2016
Pogba via? E se fosse giusto?
L’asso francese al Manchester United: si può essere davvero tutti felici?
Ragionare sul mercato quando è in corso d’opera è un esercizio di stile. Bellissimo, peraltro, e lo si capisce da quanto ogni sera andiamo a caccia della più piccola notizia mentre durante l’anno no si è normalmente travolti da nessuna curiosità minimamente paragonabile. In più, a ben pensarci – o meglio, a ben sentire, perché è il cuore che più di ogni altro viene sollecitato – nessuna fase come l’estate ti mette in qualità di tifoso in mezzo al guado. Esattamente a metà tra passato e futuro, tra affezione al giocatore che parte e speranze su quello che arriva. Restare razionali non è facile e forse neanche giusto: ma anche da innamorati di una squadra, provare un altro esercizio di stile – ovvero mettersi a capire la logica di certe mosse – può essere altrettanto “divertente”. Una specie di gioco di ruolo, che in fondo è l’aspirazione di ogni appassionato (chi non vorrebbe essere un giocatore, l’allenatore, il direttore sportivo e non necessariamente in quest’ordine?). Purché lo si faccia con rispetto della realtà. Che significa non fare la semplice sommatoria di cifre virtuali senza considerare tanti altri fattori: l’entità dell’ingaggio (per il quale bisognerebbe stabilire che nessuno nella rosa può guadagnare più del doppio del secondo, a maggior ragione se è un nuovo acquisto); il volere del giocatore; la durata del contratto in essere; il desiderio della società di stabilire una trattativa. E infine e soprattutto: la soddisfazione di tutti – chi compra, chi vende, il giocatore – perché alla base di ogni operazione, da che mondo è mondo, è che ognuno pensi di avere fatto il giusto affare. L’ultimo aspetto è ciò a cui più penso in relazione alla vicenda Paul Pogba. Com’è possibile che Juventus, Manchester United (in queste ore sono loro in pole position sull’eventuale acquisto) e il Polpo siano tutti felici dell’esito di una cessione. Prescindo per un attimo dalla questione puramente economica relativa all’ingaggio del francese, anche se è evidente che un esborso quale quello garantito dai Red Devils è improponibile per chiunque viva in un torneo che non sia la Premier League. Più della Juventus o della Serie A, se Pogba tornasse in Inghilterra credo che i veri “sconfitti” (rispetto a una scala di desideri, se contano qualcosa o non sono solo esagerazioni mediatiche) sarebbero i club spagnoli come il Real Madrid o il Barcellona. Loro non hanno mai nascosto di potere o di volere Paul nel loro organico prima o poi e anche recentemente Zidane ha confessato quanto gli piacerebbe allenare uno come lui, facendo capire tra le righe che sarebbe un campione perfetto per la filosofia madridista: galactico quanto basta e anche di più, personaggio fantastico per l’immaginario di cui si nutre attualmente il pallone, tecnicamente prezioso e forse anche indispensabile per garantire ancora di più l’allenatore campione d’Europa. 12 milioni di euro all’anno e per 5 stagioni sono economicamente totalmente improponibili per il calcio che si vive in Italia, tra affanni e disagi, calendari arruffati e scarso appeal internazionale. La Juve è un’oasi e non da oggi. Sono certo che – comunque vada a finire – un giorno ci stupiremo di quanto a Torino si sia stati capaci di resistere alle sirene udite in questi anni (e che la Juventus non sia davvero una società venditrice, secondo formulazione della sua dirigenza, lo dimostra la semplicissima constatazione che avrebbe potuto fare un’enorme plusvalenza molto prima).
JUVENTUS: POGBA AL MANCHESTER UNITED, PRO E CONTRO
La “felicità” di Pogba può essere un anno senza la Champions League? Se sì, se è convinto di questo, la trovo la prova che non è lui a poter far vincere l’agognata coppa alla Juventus, sempre ammesso che un solo giocatore ci possa riuscire (detto per inciso: la tentazione di un pensiero simile l’ho avuta per Tevez; e oggi ce l’ho per Dybala, laddove penso che in queste manifestazioni è la figura dell’attaccante quella che ti può regalare quel qualcosa in più in grado di determinare una differenza, sebbene piccola, perché comunque è l’insieme della squadra a farti procedere spedito, com’è successo alla Juventus due edizioni fa e all’Atletico Madrid per ben due volte: e a entrambi è mancato appunto un dettaglio, la giocata speciale, quella che appunto Carlitos non ha fatto a Berlino quando ne ha avuto l’opportunità e che, invece, ci ha regalato nei turni precedenti). Ma la “felicità” di Paul inglese sarebbe anche indirizzata verso un torneo dove quest’anno si avrà la più alta concentrazione di tecnici di primissimo livello in un contesto nel quale si gioca (e si cresce) molto peggio che da noi (altrimenti, al di là della splendida favola che incarna e del pieno merito per il risultato, avrebbe potuto vincere il campionato una formazione come il Leicester?). La soddisfazione del Manchester United può essere certamente quella di avere ritrovato un campione che ha tutto il diritto di esprimere la convinzione di poter diventare un numero 1 del panorama mondiale (purché Mourinho non ne sacrifichi l’estro e ne limiti il raggio d’azione com’è successo all’Europeo….). Certo, una “sconfessione” così radicale di Alex Ferguson andrebbe studiata dagli economisti e proposta come materia d’esame: l’errore di valutazione sul giovane Pogba costa e costa come mai si è verificato prima nella storia del calcio, roba da offuscare l’immagine di tanti ed enormi successi, almeno sul piano simbolico. Quanto alla Juventus, sbaglia chi accosta questa possibile cessione a Zidane, se non per il record economico che determinerebbe. Quella era una Juve che non vinceva da 3 anni, quella di oggi ha un’egemonia apparentemente inattaccabile in Italia. Ed è su questo che si determineranno scelte diverse. Quali siano si capiranno solo a fine mercato e andranno valutate con l’integrazione delle operazioni già fatte. E di una cosa sono certo: la “felicità” della Juve sarà che ai nastri di partenza si sentirà più forte Poi, come sempre, i verdetti li darà il campo.