televisivi, quasi sempre popolati da belle gnocche e giornalisti dai capelli unti): è la stagione della transumanza. Noi lo sappiamo, lui lo sa, tutti lo sanno e va bene così. Del resto quando ti ricapita che uno un po’ così (ma anche un po’ colì, nel senso di “tutto meno che bravo”) come Vasco Regini finisca al Napoli? Il vero colpaccio è quello lì, sarebbe da Giovanni Mucciaccia della situa negarlo. Magari sull’onda emozionale della situazione Andrew s’è dimenticato come si risponde al telefono, ma sono dimenticanze che capitano a tutti. Va bene oh, ci può stare, scemo chi se la prende per così poco. Rendiamo onore a Cattoli per aver concluso una bella operazione di mercato, finalmente da Serie A, con materiale calcistico nemmeno di primissim mano (di fatti Regini, a Napoli, è ancora all’aeroporto che aspetta lo vadano a prendere). Sarri pensa che Regini sia il nuovo Roberto Carlos? Bravo il suo procuratore a fargliela bere, bravi pure noi a premiare questi giovani emergenti. Anche qui perché siamo giusti, ma soprattutto Cattoli-cissimi. L’avete capita, vé?
5. BEPPE BOZZO – Rieccolo il buon Beppe, più su di tanti altri ma più giù sicuramente di quanto vorrebbe (questione di pedigree, non so se mi spiego). BB è un globetrotter del mercato: un giorno è a Roma, un altro a Milano, un altro ancora in Spagna, un giorno magari ce lo ritroveremo in Alaska che prova a vendere Cassano a un husky (ma Cassano finirebbe per litigare pure col cane, mi ci gioco un dito della mano). Per lui a gennaio due operazioni: la prima, più di secondo piano, riguarda il complicato rinnovo di Marchetti. Pare che Lotito non ne abbia voluto sentire parlare per un po’, poi con un ingegnoso tranello qualcuno gli ha parlato di marchette invece che Marchetti ed allora Claudio ha subito rizzato le antenne, vecchia volpe! L’altra invece riguarda il passaggio di Fabio Quagliarella dal Torino alla Sampdoria. Se prima di tutto va premesso che vendere giocatori alla Sampdoria ultimamente è come vendere sogni a un barbone, va però anche spiegata la straordinaria abilità di Bozzo nel riuscire a far prendere stipendi di tutto rispetto a calciatori che in altre epoche avrebbero difficoltà a trovare posto pure all’ufficio di collocamento. Nel caso di Quagliarella poi, du’ spicci in più fanno sempre comodo, anche non vogliamo proprio sapere come se li spenderà il nostro scapolo d’oro. Money rules everything, che ve devo dì…
4. LUCA PUCCINELLI – Tanta roba per Pucci (dove per Pucci non intendo il comico di Colorado, quello che non fa più ridere da quando coloravo ancora l’album dei Power Rangers). Nell’ordine (casuale) gli affari che riguardano il passaggio di Alessandro Diamanti dal Watford all’Atalanta, di Prcic dal Rennes al Perugia (ma prima via Torino), di Panagiotis Kone dall’Udinese alla Fiorentina (cioè, parliamo di Kone, sottolineo ancora per i più dissatenti: Kone. Voglio dire… Kone! Ma chi cacchio poteva solo pensare di comprare Kone?) e, dulcis in fundo, nel caso non vi bastasse, di Cristian Pasquato dalla Juventus al Pescara (dal Livorno). Affari, ce ne rendiamo conto, magari dal peso specifico non enorme in un mercato di stracci come quello italiano, ma che comunque, messi insieme, rendono un minimo il concetto di fondo che poi è alla base dei nostri giudizi passati, presenti e futuribili: chi vuole fare fa, mentre chi non vuole fare, sta a casa a guardare C’è Posta per Te. Lo diceva pure Giobbe Covatta qualche anno fa, se ricordate, “Basta poco che ce’ vo’?”. Che ci vuole? Ci vuole l’impegno, la costanza e pure una buona dose di fattore C, dove per “C” non intendo la vitamina che si prende per guarire dal raffreddore. Ci siamo capiti, no?
