2018
Da Serie A a Serie pietà: l’ultima frontiera è il mercato della compassione
La decadenza della Serie A in un frame di calciomercato: Juve appesa alle decisioni un Emre Can qualunque, Inter all’inseguimento di uno scarto del Barcellona, Napoli rifiutata… Tutto purtroppo già noto
Sia chiaro subito: non è che una mattina ci siamo svegliati ed abbiamo preso atto della crisi del calcio italiano, però certo un conto è parlarne, un altro è essere messi di fronte alla dura realtà dello stato delle cose. Che fanno schifo, non c’è dubbio, ma fanno particolarmente schifo in periodi come questo, in cui si parla parecchio di cose di cui effettivamente sarebbe meglio parlare meno. Il calciomercato sta alla Serie A come la Sacher Torta sta ad un diabetico: con gli occhi, la mente ed il pensiero, possiamo divorarlo quanto ci pare, terminato il sogno però non resta che cambiare le lenzuola e farci un bel bidet freddo. Lo stesso Beppe Marotta, parlando di Cristiano Ronaldo alla Juventus (accostamento da 41 bis considerati gli appena 24 milioni di euro netti a stagione che percepisce il portoghese) ha detto: «Per una squadra italiana in questo momento è impossibile acquistarlo».
E non ci voleva di certo Marotta per farlo presente, perché la traduzione più logica alle sue parole è nei fatti. La Juve, squadra che domina in lungo e in largo il campionato da sei stagioni di fila, doppia finalista di Champions League con merito negli ultimi tre anni, corazzata che macina sponsor ed interesse mediatico, è alle prese con l’inseguimento di un’altra pedina di mercato: Emre Can. Emre Can, avessi detto… Con tutto rispetto per il centrocampista di origini turche, giocatore di livello europeo e gran rinforzo (eventuale) per i bianconeri, parliamo pur sempre di Emre Can. Ripetiamo per fissare bene il nome: Emre Can. Il tedesco, in scadenza di contratto col Liverpool, è corteggiato da mesi da Marotta: pare stia ancora riflettendo sul proprio futuro, ma alla fine dovrebbe proprio dire di sì. Me cojoni, Emre Can…
La Serie A degli scarti
Sin qui, parlando di Juve, dovremmo ancora sentire il profumo dell’ottimismo, pensate un po’, perché poi c’è tutto il resto del bislacco carrozzone. L’Inter fa fatica a mettere le mani su Rafinha, la riserva delle riserve del Barcellona, per giunta mezzo rotto. La gloriosa Inter ridotta a dare ultimatum al figlio meno forte (l’altro, Thiago Alcantara, gioca nel Bayern Monaco, non proprio una squadretta di scappati di casa) di Mazinho, uno comprato dal Lecce per sostituire Ubaldo Righetti (doppio me cojoni!) negli anni ’90. Questa storia comincia a fare un po’ tenerezza, ma non è finita qui. Il Napoli, seconda forza del campionato, incassa il rifiuto (assolutamente legittimo, come avevamo già scritto. Leggi anche: NAPOLI, MA PERCHÈ VERDI AVREBBE DOVUTO ACCETTARE SUBITO?) di Simone Verdi da Broni (Pavia). Per i giornali la squadra di Maurizio Sarri è la più bella di tutte, ovvero quella che gioca il miglior calcio d’Italia e, probabilmente, pure d’Europa: voi provate un po’ ad immaginare se giocasse pure male… C’avevano raccontato che la bellezza salverà il mondo? Tutte stronzate. Belen che evita la guerra atomica tra USA e Corea del Nord noi non l’abbiamo ancora vista.
Poi c’è il Milan, che brancola nel buio assoluto dell’incertezza: c’è chi dice di aver visto Massimiliano Mirabelli e Marco Fassone, come in un leggendario pezzo di tv con protagonista l’indimenticato Maurizio Mosca, in Piazza Aspromonte, ma non per acquistare 400mila lire di cocaina (ci mancherebbe), piuttosto per cercare un compro oro cinese (leggi anche: BRAVO YONGONHG, MA ‘NDO STANN I SOLDI?). Quel signore lì che l’ha detto comunque è stato già arrestato. La Roma è costretta a vendere per salvare le braghe, la Lazio al mercato pesante preferisce quello pensante, del resto se provasse a buttarsi nella mischia sapete già come andrebbe a finire. Nel frattempo il Barcellona acquista Coutinho, il Manchester United Sanchez, l’Arsenal probabilmente Aubameyang, il Real Madrid chissà chi. Si dice che la grandezza italiana sia nelle piccole cose, in questo caso piccole davvero però: l’unica cosa grande è la capacità di esaltarsi per veramente poco. Se chi si accontenta gode, noi godiamo di brutto, ma restiamo la Serie A della compassione: la Serie pietà. Tutte cose che già sapevamo eh, era giusto per fissare il concetto.