2018
Rinforzi in arrivo, ma all’Inter serve il gioco che non c’è
Inter a lavoro per regalare a Luciano Spalletti gli acquisti sperati: fattore R, con Rafinha e Ramires indiziati principali a rinforzare la squadra. Ma…
Già preso Lisandro Lopez, che va a completare un pacchetto difensivo mancante delle alternative necessarie nel comparto centrale, con il solo Ranocchia potenziale sostituto dei titolari Skriniar e Miranda, nel mirino ora ci sono Rafinha e Ramires: Inter che prova a chiudere i colpi con Barcellona e Jiangsu Suning, società cinese che fa capo al gruppo proprietario del club nerazzurro. Sul banco dunque le formule delle rispettive operazioni: se per il blaugrana l’accordo di massima è stato raggiunto sulla base del prestito e diritto di riscatto, con la cifra di quest’ultimo da ratificare, per l’ex jolly del Chelsea c’è innanzitutto da trovare un sostituto che possa accontentare le esigenze del tecnico Fabio Capello. Poi si procederà alla formula giusta per eludere l’attenzione che la Uefa pone sui passaggi dei calciatori tra società di fatto controllate dallo stesso gruppo.
Rafinha e Ramires: come cambierebbe l’Inter di Spalletti
Partiamo dal talento del Barcellona: nelle sue caratteristiche c’è un repertorio che può fare al caso di questa Inter. Rafinha è in grado di aggiungere dinamismo alla mediana o agire sulla trequarti per dare quello spunto spesso mancato negli ultimi tempi. Ha qualità e velocità per dare un tempo ulteriore all’Inter di Spalletti, ma la sua resa è notoriamente condizionata dallo stato fisico: il brasiliano è spesso falcidiato da infortuni che ne minano la continuità di rendimento, ragion per cui è ancora da catalogare come un calciatore inespresso. Classe ’93, per il club nerazzurro può essere una scommessa: che come tale, per definizione, può risultare vincente o perdente. Poco da eccepire sull’esperienza accumulata: giovane ma ha già respirato l’aria del top club a livello internazionale, altro fattore di cui l’Inter non può che beneficiare.
Forza sulla trequarti
Classe ’87, Ramires ha orientativamente la medesima collocazione del suo connazionale: può agire in mediana, può agevolmente spostarsi sulla trequarti ed interpretare il ruolo in chiave moderna, con quel passo e quel dinamismo che i vari Borja Valero, Brozovic e Joao Mario non sono riusciti a garantire all’economia di Spalletti. Nelle cinque stagioni e mezzo disputate con la maglia del Chelsea si è di fatto alternato tra i due ruoli, risultando una variante sulla destra, attitudine più offensiva che ha coltivato e sviluppato nel tempo, fino a diventare una credibile ala di spinta. Non ha il gol nelle sue caratteristiche, ma senz’altro una verve atletica che può fare al caso di una squadra spesso impiantata sulle gambe, che si avvita su sé stessa alla prima difficoltà. Continuità differente rispetto a quella di Rafinha: basta analizzare il curriculum di Ramires per comprendere come non ci siano buchi nella sua carriera, fattore che ne incrementa l’affidabilità.
Ma Rafinha e Ramires sono le soluzioni per questa Inter?
Il nodo cruciale è il seguente: dovessero approdare alla corte di Luciano Spalletti, i brasiliani Rafinha e Ramires sono le giuste soluzioni per stoppare la caduta libera dell’Inter? Sono gli acquisti che cambiano il volto di una squadra? O meglio: la soluzione ai problemi nerazzurri è davvero da rintracciare nel calciomercato? La risposta non è così immediata come potrebbe sembrare: guardando l’Inter all’opera la sensazione – anche nei momenti di massima raccolta – è stata quella di una precaria assenza di gioco. Il valore è stato proiettato in alto dalle prodezze di un super Handanovic e dal rendimento totale di un cannoniere – Mauro Icardi – che oggi ha pochi pari sul pianeta: elementi individuali che non possono però tenere sul lungo termine, quantomeno non per quella lotta scudetto che tanti troppo frettolosamente avevano accostato agli obiettivi dell’Inter. Ed anche in tal senso va fatta chiarezza: se il target nerazzurro è quello di accedere alla prossima Champions League il lavoro va ritenuto buono, con la squadra che si ritrova in lotta per terzo e quarto posto con Lazio e Roma. L’andamento iniziale però aveva ingannato diversi addetti ai lavori: i pareggi ottenuti sui campi di Napoli e Juventus aveva indotto fior fior di opinionisti a parlare di scudetto, senza che il tutto fosse supportato dall’espressione della squadra sul campo.
Inter, anche la fase difensiva va registrata
Né particolari convinzioni aveva generato la fase difensiva di questa Inter, anche in gare estremamente positive in termini di risultati quali appunto i pareggi del San Paolo e dello Juventus Stadium, l’aver mantenuto la porta inviolata nutriva più un carattere casuale che altro. Necessario insomma procedere alle cosiddette barricate, con i miracoli di Handanovic a tenere in piedi la baracca. Difficoltà anche nell’attivare (almeno) le transizioni, fatta eccezione per un break di Vecino in quel di Napoli. Parlare di scudetto era apparso eccessivo e meramente figlio della momentanea classifica: ma a leggere quella sono bravi un po’ tutti. Poi i nodi sono venuti al pettine ed hanno raccontato anche – o meglio sottolineato, per chi non se ne era accorto prima – di una certa precarietà nell’organizzazione difensiva. Tradotto: più che degli innesti di calciomercato, comunque ben accetti se possono portare in dote alternative che al momento non sussistono o non sono state valutate dalla gestione tecnica, occorre plasmare una struttura. Una squadra efficiente, più solida in chiave difensiva e più funzionale in quella propositiva, meno dipendente dalla vena dei suoi singoli. Work in progress dunque, probabilmente agevolato dall’assenza dalle coppe: Spalletti prova a prendersi l’Inter che verrà.