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Buon compleanno a… Cristiano Bergodi

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Buon compleanno a… Cristiano Bergodi, con l’allenatore del Rapid Bucarest che compie oggi 59 anni

Oggi Cristiano Bergodi compie 59 anni. Allena il Rapid Bucarest e nell’ultima giornata ha battuto 3-2 il Poli Iasi. É alla sua nona partita, ne ha vinte 4, la squadra è terza in classifica, non vicinissima per avere grandi speranze per il titolo, ma il tempo per rimontare i 7 punti di svantaggio dall’FCSB c’è ancora.

La Romania è il luogo dove vive e lavora dal novembre del 2018 con continuità, ma c’era già stato a più riprese a partire dal 2005 e lo stesso Rapid l’ha guidato già in altre due circostanze, sebbene per poco tempo. É abbastanza raro che riesca a fare esperienze lunghe o anche solo stagioni complete, è successo l’anno scorso col Sepsi, club col quale ha conquistato due coppe nazionali.
Le società della sua vita italiana sono principalmente due. Il primo è il Pescara, che ha frequentato prima come calciatore e poi come allenatore. E quella sulla panchina abruzzese è stata un’avventura che va ricordata, quasi come l’archetipo su quanto sia difficile guidare una squadra di provincia. Bergodi vi arriva nel corso del campionato 2012-13, chiamato a sostituire Giovanni Stroppa. Siamo alla tredicesima giornata, gli abruzzesi sono in piena lotta salvezza, nessun distacco è davvero già maturato, ma evidentemente la dirigenza sente il bisogno di una nuova figura. Lui si rende conto immediatamente delle difficoltà ambientali e ad un certo punto, quando le cose non volgono per il meglio, le esprime a chiare lettere: «Sento un clima da funerale intorno alla squadra, siamo passati dalle stelle alle stalle, sembra che sia già tutto deciso e questo non è positivo. Capisco che i tifosi siano arrabbiati, ma il campionato è lungo e questo clima non aiuta il gruppo. Dobbiamo reagire». Il patron Daniele Sebastiani interviene su Radio Sportiva e gli rinnova la fiducia: «Bergodi sarà il nostro tecnico fino al termine del campionato. I giocatori lo sanno, come sono consapevoli di avere tutte le armi per salvarsi visto che non sono inferiori ai giocatori delle avversarie». Parole al vento, quando a 11 giornate dal termine del torneo e a 5 punti di distanza dalla salvezza il mister viene esonerato.

Lui aspetta qualche giorno e poi, con una certa serenità, racconta la sua versione dei fatti: «Rimarrò legato a questo ambiente, nei primi sei match abbiamo dato tutto. Durante il mercato però non sono arrivati gli acquisti mirati che la società aveva detto: sono arrivati dei calciatori stranieri che avevano ancora bisogno di adattarsi e giocatori italiani fermi da diverso tempo. Non ci siamo rinforzati sul serio, ma ringrazierò comunque i tifosi del Pescara per l’accoglienza che mi hanno riservato». Cristiano non rivedrà più la Serie A e avrà solo brevissime avventure nella categoria inferiore con Brescia e Modena, senza riuscire mai a finirle per intero.

La seconda passione della sua vita è stata la Lazio. Ha indossato la maglia biancoceleste per 7 anni, dal 1989 al 1996, ne ha raccontato l’adrenalina dei derby a ilpagellone.it: «All’epoca in cui giocavo io era la partita dell’anno. Negli anni novanta sia la Lazio che la Roma erano squadre più modeste e tra gli obiettivi stagionali importanti c’era la supremazia cittadina. É un entusiasmo molto forte che non si sente per le altre partite di campionato. Era una rivalità più sentita di adesso perché molti giocatori nelle due squadre erano appunto nativi di Roma. Il più bello? Sicuramente quello di ritorno del campionato 1994/95 quando vincemmo 2-0. Per noi fu una grande rivincita dopo aver perso la partita di andata per 3-0. Mi fa piacere ricordare il gol di Casiraghi al quale partecipai pure io». Spesso lo hanno interrogato a proposito degli allenatori avuti in quegli anni, soprattutto Zeman, per lui un vero punto di riferimento: «Ho imparato molto da lui, ma prima di tutto ho imparato la fase offensiva, cioè il coinvolgimento di tutti i giocatori nel gioco offensivo. Erano rimasti solo due terzini e un centrale, ma quest’ultimo era anche un giocatore che doveva creare il triangolo, farsi vedere sempre dietro. Tutti gli altri giocavano in attacco. È stato incredibile come abbiamo giocato con Zeman. È stato uno degli allenatori più duri. Era un integralista, giocava sempre col 4-3-3. È tornato a Pescara e ora fa lo stesso di 30 anni fa. Posso dire che è un maestro. Gli allenamenti erano pazzeschi. Si correva molto e su lunghe distanze. In certi principi di gioco, era già 20 anni avanti rispetto agli allenatori di allora». Se per caso il Rapid vincerà il campionato, state pur certi che da qualche parte leggeremo questa definizione: «Cristiano Bergodi, l’ultimo dei Zemaniani».

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