3. ALESSANDRO MOGGI – Ale è vivo e lotta insieme a noi: dai sarcofaghi del dimenticatoio post-calciopoliano a quel tipo di protagonismo a cui ci aveva un po’ disabituato negli ultimi anni. Moggino è stato protagonista del ritorno di Immobile al Torino (via Siviglia, dal Borussia Dortmund). Portare Ciruzzo O’ Biond’ all’estero, col senno del poi, è stata una scelta un po’ del piffero, però è vero anche anche solo chi non fa non sbaglia. Diciamo che il fallimento di Immobile all’estero non è più di tanto un fatto circostanziato e sorprattutto rende un po’ l’idea di quanto il calcio italiano fuori dall’Italia possa fare pena. Punto e virgola, però, perché se dovessimo metterla su questo piano tre quarti dei calciatori italiani nemmeno dovrebbero uscire di casa. Su Immobile al Torino, cos’altro dire, allora? Alla fine, è la felicità l’unica cosa che conta, giusto? Non è vero ma ci credo. Su Alessandro, invece, cosa aggiungere? Prima del 2006 dicevamo che Moggi junior andava avanti per raccomandazioni (e magari non era nemmeno una fregnaccia), nel 2008 idem, nel 2010 pure, nel 2012 ancora, ma ormai, cari miei, siamo al 2016, sono passati dieci anni ed A. seppur in maniera molto ridimensionata, è riuscito comunque a rimanere a galla in questo mondo di ladri: gli diamo atto che, forse forse, un minimo di conoscenza della materia trattata ce l’avrà pure? Onestà intellettuale. Se no, va bene tutto e ciaone!
2. FEDERICO PASTORELLO – Vuoi vedere che Pastorello quest’anno punta a vincere? A gennaio diverse le situazioni in cui ha messo la manina il magico P., ma da procuratore vero e proprio ne citiamo una su tutte: quella che ha portato Giuseppe Rossi dalla Fiorentina al Levante. Ci immaginiamo già le obiezioni, tranquilli: “Ah capirai che colpaccio Rossi al Levante, avessi detto il Real Madrid”. Non avreste tutti i torti a muoverle, ma vi invitiamo pure a riflettere un pochino: Rossi alla Fiorentina era trattato ormai come lo zio Mariuccio al cenone della Vigilia quando nessuno voleva sedersi accanto a lui perché gli puzzava l’alito. Sì, insomma, Pepito era un po’ emarginato ma, allo stesso tempo, nessuno aveva il coraggio di dirgli apertamente che era arrivato il momento di sloggiare perché ormai il ragazzo era circondato (non certo per colpa sua) da quest’aura infame da caso umano che col calcio non c’entra niente: il pietismo pure no, grazie. Alla fine della fiera la responsabilità della scelta è ricaduta proprio sul giocatore e sul suo entourage (Andrea Pastorello in testa, di fianco al baby bro), quando la società viola poteva pure essere un po’ meno vigliacca e dire apertamente che, con quel rapporto ingaggio/minuti giocati, Rossi era diventato un lusso che non ci si poteva più permettere (torno a dire: “Basta poco, che ce vo’?”). La scelta di portare Rossi al Levante sarà stata pure mediaticamente bislacca (non è che gli spagnoli navighino proprio nell’oro), ma tutto sommato sensata: cioè, alla fine, se vuoi davvero giocare e dei soldi e della fama ti frega relativamente il giusto, perché non andare in una squadra scarsa dove farebbero titolare pure quel fenomeno da baraccone di Moscardelli? Così è andata. Allora ridi Pepito, ridi Pastorello e ridi pure tu, Carlino dalla faccia buffa che tormenti le mie giornate.
