2018

Marotta Cattivissimo me: se per Politano fosse tutto un (geniale) bluff?

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Marotta, De Laurentiis e il Sassuolo allo stesso tavolo per Politano: il finale della partita è quasi scontato, ma dietro alle ultime mosse potrebbe annidarsi il grande e geniale (ma cinico) bluff juventino

«Perdere ad Asso pigliatutto con un baro dilettante non vuol dire non essere in grado di eseguire alla perfezione un bluff ad alti livelli. Per assicurarsi una buona riuscita, il bluff dev’essere condotto fino in fondo, fino all’esasperazione»
(Le conseguenze dell’amore, Paolo Sorrentino)

Beppe Marotta la poker face un po’ ce l’ha. Non è tanto l’occhio ingannevole o la faccia da furbetto a farcelo pensare, quanto piuttosto il self-control di chi la sa sempre più lunga dell’avversario. Si dice che l’abile giocatore giochi sempre più tavoli, mai su di uno solo: se così fosse l’amministratore delegato della Juventus avrebbe tutto il merito per sedere di diritto tra le poker stars planetarie. Quando si parla di affari, i suoi modi sono gentili e rilassati, la sua parlata calma e a tratti quasi strafottente, le movenze studiate di chi sa di avere in mano l’asso pure quando in realtà non c’ha una mazza. Il calciomercato non è come il poker, ma ci va molto vicino: se dopo una manciata di mani non sgami subito il pollo seduto al tavolo con te, allora probabilmente il pollo sei tu. Ieri Aurelio De Laurentiis, per la prima volta, deve essersi posto la domanda che in molti non hanno avuto il coraggio di porgli finora: e se fosse una trappola?

L’affare Politano va avanti da giorni infami: dopo il gran rifiuto di Verdi, il Napoli ha deciso di puntare con forza sull’attaccante del Sassuolo. Nessuno, o forse solo qualcuno, in casa partenopea pensava di piombare, come in un loop infinito e senza uscita, nell’ennesima soap opera dai risvolti vagamente tragicomici e con un retrogusto semi-sudamericano. Il calciomercato italiano non è certo Black Mirror, è piuttosto una puntata di Don Matteo: sospetti sin da subito su chi sia l’assassino, ma la guardi comunque fino in fondo per capire come va a finire. Poi va a finire che l’assassino è sempre il maggiordomo, ma in una serie tv che ha per protagonista un prete che vive in un paesino di provincia col tasso di mortalità di Bogotà degli anni ’90, pure tu, che cazzo t’aspettavi? Così è anche lo psicodramma Politano: da giorni sospettavamo che fosse la Juve a muovere i fili delle sceneggiata. Adesso forse ne abbiamo pure conferma (leggi anche: ESCLUSIVA INTRIGO POLITANO: LE ULTIME).

Affare Politano: tre indizi fanno una prova?

Se un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova, come diceva Agata Christie, vale la pena analizzare lo scenario attuale dell’affaire Politanò (alla francese suona meglio, alla guisa di un noir anni ’60 con protagonista Alain Delon nella sua fase d’oro). Primo: Sassuolo sta alla Juventus come Secondigliano sta ai Savastano. Pure i cani sono a conoscenza del fatto che quella che emiliana sia, de facto, una piazza bianconera. A Sassuolo non si muova una foglia che Marotta non voglia: Carnevali, in perfetta simbiosi con il proprio cognome e con il periodo dell’anno, può negarlo quanto gli pare, ormai non fa più né caldo né freddo a nessuno. Secondo: l’interessamento bianconero per Politano non è probabilmente successivo, ma nemmeno tanto precedente, a quello azzurro. Strano tempismo insomma, anche se di strano nel calcio non c’è più niente ormai. Terzo: le reticenze del Sassuolo a cedere il giocatore a gennaio a fronte di un’offerta comunque cospicua da parte del Napoli (una ventina di milioni in totale) sono cibo sublime per chi pratica la malizia con una certa disinvoltura.

Ieri, dicevamo, è stato il giorno del rilancio: la mano non è stata ancora scoperta e non tutte le carte sono in tavola, ma evidentemente si può cominciare tranquillamente a supporre in che direzione si muoverà la partita. De Laurentiis ha cominciato a perdere la pazienza: bad trick, Aurelio. Adesso le possibilità che sia davvero tu il pollo seduto al tavolo si sono moltiplicate. Marotta invece non si è scomposto di una virgola, mentre giocare con Carnevali è come giocare con il morto. Tutti hanno fatto la propria mossa, ma nessuno ha ancora certezza assoluta su come andrà a finire. Si può avere però qualche sospetto, quello sì: il Napoli ha un’ottima mano e gioca praticamente a carte scoperte, fiero e un po’ ignorante come i pokeristi che fanno show-off della propria bravura. Il Sassuolo gioca d’attesa: vuole vedere il piatto, ma non è detto che gli basti. La Juve, qui viene il bello, potrebbe buttare giù il carico come no: nessuno conosce le sue carte. Marotta finta di sguardi: ti guarda un po’ negli occhi e un po’ dall’altra parte, ma ha tutta l’aria di uno che non si farebbe fottere nemmeno da Pablo Escobar.

Il grande bluff di Marotta

Il sospetto atroce, anzi bruciante, di De Laurentiis, come accennato, è che Juve e Sassuolo siano d’accordo per rovesciare il tavolo, che sia dunque lui il pollo della partita, illuso di una trattativa che in verità è tale solo nella finzione giornalistica. Il colmo però, la giocata sopraffina, la rabona di Van Basten, l’assolo di chitarra alla Jimi Hendrix, il giro secco di Senna a Monaco ’88, potrebbe essere tutto di Marotta qualora fosse dimostrato che alla Juventus, in verità, di Politano non gliene fotte proprio nulla. Il grande doppio bluff per indurre il Sassuolo a credere di poter comunque vendere il giocatore, ma non al Napoli, e allo stesso tempo per portare gli azzurri a fine partita, ovvero a fine mercato, a mani vuote. Poi lasciare tutti con in mano il cerino spento, per non dire qualche altra cosa. Il bravo giocatore gioca sempre su più tavoli, ripetiamo: con un occhio Beppe magari guarda a questa partita, con l’altro invece a quella ben più lunga del campionato. Lì di sicuro il Napoli è un avversario parecchio meno ingenuo, indebolirlo blastando sarebbe una mossa cinica e cattiva, ma comunque da maestro. Marotta come Gru di Cattivissimo me: un finale meno scontato di quello che tutti c’aspettiamo, perché ‘sto calciomercato alla fine c’ha già rotto i coglioni.

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