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Buon compleanno a… Diego Lugano

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Oggi Diego Lugano, ex difensore della nazionale dell’Uruguay, compie 43 anni: una carriera da da guerriero senza peli sulla lingua

Oggi Diego Lugano compie 43 anni. Se qualcuno non lo conosce, prendiamo l’esposizione della sua filosofia, espressa in un’intervista a Fanpage.it: «Io sono convinto che nel calcio tutto vale, che giochiamo per vincere, e quindi dobbiamo giocare sul filo del rasoio. Sono nato e cresciuto in Uruguay, un paese dove il calcio è vita ed è una possibilità di avere rivincita sociale sui paesi più importanti. In Uruguay il calcio si vive come in nessun altro luogo». E se volete un’ulteriore precisazione su cosa significhi avere fatto parte di quella nazionale al centro della difesa, averne indossato la maglia quasi cento volte, con due partecipazioni al Mondiale e la vittoria in Coppa America, aggiungiamo questa presentazione: «Siamo la storia del calcio. La Celeste è per gli uruguaiani molti di più di quanto lo sia l’Albiceleste per gli argentini, la Verdeamarela per i brasiliani e l’Azzurra per l’Italia. La Celeste è un marchio di paese, qualcosa che va oltre i titoli ed è impregnata nella nostra cultura. Una cultura dello sforzo, dell’andare contro le avversità».

Un orgoglio esibito, forte, naturale. Che lo ha sempre portato a prendere posizione con una sincerità estrema, che qualcuno potrebbe ritenere scorretta, come quando l’anno scorso proprio non ha digerito quanto ha visto in Qatar: «L’Argentina è stata aiutata a diventare campione del mondo. Non c’è dubbio; avranno i loro meriti, ma i cinque rigori che hanno avuto sono dubbi. Questo è un dato di fatto. Ma è merito anche di Messi, che ha un impatto globale enorme. Pensate che la FIFA non lo utilizzi? E brava l’Argentina, che ha saputo approfittarne. Da quando è stato introdotto, l’arbitro ha un potere eccessivo che gli permette di interpretare ciò che vuole in qualsiasi momento. In una partita possono esserci 20 rigori o niente e penso che il calcio sia nel caos. L’ho detto a Pierluigi Colina durante il Mondiale: il VAR porta al calcio più dubbi che giustizia».

La sua ultima gara con l’Uruguay è la prima del Mondiale brasiliano. La sconfitta con il Costa Rica è sorprendente, ancor più perché proprio lui contribuisce al vantaggio dei suoi: lo cinturano in un calcio di punizione e Cavani trasforma il rigore corrispondente.

Lui si infortuna e non è in campo né in occasione del riscatto contro l’Inghilterra, né nella famosa vittoria contro l’Italia. Ci sarebbe stato e avrebbe certo ringhiato da par suo, mentre il suo compagno Suarez si dedica a mordere Chiellini. Una scena che fa il giro del mondo e che trova in lui il migliore degli avvocati possibili, che sostiene la tesi più imprevedibile: «Bisogna proprio essere stupidi per pensare che il segno sulla spalla di Chiellini risalga ad oggi…». Per poi accusare tutto e tutti una volta che il Dracula in maglia celeste viene squalificato per 9 giornate: «C’è indignazione e impotenza. A tutti noi piacerebbe un modo più giusto, ma questo mondo semplicemente non esiste. Chi comanda, comanda, e i forti sono i forti. A noi niente ci fermerà, testa sempre in alto. Andremo avanti con umiltà, unione, impegno, riconoscimento degli errori. E con la testa sempre in alto». Vi stupisce una tale presa di posizione? In realtà, è un’abitudine. Quando lo stesso Pistolero si attira le ire generali con un’altra squalifica di lunga durata, stavolta per razzismo nei confronti di Patrice Evra, ad accorrere in suo soccorso è sempre lui quando l’attaccante si rifiuta di salutare il difensore in un Manchester United-Liverpool: «Ci vuole coraggio per fare ciò che ha fatto Suarez: quando non ha dato la mano ad Evra, ha seguito i propri principi. Siamo in democrazia e se non si vuole salutare qualcuno, non è necessario farlo. Soprattutto quando quella persona ti ha fatto passare brutti momenti nei mesi precedenti senza motivo: tutto quello che è successo è stato strumentalizzato da degli ipocriti e da dei falsi moralisti».

Sarebbe stato bello vederlo in Italia. E ci siamo andati molto vicino, in svariate circostanze, in stagioni diversi e con molti club. Juve compresa, tra l’altro, e chissà cosa si sarebbe detto con Chiellini ed Evra.

Peraltro, non ci sarebbe stato nessun dubbio sul suo atteggiamento, come ha certificato un italiano uomo di mondo come Carlo Ancelotti, che lo ha allenato al Psg: «Tutti i miei giocatori devono imparare a comportarsi come Lugano, è stato serio e professionale anche se non ha mai giocato. Questo è un comportamento da persona civile. Lo voglio ringraziare per questa “lezione”».

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