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Buon compleanno a… Oscar
Oggi Oscar compie 32 anni. Potrebbe essere la persona ideale per entrare dentro il grande dibattito sulla trasformazione del calcio globale in atto in questi mesi
Oggi Oscar compie 32 anni. Potrebbe essere la persona ideale per entrare dentro il grande dibattito sulla trasformazione del calcio globale in atto in questi mesi. Sette anni fa, infatti, nel pieno di una carriera molto ben avviata in Inghilterra, il prodigio brasiliano (lo era già da molto giovane) ascoltò le sirene provenienti dalla Cina e decise di emigrare lì.
Shanghai meglio di Londra e anche di Milano, visto che di interessamenti dall’Italia per portarlo in Serie A ce n’erano parecchi, soprattutto da parte dell’Inter. E se l’affare non si concretizzò era stato anche per colpa di un suo connazionale – Gabigol -, o, per essere più precisi, del suo agente, Kia Joorabchian. Il suo rapporto con Zhang era ottimo, ma l’acquisto del suo assistito Gabriel Barbosa, in aggiunta a quello di Joao Mario, non aveva suscitato un’impressione favorevole, a essere benevoli. In più, per poter comprare Oscar c’era bisogno di sborsare 35 milioni, a quanto si diceva.
Dalla Cina risolsero la questione a loro modo, mettendone sul piatto 60. Difficile, anzi impossibile, resistere da parte del Chelsea, che pure povero non era e non è tutt’oggi, come hanno dimostrato le ingenti spese dell’ultimo mercato. Ma se aggiungete il vertiginoso contratto da 24 milioni al giocatore la questione era bella che risolta: rapida preparazione delle valigie e ciao a tutti. Ciao al valore del calcio europeo, con i suoi stimoli, il suo livello, le sue pressioni. Ciao anche alla nazionale, perché è fatale che il Commissario Tecnico del Brasile sia indotto a lasciare alla deriva chi propende per campionati ben poco competitivi. Ciao all’idea di una carriera alla stregua di tutti gli altri, anche se nel nuovo Paese Oscar qualche soddisfazione se l’è presa, vincendo anche un campionato.
Certo, una scelta difficile da concepire in chi opera in senso totalmente contrario. Sintesi perfetta di tutte le opinioni circolanti in quel periodo fu quella affidata al Daily Mail da Jamie Carragher, una sola maglia di club vestita in tutta la carriera, 737 partite con il Liveropool: «Oscar parlerà della crescita del campionato in Cina, della possibilità di lavorare con Andre Villas-Boas e dell’eccitazione per una nuova avventura, ma sappiamo tutti che saranno parole senza senso». Peraltro, il soggetto in questione non è che negasse la principale motivazione del suo trasferimento: «Tutti coloro che decidono di andare in Cina lo fanno per guadagnare molto e aiutare la propria famiglia. Molti mi criticano, ma io non voglio vivere di ricordi. Non voglio essere povero quando sarò vecchio».
Ognuno ha il suo punto di vista, ogni posizione è legittima e il calcolo di quanto Oscar abbia guadagnato in questi anni può fare venire il mal di testa persino ai multimilionari professionisti delle nostre parti. Certo, colpiva lo spreco di talento, lo sapevamo pure noi. Oscar era quello che alla prima di Antonio Conte in Champions League con la Juve, allo Stamford Bridge, aveva colpito due volte Buffon con due conclusioni dalla distanza semplicemente perfette. E non si era accontentato di quei gol, si era messo a schermare Andrea Pirlo e lo aveva totalmente annullato. Era oggettivamente un vero peccato non poterlo più vedere all’opera. Anche per questo, a periodi ricorrenti, si profila l’idea di un ritorno in Europa. Si è parlato di Barcellona, due anni fa, sembrava un’ipotesi con fondamenta di verità.
Lui stesso non ha nascosto la nostalgia verso il club che lo ha reso grande: «Il mio pensiero è quello di finire la mia carriera al Chelsea perché ho passato dei momenti bellissimi in quel club. Il Chelsea mi ha aiutato molto a migliorare e a giocare in Champions League che era il mio sogno. Ho ancora molti amici fra i Blues e se avessi davvero di tornare sarebbe un sogno. So che la loro politica è rivolta ai giovani ma farò del mio meglio per essere in condizione per finire la mia carriera al Chelsea». Si era anche scritto che potesse chiudere il cerchio rientrando in patria: dopo San Paolo e Internacional, avrebbe chiuso al Flamengo. Per adesso, nulla di tutto questo. L’idea potrebbe essere fare anche una puntata in Arabia. Se mai succedesse, Oscar potrebbe poi girare il mondo – come Obama e certi ex presidenti che hanno capito il corso del tempo – e vivere di conferenze, una dopo l’altra, a spiegare cosa sia il calcio del nuovo millennio.