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Buon compleanno a… David Trezeguet

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Oggi David Trezeguet compie 46 anni. Sono passati già un bel po’ di anni da quando non è più al centro dell’attacco della Juventus. Ma…

Oggi David Trezeguet compie 46 anni. Sono passati già un bel po’ di anni da quando non è più al centro dell’attacco della Juventus. Ma nell’immaginario del popolo bianconero la sua grandezza è ancora più grande, è sempre lui il sinonimo del gol, il modo per pronunciarlo nitidamente. Anche perché quando poi è arrivato qualcuno in grado di fare il suo stesso mestiere, com’è stato Cristiano Ronaldo, è lì che si sono riproposti numeri e record che ne hanno fatto capire e apprezzare ancora di più la dimensione epocale.

Ma non è solo questione di statistiche messe in fila, una dopo l’altra. E neanche conta il suo essere il centravanti per definizione, quello con il radar incorporato per trovare sempre la porta, quella sua capacità di smarcarsi come nessun altro e di trasformare la minima opportunità in gol, soprattutto quando gliela confezionava il suo partner Alessandro Del Piero. C’è qualcosa che va oltre lo spazio del rettangolo verde e riguarda aspetti legati al tempo. Che poi sono quelli che per l’appunto si solidificano, rimangono, diventano coordinate della memoria. Il primo riguarda la sua duplicità, quel suo essere franco-argentino, che lo ha portato a essere uno dei bomber più importanti della nazionale blu e, contemporaneamente, di “tradirla” recentemente ammettendo che in Qatar avrebbe tifato per Messi invece che per Mbappé.

Il secondo è che il legame con la Juventus è stato saldo, lungo, ha sopportato la discesa in Serie B, ha vissuto le gioie degli scudetti ma anche la difficoltà di rimettere insieme le macerie, lo ha “invecchiato” prima del tempo quando si è trovato ad essere uno dei veterani di una squadra che faceva circolare forze fresche per rimettersi in cammino. L’ha raccontato non tanto tempo fa proprio al sito del club, provando a mettere confronto la situazione odierna del club con quella vissuta da lui: «Se penso alla Juve di oggi, vedo che c’è un buon lavoro in corso con il Settore giovanile; rivedo in un certo senso quello che ho vissuto nel 2006, quando sono cresciuti giocatori come Marchisio e Giovinco: quest’anno ci sono ragazzi che si sono fatti notare e hanno dimostrato le loro qualità, ed è una cosa molto bella. Tutto ha un inizio, e vedendo giocare questi ragazzi io ripenso al mio; è importante che quindi la società sostenga e faccia crescere, con un’idea chiara, giocatori che possono diventare importanti, perché il pubblico ama i ragazzi che “nascono” nella loro squadra».

Infine, c’è anche il “come” lui si sia conquistato un posto quando arrivò in Italia. Certo, con una più che discreta fama e con un esborso economico non indifferente da parte della società, ma non era assolutamente facile riuscire a emergere in una rosa che davanti aveva anche Filippo Inzaghi e Darko Kovacevic a funzionare come prime punte. Tanto che solo nelle ultime battute della prima stagione David ha conquistato la titolarità, convincendo la dirigenza a puntare su di lui per quella successiva. Non gli è stato regalato nulla, insomma. Ancor più tenendo conto dei primi giorni dopo il suo arrivo, quando in lui vedevano il giustiziere degli azzurri – e quindi di diversi suoi compagni juventini – capace di realizzare il golden gol in una finale incredibile. Li ha raccontati così alla tv bianconera, nel periodo in cui si stava a casa per il Covid: «La mia storia è molto interessante e drammatica. Io firmo per la Juve insieme a Bettega due giorni prima degli Europei del 2000. Allora sicuramente per me nel mio primo ritiro non è stato molto semplice. Gli stranieri all’inizio vogliono capire l’ambiente e la storia. È stato un momento non semplice, eravamo in Valle d’Aosta insieme al pubblico non molto grato nei miei confronti. Poi piano piano mi sono ritrovato nella loro storia, sono diventato parte della storia di una società unica. Dico sempre che in difficoltà vera ero io, adesso tutto è più semplice».

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