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Buon compleanno a… Mirko Vucinic

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Oggi Mirko Vucinic compie 40 anni. Recentemente si è parlato di lui per questioni legate al fisco, per una storia iniziata…

Oggi Mirko Vucinic compie 40 anni. Recentemente si è parlato di lui per questioni legate al fisco, per una storia iniziata anni fa quando il giocatore se n’era andato in Italia per tentare la fortuna nel calcio degli Emirati Arabi Uniti. Calcisticamente un’esperienza non banale e soddisfacente, che andò anche a smentire quella fama di grande talento, di attaccante creativo e geniale ma senza quel’istinct killer che caratterizza i grandi bomber. In quel contesto lui viaggiava a un gol a partita, divenne il capocannoniere del campionato, segnò in una quantità mai raggiunta prima.

Dopo il primo anno un infortunio al ginocchio lo bloccò, fino a determinare le premesse per una fine di carriera arrivata molto presto. Ed è su quel periodo, secondo quanto pubblicato dal Corriere Salentino pochi giorni fa, che si concentra l’accusa del PM che ritiene che Mirko avesse una presenza non occasionale in Italia e – di conseguenza – debba versare soldi nel nostro Paese. L’udienza è stata rinviata al prossimo 19 ottobre e si vedrà se nelle aule del tribunale il montenegrino sarà in gradi di sfuggire ai marcatori di oggi come faceva un tempo sul rettangolo verde: peraltro è una storia che si trascina da un po’.

Attuale collaboratore del Commissario Tecnico del Montenegro, spesso e volentieri Mirko viene cercato dai media italiani. Le ragioni sono tre. La prima è che anche da opinionista non cerca la frase scontata, esattamente come in campo rifuggiva tendenzialmente le giocate scontate. Il che, naturalmente, portava anche ad errori e relative disperazioni da parte di allenatori e compagni, tanto che si può dire con assoluta certezza che lui abbia sempre diviso l’opinione calcistica in partiti non facilmente componibili: c’è chi ne detestava la mancanza di continuità e gli accenni di pigrizia in campo; altri adoravano tutto quel che faceva, riconoscendogli un’intelligenza che non andava ingabbiata e valutata dal numero delle palle perse. Perciò, non si può che condividere quanto dichiarato a suo tempo al Corriere dello Sport in risposta a chi ritiene che lui – e quelli come lui – siano esempi di giocatori che avrebbero potuto essere dei campioni assoluti se solo avessero avuto più voglia: «Sono molto soddisfatto di quello che ho costruito. Ho giocato a calcio, mi sono divertito e mi sono tolto tante soddisfazioni. Per quale motivo dovrei avere dei rimpianti?».

Il secondo motivo lo si vede ogni qualvolta c’è un confronto tra le squadre dove ha brillato maggiormente: la Roma e la Juventus. Spesso se la cava dicendo che spera in un pareggio, ma non per non prendere posizione, è che lui è seriamente rimasto legato a entrambe, «per motivi diversi e non mi va di fare preferenze». Si percepisce che il rapporto con Roma è stato più conflittuale per ragioni intrinseche alla vita calcistica della capitale: «Ho trascorso cinque anni belli, ho fatto molti gol e ho contribuito ad alcune vittorie. Peccato per quel campionato vinto dall’Inter nel 2010, eravamo vicini al traguardo». Ma a pesare, nel bene e nel male, è quel che proprio non si può eliminare, è l’essenza di un luogo: «Roma è unica, una piazza che ti dà tanto, però non ci sono vie di mezzo. Ditemi – a parte Totti – un giocatore che non sia stato contestato o discusso a Roma? Sempre succede, è accaduto pure a me». A La Repubblica ha definito perfettamente la differenza trovata nel passaggio avvenuto nell’estate del 2011: ««I tifosi a Roma sono così, basta che fai bene per due partite e ti portano alle stelle, ma poi appena fai una cosa male inizi a sentire che la squadra non c’è. E questo alla lunga ti logora. A Torino puoi andare tranquillamente per strada senza essere infastidito da nessuno: non ci sono le radio, o almeno non ce ne sono quante a Roma».

Il terzo spunto lo offre il Lecce, il club che lo ha portato in Italia grazie al consueto lavoro di Pantaleo Corvino, che essere la città di sua moglie. Prima di Juve-Lecce di questa settimana ha raccontato alla Gazzetta cosa pensi di Krstovic, l’ultima scoperta portata in Salento: «Conosco Nikola perché l’ho allenato in nazionale. Ho detto al direttore di comprarlo anche se gli avessero chiesto 10 milioni. Mi ricorda Boksic: forte fisicamente, veloce, dominante nel gioco aereo. É partito alla grande, ma gli ho spiegato che, per confermarsi, dovrà impegnarsi di più».

Il bomber giallorosso, non a caso, ha eletto Vucinic a uno dei suoi idoli. E se riuscirà a ripercorrerne le orme, andranno seguite passo dopo passo, la garanzia di divertimento è più che certa.

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