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Cagliari, Ranieri: «Questa la mia ultima panchina, ma non la mia ‘Last Dance’»

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Claudio Ranieri

Le parole di Claudio Ranieri, tecnico del Cagliari: «Il mio calcio è vincere. È difendere bene e attaccare meglio»

Claudio Ranieri ha 70 e non sente il peso degli anni. Dopo la promozione con il Cagliari è pronto alla prossima stagione in Serie A, dove vuole essere ancora protagonista. Di seguito le sue parole a La Repubblica.

CAMBIARE A 70 ANNI – «Io cambio come cambia il calcio. Mi adeguo, mi aggiorno con le ultime tendenze. La mia forza è proprio il cambiamento. Mi sento un allenatore moderno, europeo, e in più ho un’esperienza che la dice lunga».

CONFRONTO CON GLI ALLENATORI DELLA NUOVA GENERAZIONE – «Lo vedremo in campo, se è distante. Il mio calcio è vincere. È difendere bene e attaccare meglio. È conoscere bene la propria squadra, saperne i limiti e non mandarla allo sbaraglio. Il calcio è semplice, sono gli allenatori a renderlo difficile».

CAGLIARI ULTIMA PANCHINA – «Ho deciso che il Cagliari sarà l’ultima squadra che allenerò. Farei un’eccezione soltanto per una nazionale intrigante, e preciso che non mi sto candidando alla panchina azzurra».

LAST DANCE – «Calma. Ho detto che il Cagliari sarà la mia ultima squadra, ma non per quanto lo sarà. Magari resisto vent’anni… Scherzi a parte, mi sento di chiudere finalmente un cerchio».

COME MAI TORNARE A CAGLIARI – «Perché qui è cominciata la mia carriera, perché quando il Cagliari mi chiamò 35 anni fa, era la scommessa della mia vita. Potevo bruciarmi, neanche sapevo se avrei fatto l’allenatore. Cominciammo con l’idea di provare a tornare in B nel giro di un paio d’anni, invece in quei due anni passammo dalla C alla A. Da allora ho Cagliari dentro».

I DUBBI PRIMA DI ACCETTARE – «Perché questa era l’isola dei miei ricordi felici e avevo paura di rovinarli, oltre che di tradire la passione e l’amore di questa gente. Ma hanno insistito, Riva ha detto delle cose, suo figlio ha continuato a mandarmi messaggi, così ho pensato che non dovevo essere egoista, non pensare a me stesso ma a un popolo che in quel momento era in difficoltà. E allora mi sono buttato a capofitto».

COSA GLI HA DETTO RIVA – «Prima che tornassi, una sola cosa: Ranieri è uno di noi. L’ultima volta mi ha chiamato mentre stavamo entrando nello spogliatoio di Bari, la sera della finale play-off: dì ai ragazzi che hanno tutto il nostro popolo con loro. È stata come una benedizione».

COME MAI É TANTO BENVOLUTO IN TUTTI GLI STADI – «Credo che sia perché do rispetto e di conseguenza ne ricevo. Eppure sono chiuso, non espansivo, pur essendo romano. Sono uno di quei pochi romani che si tengono tutto dentro, anche se qualche volta mi avete visto emozionarmi in pubblico».

RIPARTIRE DAL BASSO DOPO L’IMPRESA CON IL LEICESTER – «Perché io dimentico. Quell’impresa l’ho messa da parte, magari me la godrò da vecchio. Per me il campionato vinto a Leicester vale quanto la promozione con il Cagliari o il secondo posto con la Roma. Sono molto pragmatico, non vivo di ricordi. Vivo di domani».

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