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Buon compleanno a… Gabriel Barbosa

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Buon compleanno a Gabriel Barbosa, in arte Gabigol. Un passato in Italia all’Inter e i trionfi col Flamengo

Oggi Gabriel Barbosa compie 27 anni ed esattamente 7 anni fa l’Inter lo presentò al pubblico, proprio nel giorno della sua festa. É bene dirlo subito, a dispetto della sua pessima fama maturata in Italia: non stiamo parlando di uno degli attaccanti del Brasile che ha fatto la storia perché in verde-oro ha fatto troppo poco. Ma se da noi ha fatto la fortuna di tutte le classifiche tra il divertito, il goliardico e il documentato sui bidoni stranieri che abbiamo avuto in Serie A, nel suo Paese è uno che viaggia alla media di una rete ogni due incontri, uno score più che rispettabile. E che è stato capocannoniere due volte del campionato brasiliano, ha fatto altrettanto in Copa Libertadores (con gol che ha deciso l’ultima finale) e nel 2019 si è vinto il Pallone d’Oro sudamericano.

Nella Champions League del Sudamerica nessuno ha fatto meglio di lui. La gente del Flamengo non può che essergli riconoscente per il contributo enorme dato in questi anni al fine di raccogliere successi in serie. E non è un caso che quest’anno le sue difficoltà abbiano coinciso con un andamento più problematico per il club, che senza la sua continuità dei suoi gol si trova a una distanza non facilmente colmabile dal Botafogo. Ed in coppa è andata peggio, con l’eliminazione agli ottavi di finale ad opera dei paraguaiani dell’Olimpia Asuncion. Il cammino verso la “Gloria Eterna” si è interrotto bruscamente, per i detentori del titolo è stato un autentico smacco e per lui ancora di più, essendosi visto annullare il gol che nei minuti conclusivi avrebbe prolungato la sfida ai calci di rigore.
Un anno difficile, emblematicamente riassunto nella scena capitata in zona mista dopo Racing-Flamengo, quando i giornalisti lo accusano di apparire in cattive condizioni fisiche nell’ultimo periodo. La sua giustificazione fa appello all’umana «invidia» nei suoi confronti, per poi chiudere il discorso con una battuta: «Sono fuori forma? No, sono sempre molto sexy».
Non se la poteva cavare così in Italia. E non solo perché era giovane e spaesato. Su di lui si scatenò una vera e propria tempesta mediatica, con tante motivazioni. A contare – non paia un’esagerazione – fu il fatto di chiamarsi Gabigol. Ne è prova quel 5 in pagella rifilatogli dopo Genoa-Inter e il giudizio lapidario, definitivo, stilato da un quotidiano sportivo: «Gabigol a chi?» Poi contò certamente l’avere speso 30 milioni, una cifra più che sufficiente per aspettarsi qualcosa d’importante, che si sarebbe manifestato in seguito nel ritorno a casa. Ad aggravare la situazione, ci fu anche il fatto che in quell’infelice stagione nerazzurra, si alternarono sulla panchina ben tre diversi allenatori (De Boer, Pioli e Vecchi) e nessuno rimase particolarmente convinto circa le qualità del giovane. Non gli fece bene l’accostamento malcelato con un predecessore imbarazzante, ancora più per quanto era lontano, come evidenziò il discorso di Tronchetti Provera: «Abbiamo l’onore di presentare 20 anni dopo un grande brasiliano. L’ultimo che ho presentato è stato Ronaldo. Grosse responsabilità per lui? Deve pensare a giocare, non gli mettiamo pressione». E manco a farlo apposta, Gabriel Barbosa va a siglare il suo primo gol in Italia – rimarrà l’unico – proprio laddove lo fece Il Fenomeno, al Dall’Ara di Bologna, anche se sbagliarlo sarebbe stato praticamente impossibile, D’Ambrosio gli serve un pallone che è solo da spingere in rete.

Tutto questo quadro, probabilmente con una visione di parte e un po’ nazionalista, ha trovato una definizione attraverso Wagner Ribeiro, ex agente di Gabigol, che nel podcast Benja Me Mucho ha spiegato senza mezzi termini che cosa abbia determinato il fallimento del suo assistito: «La colpa è dello spogliatoio. Gli argentini non lo facevano giocare. L’Inter era una squadra argentinizzata. Che opportunità aveva di giocare nell’Inter? Giocava 10 minuti a partita, si può chiamare opportunità?».

Se è andata davvero così, Gabriel la vendetta se l’è presa e con gli interessi nell’ultimo atto della Copa Libertadores 2019, quando con una doppietta ha rovesciato il verdetto che vedeva in vantaggio il River Plate. Non vestono di nerazzurro, ma sono argentini, non è il caso di andare troppo per il sottile.

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