1. TULLIO TINTI – Adesso che Re Tullio è tornato dopo la squalifica che gl’è costata nove mesi circa della scorsa classifica, come sopravviveranno gli altri? No perchè, insieme a Mino Raiola, è forse proprio Tinti al momento uno degli uomini nuovi di questa edizione dei Calcionews24 Awards (l’anno scorso, per un motivo o per un altro, li avevamo messi da parte, ma non è più il momento di fare apartheid): mentre Raiola però, ultimamente, pare preferire l’estero all’Italia (chiamalo scemo, a noi polli molla solo Balotelli ed Abate, la gran riserva la sboccia invece solo dove c’è la grana), Tinti ancora si muove molto entro i nostri confini nazionali, con i suoi good fellas (un manipolo di procuratori senza volto e senza nome che accetta di vivere sotto la protezione di Don Tullio, a me piace immaginarli come le Tartarughe Ninja che vivevano nelle fogne). Parliamo di gennaio or dunque e citiamo gli affari Andrea Ranocchia (dall’Inter alla Sampdoria), Eder (idem con patate, ma al contrario), Jacopo Sala (dal Verona alla Sampdoria) e per finire Alberto Paloschi (dal Chievo allo Swansea City): più che dei colpi d’arma da fuoco ordinaria, una vera e propria mitragliata di proiettili nei confronti della concorrenza. Tinti everywhere, un uomo per tutte le stagioni, un trasformista, il Pierpaolo Casini del calcio italiano, quello che dai per morto troppe volte prima di ritrovartelo al tavolo affianco che brinda beffardo alla faccia tua e de tre quarti da palazzina tua. A Tinti non manca niente, se non di dare una rinfrescata alla sua immagine ingrigita. Cominciamo noi da un piccolo passo: Tinti avrà pure tanti difetti, ma non ha mai dichiarato guerra alla Crimea e soprattutto ama i cuccioli. Vi pare poco?
LA MAGLIA NERA
SILVIO PAGLIARI – Non stavamo davvero più nella pelle nell’introdurvi la novità di quest’anno. Perché, vi chiederete ed io vi chiedo a mia volta: perché parlare bene di qualcuno quando puoi parlarne male? Dai su, sinceri. Inaugura la rubrica di quest’anno il buon Silvio Pagliari, l’uomo dalla lingua più veloce del west. Occorre aggiungere altro sull’enciclopedia Treccani di errori da manuale che Pagliari ha commesso nell’ultimo anno nei confronti della povera cavia Gabbiadini? Io direi di no, ma per informazioni citofonare Napoli. P. è un po’ come Marzullo: si fa le domande e si dà le risposte, ‘sto povero Manolo con la fantasia l’ha portato sul tetto del mondo e negli abissi marini profondi, gl’ha fatto fare il giro del mondo da fermo a parole, lo ha traslato in una dimensione che non appartiene a giocatori di quel livello (buoni giocatori, per carità, ma non fenomeni). Nei fatti Gabbiadini non s’è mai mosso di mezzo metro: è sempre rimasto a Napoli, è sempre stato panchinaro (perché, giustamente, non è che se davanti hai la miglior coppia d’attacco del campionato più di tanto non puoi pretendere), in Nazionale non s’è ancora fatto vedere ultimamente ed è pure sparito dai radar di mercato a gennaio (checché ne dica l’esimio Silvio). Non è migliorato di una virgola e forse è colpa anche della pressione che il suo entourage gli ha messo addosso. Da queste parti, di Pagliari non abbiamo mai sentito la voce. Onestà per onestà: parla per lui il suo addetto stampa (o qualsiasi cosa sia). Raramente abbiamo ricevuto mezza telefonata per fissare un’intervista (fissare un’intervista con un semplicissimo procuratore tramite il suo ufficio stampa è una di quelle robe che oltraggia il giornalismo moderno, ma tant’è, è anche colpa nostra se si è arrivati a questo punto), ma solo per farci le pulci, come se a farci intimidire bastasse un maccheronico “cancellate quel tweet”. Siam mica il blog delle ricette di Antonella Clerici… Insomma Silvio, just relax. Questa faccenda del super-procuratore t’è un po’ sfuggita di mano.
CLASSIFICA INTERMEDIARI – GENNAIO 2016
5. LUCA PUCCINELLI – A-rieccolo: è sempre lui, sempre lo stesso. Da intermediario, insieme al suo A-Team, Puccinelli porta a casa l’operazione Federico Barba, passato in prestito con obbligo di riscatto dall’Empoli allo Stoccarda. Operazione conclusa in syndacation con Federico Pastorello, è bene specificarlo a titolo di cronaca. Che poi, facendo due conti, tra procuratori e intermediari per il difensore romano si sarà mossa un’equipe di dieci persone come minimo. Risultato: Federico non ha ancora giocato manco per sbaglio con i tedeschi. Che Barba, che noia. Che noia, che Barba.
