2012

Buffon, il calcio italiano e la rivoluzione culturale

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Gianluigi Buffon. Potrebbe bastare questo, per educare una generazione e un mondo, quello del calcio, che a tratti sembra andare verso una deriva incontrollata. Un calcio malato che, seppur vengano messi da parte scandali, scommesse e telefonate alla ribalta, resta comunque malato. Un calcio, dove un errore arbitrale si trasforma in uno scandalo in meno di un’ora, dove per parlare di calcio in uno studio televisivo serve un ex arbitro, perché deve spiegarci dove guardava il direttore di gara in un dato istante o com’era posizionato quando ha fischiato quel fuorigioco e così via. Tutto ciò, come se questo fosse il bello del calcio, come se il resto non contasse niente.

Milan – Juventus 2012, una gara che viene ancora ricordata come “la partita del gol di Muntari” e non il match dell’errore di Bonucci sul gol di Nocerino o della Juve poco bella, ma che non perde a Milano; queste sono cose secondarie. Mesi e mesi a parlare del “gol”, un errore macroscopico, tanto da mandare al “manicomio” diversi personaggi di quel Milan, da Allegri che non parlò di altro per diverse settimane, ad Adriano Galliani che perse lo stile maturato in anni e anni di vittorie e mostrò a tutti come quel “gol” l’avesse inserito come sfondo del suo cellulare.

Alla fine, la gara terminò in parità, 1-1, con la Juventus che vincerà lo scudetto, approfittando di una vittoria della Fiorentina a Milano grazie ad un gol di Amauri; anche questo viene comunque dopo il gol di Muntari.

Il post-partita venne acceso dalle parole di Buffon: “Non ho visto che la palla era entrata, ma anche se l’avessi vista non penso che l’avrei detto. Non sono un santo”. Parole che innescarono l’ira di molti addetti ai lavori e non solo: doveva dirlo. Il capitano della Nazionale ha sbagliato a non ammettere l’accaduto. In realtà, non l’ha nemmeno visto il pallone entrare, ma doveva dirlo lo stesso.

Da qui partirono una serie di polemiche, con il numero 1 bianconero che rischia di affondare, ma ne esce fuori in qualche modo. Un mare in cui non voglio tuffarmi tempo dopo, non avendo un salvagente e non avendo ancora imparato a nuotare.

Milan – Juventus, 25 Novembre 2012. Una partita brutta, tutto il contrario di uno spot per il calcio. La Juve è cresciuta tanto dall’ultimo confronto e, adesso, è prima in classifica, il Milan è sprofondato e il nuovo campionato vede i rossoneri quasi sempre nella colonna di destra della classifica. La partita va in maniera opposta a quella di qualche mese fa: due squadre prive di idee e senza gioco sono ancora fossilizzate sullo 0-0 quando, alla mezzora, l’arbitro Rizzoli “inventa” un rigore per il Milan che Robinho poi trasformerà in gol. Le due squadre mettono troppo poco in campo per andare oltre a questo parziale e la partita si esaurisce così.

Gianluigi Buffon nel post-partita si dispera, è incredulo e si arrabbia, tanto che mentre parla ad un certo punto si blocca. Arrabbiato per il rigore fischiato? No, perché l’aveva quasi parato. Non accenna alle polemiche, è dispiaciuto perché la Juve ha avuto un’ora per ribaltare il risultato e non l’ha fatto, perché ha fatto un solo tiro in porta e lo sa bene, arbitro a parte. La risposta più bella al telefonino di Galliani, alla fissa di Allegri ed a tutte quelle lamentele che hanno invaso il nostro calcio che l’hanno reso malato. Ieri sera, dopo una partita persa per un calcio di rigore inesistente, il capitano della squadra “danneggiata” ha parlato di calcio, ha lasciato da parte le polemiche, i complotti e i “ritorni nel passato”. Il più grande miracolo di Buffon.

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