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Buon compleanno a… Diego Perotti

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Gli auguri di oggi all’ex centrocampista argentino di Genoa, Roma e Salernitana. Tutti i dettagli in merito

Oggi Diego Perotti compie 35 anni. Su un calendario ufficiale della Roma di qualche stagione fa, si leggeva la seguente descrizione sulle sue caratteristiche: «É al quinto anno in Italia, con un bel po’ di partite passate a regalare un calcio puro, creativo, geniale. Qualcosa di naturale per chi ha il pallone tatuato sulla pelle e lo tratta con venerazione, attenzione, cura particolare. Perotti è un giocatore che indossa il numero 8 ma ha la visione di gioco e la personalità che di solito si associano ai 10. Per un fantasista argentino non è mai concepibile che il numero d’alta scuola prevalga sulla concretezza della giocata, sull’effettivo soddisfacimento dell’esigenza della squadra. Nel caso di Diego tutto ciò si traduce nell’invenzione di passaggi determinanti per i compagni d’attacco. Arabeschi e ricami non sono mai concessioni narcisistiche al gusto, ma si accompagnano sempre a soluzioni rapide nel pensiero. L’uno contro uno lo esalta e lo affronta sempre con improvvise sterzate per sorprendere chi prova a decifrarlo».

Disoccupato dopo l’ultimo passaggio in Italia (Salernitana, terzo club dopo Genoa e per l’appunto Roma), potrebbe esibire questa scheda in Arabia, visto che va di moda andare da quelle parti e lui è disoccupato da un po’. In fondo, lo cercavano già 3 anni fa, potrebbe essere il modo per dare ancora qualche prova della propria classe.

Un po’ come certi cantori del romanticismo, andare a tramandare l’arte del gioco in posti lontani, parlando dei suoi modelli di quando era bambino e il punto di riferimento, l’esempio amato non era quello che ci si aspetterebbe dal suo nome di battesimo: «Riquelme è il mio giocatore preferito, nessuno ha fatto quello che ha fatto lui. Mi ha colpito quando ero piccolo al Boca, ho sempre provato ad imitarlo ma non ci sono mai riuscito».
Perotti appartiene a quei giocatori che vanno oltre le statistiche, le riflessioni tattiche, gli stessi risultati. Dove gli altri sono matematica o, nella migliore delle ipotesi, prosa, lui è lampo di poesia. Lo si capisce dal messaggio che lancia tempo fa su instagram, nel quale si abbandona a confessare un’inguaribile nostalgia verso la Roma. Con parole diritte, incise nel cuore, senza filtri e diplomazie, senza scopo come certi innamorati perduti: «Mi manchi da morire. Senza te non c’è felicità». Anche per questo, se non soprattutto per questo, Walter Sabatini se lo imbarca in quella ciurma chiamata due inverni fa a tentare di portare in salvo la derelitta imbarcazione della Salernitana («Il numero uno. Sono tornato a giocare grazie a lui, altrimenti avrei smesso», confessa appena giunto a nuova destinazione). E spezza il cuore, siamo sempre lì, vedere che proprio lui, lo specialista dal dischetto per definizione, cada in un errore grave proprio quando non si deve in Salernitana-Empoli.

Da lì sgorgano lacrime e si prolunga suspense, fortunatamente risoltasi positivamente all’ultima giornata. E viene da sorridere amaro, pensando alla nostra mancata partecipazione in Qatar dovuta all’incapacità degli 11 metri, a una sua passata intervista dei tempi giallorossi, nella quale gli chiesero di stilare un’ipotetica cinquina di specialisti in una finale. Ovviamente ci mise Riquelme; aggiunse Zidane, «per quello che ha calciato nella finale del Mondiale del 2006»; la chiuse con Sergio Ramos perché «anche da difensore centrale ha una qualità pazzesca». Ma sui primi due posti, nessun dubbio: il primo se lo riservò, perché il coraggio certo non manca i in quanto «è una situazione di gioco in cui mi esprimo bene e in cui mi piace essere consapevole di essere forte. Capita di sbagliare ma mi sono allenato tanto per arrivare a calciarli con sicurezza. Mi piace anche sentire la pressione e l’attesa dei compagni e dei tifosi».; il secondo lo riservò a Jorginho, «che tira benissimo» e manca solo che si scopra che Roberto Mancini quest’intervista l’ha letta e ne ha tratto ispirazione…

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