4. FEDERICO PASTORELLO – A-rieccolo pure lui, tra gli artefici (magari non il principale, ecco, ma nemmeno uno che si trovava a passare di lì per caso) del ritorno di Stephan El Shaarawy dal Monaco in Italia, alla Roma, via Milan (anche qui tra l’altro c’è di mezzo tutta una storia di fratelli, visto che il procuratore dell’attaccante italo-egiziano è Manuel El Shaarawy). Lo sappiamo: più che una classifica, la nostra graduatoria di gennaio potrebbe tranquillamente essere tramutata in una lista di italiani che hanno miseramente fallito all’estero, per un motivo o per un altro. Tra i tanti El Shaarawy però almeno è caduto in piedi, con risultati per il momento anche più che discreti. Che poi, detto inter nos Stephan, che cacchio c’era da fare a Montecarlo a parte broccolare al Twiga? Perdere il campionato con quindici giornate d’anticipo? Ridiamoci su.
3. ULISSE SAVINI – Oh, se v’eravate preoccupati della sua scomparsa, state tranquilli: Savini è come le lucine dell’albero di Natale, a intermittenza. Un po’ come quegli amici che spariscono per intere ere geoligiche, poi magari li vedi riapparire dopo quattro anni e mezzo come se niente fosse solo per dire: “Oh zio, che hai da guardare? Ero andato a comprare la birre, accendi la brace che m’è venuto un languorino, va”. A Savini appartengono un paio intermediazioni a gennaio: Remo Freuler dal Lucena all’Atalanta, Ibou Baldé (fratello di Keita) alla Sampdoria. Un po’ pochino, ma tutto lì onestamente. Fa punteggio anche il passaggio di Modibo Diakité dal Frosinone alla Sampdoria, ma lì non parliamo di intermediazioni ma in pratica dell’unico giocatore che gl’è rimasto ormai. Dai Uli, esci dal trip, il 2015 per fortuna è finito.
2. CLAUDIO VIGORELLI – Anche lui presente in ambedue le classifiche (il procuratore moderno sa essere anche intermediario, ma l’intermediario moderno sa essere pure procuratore per istinto di conservazione, ovvero per non estinguersi prima che si estingua il mutuo di casa). Buona l’operazione che ha portato Tim Matavz al Genoa (in prestito dall’Augsburg), anche se onestamente per adesso l’unica TIM che abbiamo visto in Serie A è la pubblicità (brutta brutta brutta, come direbbe Barbara D’Urso). Claudione fallisce i cucchiai dal dischetto Nacho dal Real Madrid al Napoli e Rolando dal Marsiglia all’Inter, ma porta sempre a casa qualcosa. Bravo Claudio. Barbara, tu no.
1. GABRIELE GIUFFRIDA – Che bello vedere il Gigi (inteso come G. G.) presentissimo nelle cronache di gossip: attendevano con ansia il momento in cui il procuratore italiano medio si sarebbe trasformato in personaggio da cronache rosa, da siure milanesi dal parrucchiere. Una roba come: “Hai visto l’ultima che riguarda il Giuffrida? L’ha scritto Signorini su Chi”. Un sogno per noi che li seguiamo da vicino, un incubo per quelli che volevano i procuratori come una categoria di anonimi burocrati sempre un passo dietro ai propri assistiti, ma è la legge del contrappasso: avente convinto le quindicenni che Fedez è un fico, adesso vi tenete pure il procuratore latin lover. Su Giuffredi c’è tanto da dire: ha portato a casa le operazioni Diego Perotti (dal Genoa alla Roma) e Mauro Zarate (dal West Ham alla Fiorentina). La domanda però sorge spontenea: cosa farà Giuffrida ora che Sabatini andrà via da Roma? Senza il suo patrozzo putativo, troverà lavoro? Che poi a trovarne uno generoso come Sabatini che sciala milioni di euro qua e là per commissioni come se fossero cioccolattini al latte… Sono domande che ci poniamo, ma ce ne poniamo una tra tante: il sex symbol Giuffrida avrà una carriera avviata nel mondo della discografia? Ascoltare prima di giudicare: