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Buon compleanno a… Monchi

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Buon compleanno a Monchi, attuale direttore sportivo dell’Aston Villa con un passato in Italia alla Roma

Oggi Monchi compie 55 anni. In qualità di direttore sportivo dell’Aston Villa sta vivendo un momento positivo: la squadra è al settimo posto in Premier League in una posizione di tutto rispetto tenendo conto dello big che ci sono in Inghilterra. E l’ultima gara ha messo alle prova le coronarie dei tifosi, che fino al minuto 87 si vedevano sconfitti dal Crystal Palace e, incredibilmente, sono usciti dallo stadio vittoriosi per 3-1 grazie a un maxi-recupero.

Più che per il suo presente, Monchi è conosciuto in Italia per il suo passato. Sinteticamente lo si potrebbe esprimere in una battuta che potrebbe stare comodamente dentro un tweet: è stato il ds della Roma e, prima e dopo, di quel Siviglia che i giallorossi li ha battuti nell’ultima finale di Europa League.

Non senza polemiche e pure belle forti, nel suo caso non mancano mai. Anzi, diciamola tutta senza indorare la pillola. C’è una lista di persone che quando parlando di lui, non usano termini gentili. Talmente lunga di nomi e con racconti dettagliati che il personaggio, come succede spesso ai “cattivi”, finisce quasi per risultare simpatico, producendo l’effetto opposto rispetto al proposito di coloro che lo detestano.
Andando indietro nel tempo e partendo dal più recente, si può aprire con il connazionale Isco e la sua confessione a Marca su un dialogo fatto al Siviglia: «Gli ho detto: ‘Senti, mi è venuto in mente questo, non so cosa sta succedendo, non so se mi ami, se non mi ami… Sii onesto con me e sistemeremo tutto senza problemi. Sono a tua disposizione. Volevo solo conoscere i pensieri del club e lui mi ha detto che se avessi trovato qualcosa me ne sarei andato. Dopo quella conversazione Monchi cominciò a dire che volevo andarmene, cosa che non era vera, e iniziò a chiamare tutti i giorni sia me che il mio avvocato, molestandoci per firmare la risoluzione. Allora sono andato di nuovo a parlargli e gli ho detto: “Guarda Monchi, non sei sincero con me o con le persone a cui dici le cose. Io voglio restare e tu continui a dire che voglio andarmene”. E poi c’è stato un po’ di conflitto. Gli dico che è la persona più bugiarda che abbia mai incontrato nel mondo del calcio e mi aggredisce. Si è avvicinato, mi ha preso dal collo, ci siamo avvicinati e ci hanno dovuti dividere».

Un litigio potrebbe anche non fare primavera. Ma, spostandoci in Italia, si trovano le affermazioni di Radja Nainggolan: «Sabatini è stato uno dei direttori più bravi che ho avuto, capisce di calcio. Poi è arrivato Monchi che ha rovinato la squadra. Ha venduto tutti i giocatori. Io non riesco neanche a nominarlo. Se avessi saputo che sarebbe andato via poco dopo sarei rimasto».
Due indizi sono già qualcosa di concreto, ma è la terza testimonianza quella che probabilmente fa più rumore. La fornisce nientemeno che James Pallotta a The Athletic con una sincerità estrema, che un presidente può avere solo quando diventa un ex: «Mi prendo tutta la colpa di essermi fottuto da solo. Ünder e Kolarov sono stati buoni acquisti, ma ci sono stati errori costosi. Io ero un buon trader perché facevo le cose con la mia testa, anche se i miei analisti dicevano qualcosa di diverso. Ho commesso alcuni errori ma l’obiettivo è fare bene più di quanto fai male. Ma dovevo fidarmi. Sono rimasto a guardare e fu un errore. Monchi non accettava aiuti esterni, dopo un mese era chiarissimo. Sentiva di dover dimostrare che era Monchi, che non avrebbe ascoltato nessuno o considerato i nostri dati. Niente. Zero. L’altro errore che ho fatto è che, beh, avrei dovuto realizzare che si chiama da solo Monchi… è come chiamarsi da soli Madonna. Doveva essere un allarme».

Infine, in un film spunterebbe proprio nelle ultime scene, spunterebbe lui, che per l’appunto è noto con il suo soprannome, in realtà si chiama Ramón Rodríguez Verdejo. Che non sembra particolarmente scosso da questo attacchi. Che ritiene per il 95% colpa sua ciò che non è andato per il verso giusto nella capitale. E che, in un evento pubblico in Spagna, fornisce questo autoritratto che sembra l’esatto contrario di ciò che dicono i suoi detrattori: «A volte mi chiedo se sono un buon dirigente. Sono un capo, un leader, ma perché fondamentalmente cerco persone che si sentano anche loro leader, che sappiano prendere decisioni. E dico loro: “Pensate come se io non ci fossi per un mese, se fossi in vacanza. Pianificate, fatelo voi”. Così che i risultati buoni siano merito loro, ma se le cose non vanno anche la responsabilità ricada su di loro». Viene decisamente da sorridere, quando i giudizi su certe persone divergono così tanto da quello che loro ritengono di essere.

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