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Buffon: «Futuro? Non ne ho idea, probabilmente non giocherò in Italia»

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Gianluigi Buffon, portiere della Juve, ha rilasciato una lunga intervista, parlando anche dell’addio al club bianconero

Gianluigi Buffon ha rilasciato una lunga intervista a GQ. Le sue dichiarazioni.

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CON LA JUVE IN SERIE B – «Alla fine sono sempre stato attratto fin da piccolo dalle imprese eroiche, l’epica e i miti greci, e capisci che i trofei o i riconoscimenti personali sono importanti, però riuscire a coniugare i successi e la stima dando dei segnali veri lo è altrettanto. Scelte che avrei potuto pagare in prima persona, perché io in quel momento avevo 28 anni, ero all’apice della mia carriera e ho deciso per dei valori in cui credo e per i quali mi va di battermi, di uscire dal radar europeo per due o tre anni. E non so in quanti lo avrebbero fatto. E poi c’è un’altra cosa, che non tutti sanno: in quella stagione lì, per dare un’ulteriore mano alla società mi sono tolto anche 500 mila euro di stipendio. Per me è il segnale la cosa importante: non è che io rimango in Serie B e voglio anche più soldi. No, io rimango in Serie B e mi tolgo dei soldi, il massimo della coglionaggine, ma è bello sentirsi coglione quando credi in qualcosa, e lo fai con la convinzione che è la cosa giusta».

ADDIO ALLA JUVE – «Sì, penso che finire la storia con la Juve fosse la cosa più giusta perché dopo 20 anni a questo livello e un rapporto di totale stima reciproca, credo che un giocatore come me non potesse stare in un posto con un determinato ruolo, come quello che ho avuto negli ultimi due anni, senza avere la motivazione per poterci stare dando il massimo. Alla fine del primo anno e mezzo con molta lealtà ho detto alla Juve che non avrei rinnovato. Ora ho ancora voglia di sentirmi vivo, ho stimoli e fisicamente sto bene, quindi è giusto che provi o un’altra esperienza all’estero o un altro anno da protagonista da qualche parte».

FUTURO – «Dove mi vedrete sinceramente non ne ho ancora la più pallida idea, anche se tutto mi porta a uscire dall’Italia, perché alla fine l’esperienza di Parigi per me è stata bellissima, mi ha arricchito calcisticamente e umanamente, mi sono sentito una persona migliore. E poi se voglio continuare a progredire come uomo devo cercare di fare un altro tipo di esperienza che non sia in Italia, perché già solo l’idea di imparare un’altra lingua, venire a contatto con altra gente e superare difficoltà di qualunque tipo, sono tutti step che ti danno tanta sicurezza. E io sento che sto bene quando capisco che faccio qualcosa per migliorarmi come persona e non solo come calciatore».

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