2016

La grande arrampicata

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De Laurentiis in difficoltà: paga un calciomercato insufficiente e tardivo

Sono orgoglioso di essere partito dalla Serie C, da Martina Franca tra gli sputi dei tifosi mentre lavoravo con Gwyneth Paltrow ed Angelina Jolie, il club era il 535’ al mondo ed oggi è il 18’, al di là degli scudetti abbiamo fatto tanta strada. Dieci anni fa eravate nella merda, avete già vinto”. Questo un estratto assolutamente significativo della conferenza stampa tenuta dal presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis in quel di Dimaro, sede del ritiro estivo partenopeo.

ABBIAMO, ERAVATE – Il presidente De Laurentiis tiene da sempre a separare nettamente le due strade: il Napoli prima di Aurelio, il Napoli dopo Aurelio. Escremento quello prima, il club che ha invece scalato le vette del calcio europeo dopo. E potrebbe anche avere ragione: soltanto un folle non renderebbe merito ad una crescita costante e visibile, che ha portato il club partenopeo a disputare con continuità le coppe europee senza sfigurare al cospetto delle realtà mondiali più strutturate. Non meno significativi i risultati interni: l’affermazione di Napoli e Roma nell’ultimo decennio ha di fatto riscritto la geografia del campionato italiano verso centro-sud, con le milanesi scavalcate dalle due nuove competitors della Juventus. Gli unici successi, in tutto quel che lo ha preceduto, erano giunti con Maradona: un miracolo, non si può incolpare De Laurentiis di non riuscire a ripetere un miracolo. E’ un imprenditore, non un mago né un divino.

NICOLAS, DOVE NESSUNO SI ERA SPINTO – Ma andiamo oltre e proviamo ad ipotizzare un’analisi di scenario: quanto realizzato in passato è sempre sufficiente a giustificare il futuro? Qualora la risposta fosse affermativa, De Laurentiis con il Napoli ha un credito di riconoscenza infinito: nel senso che non può essere ripagato. Ha pescato il club dalla “merda”, lo ha guidato tra i primi venti del pianeta. Ma se così non fosse c’è ancora spazio per alcune considerazioni non taciute dalla circostanza per cui abbia pescato il club dalla “merda” e lo abbia condotto tra i primi venti. Le parole del procuratore e fratello di Gonzalo Higuain, Nicolas, hanno aperto un vaso fondamentalmente mai scoperchiato prima: “De Laurentiis non ha mantenuto le promesse che ci ha fatto sul rafforzamento della squadra, non è una questione di soldi ma non intendiamo rinnovare il legame con il Napoli”. Spalle al muro. Dietro le parole della famiglia Higuain un unico senso: tre anni fa, quando si è scelto di trasferirsi dal Real Madrid al Napoli (che per uno del valore spettante al Pipita già suona strano), il progetto di crescita presentato è stato differente.

LA RAMPICATA SPALLE AL MURO – E no, non la banalizzate con la questione denaro: l’accordo che il centravanti argentino avrebbe con la Juventus – 7.5 milioni di euro annui – è il medesimo proposto dal Napoli per il rinnovo contrattuale. No. Tutt’altro: Higuain dopo tre anni – non tre mesi – ha ritenuto impossibile vincere a Napoli e lo ha manifestato. Ancor meglio se lo avesse fatto in prima persona, ma è stato onesto. E De Laurentiis ha toccato con mano il suo limite: può arrivare fin qui, dalla C al secondo posto della A, ma non dal secondo al primo. Salvo miracoli, s’intende. E tutto questo, spiattellato in pubblico dalla famiglia Higuain, lo ha mandato in difficoltà: il solito rimarcare i meriti, l’offerta dell’Atletico Madrid per l’argentino che invece ieri non era mai arrivata, l’imbarazzante balletto su Santon, ancora il Pipita accusato di alto tradimento alla causa qualora scegliesse di trasferirsi alla Juventus.

LE RISPOSTE – Sì, perché è persona astuta e così sa di attirare dalla sua parte quella enorme fetta di tifosi che antepone l’odio per la Juventus all’amore per il Napoli: basta che Higuain non vesta la maglia bianconera, cosa conta tutto il resto. Cosa conta una programmazione assolutamente mancata nonostante i 40 milioni pieni incassati dalla Uefa per la qualificazione diretta alla prossima Champions League, cosa importa se al 20 luglio – a dieci giorni dal gong finale del ritiro di Dimaro – siano arrivati i soli Tonelli e Giaccherini (funzionali e validi s’intenda, ma i colpi dove sono? Ricordate quel “Se finiremo secondi faremo tantissimo”?). Cosa importa la clamorosa serie di no incassata da giocatori a cui neanche l’opportunità di entrare in Champions dalla porta diretta è bastata per sposare la causa partenopea. Higuain non deve andare alla Juve, tutto il resto non conta: ma trattenerlo con la storiella dell’eredità di Maradona non basta più. A maggior ragione che gli argentini sono esausti della loro maledetta nazionale. Servono i fatti, ma quelli accaduti finora non bastano e non resta che… arrampicarsi.

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