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Buon compleanno a… Weston McKennie

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Oggi è il compleanno di McKennie e potrebbe aver trovato una collocazione stabile dopo un periodo d’incertezza sul mercato

Oggi Weston McKennie compie 25 anni. Ed è possibile che finalmente abbia trovato una collocazione stabile, dopo un lungo periodo d’incertezza sul suo status professionale. Ieri sera, esattamente come nel turno precedente, è entrato in corso d’opera e la sensazione è che il suo contributo sia utile alla Juve.

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Non deve essere facile essere trattato da esubero. Una condizione vissuta così a lungo dall’americano da essere quasi diventata permanente. In questi casi, di solito, si possono generare due reazioni opposte, che talvolta finiscono persino per convivere nell’ambito dello stesso periodo: essere fortemente stimolati a lottare per far cambiare idea a chi di dovere, che magari già dal primo sguardo ha espresso una certa diffidenza; oppure, cadere in una specie di depressione calcistica, non capire più bene quale sia realmente la propria dimensione, iniziare a dubitare delle proprie capacità o anche solo della possibilità di farle emergere.

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A vederlo, Weston sembra uno che se la gode comunque, che si diverte a praticare una bellissima professione e che fuori dal campo è esattamente quel che è dentro: immune dalle conseguenze psicologiche degli errori, ha un approccio naif verso le cose ed il pallone, quel che gli salta in mente lo prova. Con un istinto più proprio di altri sport, verrebbe da pensare, nel quale non si ha la pesantezza odierna che si ha sul rettangolo verde, dove ogni gesto tecnico, ogni movimento con o senza palla, finisce per essere sminuzzato, analizzato, vivisezionato. E McKennie, in questa concezione, in questo genere di lettura, finisce forzatamente per risultare un giocatore difficilmente immune da critiche, perché nell’ambito della quantità sono rarissime le circostanze in cui non commetta un buon numero di errori. Anche in gare nelle quali, però, finisce per fare la differenza, per costituire il fattore sorpresa, anche segnando gol pesanti, festeggiati mimando Harry Potter. E su questo uno psicologo potrebbe anche dire qualcosa di serio: laddove gli altri lo considerano per lo più inaffidabile, lui si palesa come un maghetto per grandi e soprattutto piccini: vuoi vedere che non fa altro che ricordarci che il calcio è un gioco di invenzioni e che lui lo conosce molto di più di quel che si pensi, avendolo appreso a Hogwarts?

Alla prima di campionato, Allegri ha schierato il giocatore tornato da Leeds in sostituzione di Timothy Weah dopo il primo tempo. Americano per americano, nel 3-5-2 Weston si è messo a fare a tutta fascia un lavoro prezioso e, soprattutto diligente. Finendo per risultare – nella ripresa alquanto distratta di una Juve rilassata sul divano di un comodo 3-0 alla Dacia Arena – l’uomo più pericoloso per la spinta garantita davanti con alcuni bei cross effettuati. E, contemporaneamente, anche quello più applicato dietro, autore di alcune diagonali che hanno aiutato Szczesny a chiudere la sfida, portandosi a casa la soddisfazione di un clean sheet. Se c’è un allenatore col quale si poteva pensare a una sorta d’incomprensione naturale con McKennie non poteva che essere quello attuale di casa Juve. E non tanto per quell’atteggiamento di vaga sufficienza con cui lo accolse al primo incontro in allenamento due estati fa, chiamandolo “Americano” e chiedendogli se avesse mangiato l’hamburger. A Max piace un altro tipo di giocatore, specialmente a centrocampo, gli viene l’orticaria e non riesce a nasconderla ogni volta che vede un’approssimazione tecnica, una traccia di pressapochismo. Non è Andrea Pirlo, che pensava di poter plasmare a maggior ragione un giovane disinibito, coraggioso, riuscendo a renderlo una variabile offensiva di difficile lettura, mezzala d’inserimento ma anche trequartista, con risultai non banali (e difatti non ha mai segnato così tanto come con lui, stagione 2020-21).

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E, invece, anche Allegri ha finito per essere persuaso che un po’ di stoffa ci sia sulla quale lavorare. Magari è successo per ragioni di necessità, per un mercato nel quale si fa troppa fatica a mettere tutte le caselle a posto, in entrata e ancor più in uscita, salvo sorprese dell’ultima ora. Resta il fatto che McKennie ha 25 anni. Di possibilità di crescita ne ha, altrimenti prima o poi lo metteranno sul binario 9 ¾ nella stazione di King’s Cross e da qualche parte finirà, lontano da Torino.

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