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Buon compleanno a… Mattia De Sciglio

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Oggi Mattia De Sciglio compie 31 anni. Il minimo che gli si può augurarlo è di rivederlo in campo in questa stagione…

Oggi Mattia De Sciglio compie 31 anni. Il minimo che gli si può augurarlo è di rivederlo in campo in questa stagione, dopo che l’altra si è chiusa con un grave infortunio che l’ha portato sotto i ferri per la ricostruzione del legamento anteriore del ginocchio destro.

Può sembrare incredibile, ma anche in quell’occasione Mattia ha ricevuto insulti del cosiddetto popolo dei social, che è la dimostrazione di come talvolta a mettere insieme due sostantivi neutri o finanche positivi si finisca per creare un mostro dalle mille teste poco pensanti. A De Sciglio viene rimproverato di tutto e, soprattutto, proprio la catena degli infortuni che ha contraddistinto parte della sua carriera. Come se fosse una colpa. Anche in quel caso, come sempre del resto, lui ha risposto con l’educazione che lo ha contraddistingue, scegliendo di comunicare via Instagram a quella parte di pubblico che lo ha sostenuto: «È difficile trovare le parole giuste in questi momenti, quando lo sconforto e il dolore prevalgono su tutto. Non saranno mesi facili, ma ho sempre lottato duramente per superare ogni sfida mi si presentasse. Metterò tutto me stesso per tornare al più presto e più forte dai miei compagni. Grazie a tutti voi per il vostro sostegno, che unito all’affetto della mia famiglia e delle persone a me più care, mi darà ancora più forza per affrontare questa nuova sfida. Sempre a testa alta».

Non paia un’esagerazione: per il terzino si potrebbe bianconero, dal passato non banale in azzurro visto che con Antonio Conte fu uno dei migliori all’Europeo 2016, si potrebbe applicare la categoria del capro espiatorio. In fondo, rovesciando la situazione, lo si percepisce anche in positivo: spesso, quando fa qualcosa di appena sopra il normale, viene salutato da applausi a scena aperta, un po’ per incoraggiarlo, un po’ per sottolineare la novità. Perché per molti, c’è poco da fare, lui è semplicemente inadatto a giocare nella Juventus e se lo fa è perché lo ha portato Massimiliano Allegri. Si detesta chi sta in campo per esprimere medesimo sentimento nei confronti dell’allenatore. La somma delle due opinioni (definiamole anche così) la si è avuta nella scorsa stagione in Juventus-Lazio di Coppa Italia, quando l’ingresso di Mattia al minuto 88 ha prodotto consistenti fischi. Colpire uno e centrare anche l’altro. Attenzione al particolare: la squadra era in vantaggio per 1-0. Insomma, in quei mugugni c’era un bel po’ di pregresso, altrimenti si dovrebbe andare tutti in analisi. O leggersi qualche saggio su come attraverso un singolo si scarichino le colpe e le frustrazioni collettive.
Intendiamoci, giusto per non cadere negli equivoci: non è che di avvocati in sua difesa De Sciglio ne possa trovare tanti. E se è così, evidentemente, ci avrà messo del suo con prestazioni non convincenti e, soprattutto, generando quella sensazione di mollezza o di indecisione che per uno nel suo ruolo non va bene. Uno che ha provato a considerarlo senza pregiudizi è stato Francesco Graziani, uno molto lontano dal mondo Juve, che ad un certo punto ha proposto questa valutazione: «Credo che ogni allenatore vorrebbe avere Mattia De Sciglio, perché è molto duttile. E’ difficile vederlo giocare da 9, ma non lo vedi mai giocare nemmeno da 4. Poi è una faccia pulita, non fa mai una polemica».
Probabilmente, a incidere sul giudizio tendenzialmente negativo c’è l’idea che dal 2017, anno del suo arrivo a Torino, al tempo in cui gli scadrà il contratto, le sue prove non siano all’altezza, non quanto si ritenga giusto per vivere una storia prolungata così tanto.

Da qui a passare per figlioccio o cocco del mister è davvero un attimo. Peraltro, a questo clima, Mattia dovrebbe esserci abituato, come ha raccontato a Cronache di Spogliatoio, raccontando un episodio di quando era rossonero e ponendosi la giusta e domanda che ha orientato la costruzione di tutto questo articolo: «Alzo la testa e vedo che sulla lavagnetta luminosa c’è il numero 2. Il mio numero. «De Sciglio, esce De Sciglio», sento gridare. Non ho molto tempo per realizzare, perché in quel preciso istante 70mila persone iniziano a fischiare. Fortissimo. Non capisco: sono stato dato in pasto ai leoni. «Perché cazzo mi sta cambiando?», non riesco a chiedermi altro. Il Milan è sotto 0-2 in casa contro l’Empoli, in campionato non stiamo andando bene. Tutta la squadra non sta giocando al meglio. Al 70’, mister Montella decide di cambiarmi. Quella è stata l’inizio della fine. La situazione era già compromessa, ma in quel preciso istante l’acqua ha traboccato dal vaso ed è diventata benzina sul fuoco. Un esterno per un altro esterno, entra Ocampos. I fischi sono talmente forti che non riesco a pensare. Mi siedo in panchina e vengo sopraffatto da vampate di calore, di rabbia. Ribollo. Non mi sono mai sentito come in quei secondi. Ero stato gettato nel vortice, messo nel mezzo e dato in pasto ai tifosi per lavarsene le mani. Ero incazzato. E poi i fischi: stiamo giocando tutti male, perché per l’ennesima volta sono io il capro espiatorio?».

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