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Buon compleanno a… Aron Gunnarsson

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Oggi Aron Gunnarsson compie 34 anni. Istintivamente viene da pensarlo in una scena così: lui al centro di una festa, ovviamente dedicata alla ricorrenza personale. Attorno a sé un po’ di amici, in bella quantità. Arrivo della torta e lui, da leader qual è, alza le braccia e inizia a battere le mani. Intervallando con urlo, in continua accelerazione, per simulare ciò che succede nella sua Islanda quando i vulcani stanno per eruttare. É la Geyser Sound, detta anche Viking Dance. Della quale tutto il mondo è rimasto conquistato quando l’abbiamo vista e sentita in occasione delle gare di una nazionale che ha riscosso simpatia generalizzata. Si tifa sempre un po’ per Davide quando affronta Golia. Visto che poi lui riesce anche a coinvolgere i suoi sostenitori, che accompagnano all’unisono creando un vero e proprio rito, l’emozione è tale che si finisce per desiderare di essere come loro. Anzi, di più: di essere nati in Islanda, di provare a sovvertire i pronostici favorevoli e magari, come nel caso di Gunnarsson, il capitano della nazionale, di tatuarsi sulla schiena i Landvaettir, le quattro figure mitologiche che secondo la leggenda proteggono il paese: un drago (dreki), un’aquila (gammur), un gigante (bergrisi) e un toro (grioungur). Il tutto con un senso pittorico piuttosto spiccato, perché il bianconero del soggetto trova come contrasto cromatico la bandiera nazionale, croce bianco-rossa su campo blu, unico elemento a colori, collocato bene al centro di quella che si può considerare un vera e propria opera. Anche il nazionalismo, qualche volta, sa esprimere un gesto gusto estetico, almeno in versione nordica.

Ora, la scena può anche acquistare un significato leggermente ironico se la immaginate a Doha, perché è lì, nell’Al-Arabi, che Gunnarsson gioca da due stagioni. E pensare che ad un certo punto si era parlato anche dell’Italia, quando agli Europei del 2016 l’Islanda stava facendo un cammino entusiasmante. E al di là dei festeggiamenti finali, quel che si vedeva in campo appariva convincente. All’epoca Aron viveva in Galles, giocava nel Cardiff City, correva e lottava da mediano qual è in Championship, campionato che notoriamente piace al pubblico globale per come le squadre affrontano box to box le partite, come da noi si vede solo nelle disordinate sfide amatoriali. Si interessarono a lui il Genoa e il Chievo.

Ma più di ogni altro, sembrava il Bologna sulle sue tracce. Un po’ perché il giocatore era stato offerto e si stava valutando l’utilità di un recuperatore di palloni come lui.

Un po’ anche per solleticare i gusti della piazza, che si era organizzata su Facebook per convincere il club ad acquistarlo. Con una motivazione che forniva una descrizione un po’ goliardica circa le sue qualità, ma anche questo può servire per organizzare campagne di successo e consenso in rete: «Gunnarsson. Un giocatore vero, che fatica tutto l’anno a far legna per l’inverno, le cui rimesse laterali sono più insidiose di una punizione di Brienza e la cui barba ha ispirato Moscardelli. Un uomo vero».

Una secca smentita dell’ipotesi arrivò nella sessione di mercato successiva, quella del gennaio 2017, quando era stata l’Atalanta ad essere accostata al combattivo vichingo.

Un no inequivocabile, il momento d’oro era passato, anche se l’Islanda capace di arrivare fino ai quarti di finale agli Europei era comunque stata capace di costringere al pari l’Argentina al suo esordio al Mondiale in Russia. Sembrò una grande impresa e lo era, anche se è stata rimpicciolita da ciò che è successo in Qatar con l’Arabia Saudita capace di sconfiggere Messi e compagni, che è una gran bella soddisfazione quando poi li vedi andare ad alzare la coppa.
Recentemente, un mese e mezzo fa, Gunnarsson ha segnato una tripletta in Liechtenstein-Islanda, terminata 0-7. In una sola gara ha segnato più gol di quanti ne aveva realizzati nelle precedenti 100 presenze. Anche questo lo rende speciale: per una volta che era lui nei panni di Golia, si è divertito a travolgere Davide, magari fischiettando una Geyser Sound, versione trasferta.

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