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Buffon: «Giocare per me rappresentava un riscatto. Bello stare vicino a Spalletti»
Gianluigi Buffon, ex portiere della Juventus, del Parma e dell’Italia, ha parlato a Tuttosport e si è raccontato
Gianluigi Buffon, ex portiere della Juventus, del Parma e dell’Italia, ha parlato a Tuttosport e si è raccontato. Le sue dichiarazioni:
ALGORITMI – «Io non credo che esista un modo universalmente valido per capire e raccontare il calcio: gli algoritmi da una parte, l’esperienza empirica e diretta dall’altra. Io sono fortunato perché posso fare da ponte fra il passato e il presente, con uno sguardo sul futuro. Per scegliere i giocatori con i quali comporre una squadra, i nuovi sistemi informatici sono di aiuto e non vanno sottovalutati. Per esempio, per scremare dalla massa venti buoni giocatori nel ruolo in cui stai cercando. Poi, quando l’asticella si alza e non devi più passare dal dodicesimo al terzo posto, ma dal terzo al primo, allora per salire quel piccolo gradino, che piccolo non è per nulla perché è il più difficile di tutti, credo veramente che il sapere e il sentire personali, derivanti dalla tua esperienza, facciano la differenza».
RITIRO – «Guarda, benissimo! Sono molto felice perché mi occupo di tante cose, impegno la testa nel cercare di mettere da parte nuove idee e soprattutto migliorare le mie competenze. E poi, dai, non è che ho smesso a 29 anni, all’improvviso. Era una scelta che da quattro o cinque anni stava lì: dovevo solo scegliere il momento più opportuno. Ora sto molto bene, ho una vita soddisfacente, oltre che lavorativa, anche familiare».
ESPERIENZA – «Guarda, per me giocare in Serie A e indossare la maglia della Juve, così come quella del Parma, rappresentava un riscatto. Ma non un riscatto sociale, un riscatto esistenziale, perché avvicinarmi a certi giocatori che mi avevano ispirato da piccolo, entrare in certi stadi, mi faceva accapponare la pelle. Io ho sempre avuto una certa coscienza di quello che stavo vivendo e una certa incoscienza di quello che sono stato e che ho rappresentato per il calcio, sono sempre stato sereno e ho sempre pensato di avere una fortuna incredibile di giocare con certi calciatori. Adesso temo che il discorso esistenziale sia diverso, con i social, un giovane calciatore si sente già centrale nel mondo, le centinaia di migliaia o i milioni di follower lo rassicurano sul fatto che il mondo sa che esiste e che sa qualcosa di lui. Forse questo può rendere le nuove generazioni più appagate, tuttavia manca la voglia di andare in profondità».
SPALLETTI – «Spalletti sicuramente è un allenatore atipico, ha caratteristiche tutte sue: gli piace essere una persona credibile, al centro del gruppo, gli piace dare lui le coordinate al gruppo, tecniche e comportamentali, esigendo disciplina; cerca sempre coerenza tra quello che dice e fa; trasferisce questa sua ricerca in ogni istante, non lascia mai passare niente. Ci conoscevamo da tempo immemore, ma mai da vicino, ora è bello stargli accanto».
VIALLI – «Non buttare via tempo, la vita è un’opportunità e visto che abbiamo questa fortuna, dobbiamo cercare di metterla a profitto fino all’ultimo giorno. Ah, è ovviamente in quel “profitto” non c’è nulla di economico. Meglio specificare».
SCUDETTO JUVE – «Illusione? E perché? Certo, non deve essere l’obiettivo, quello che ti toglie il sonno di notte, ma deve essere “un” obiettivo, una speranza. E deve essere quella voglia e quella determinazione a spostare il limite di ogni squadra».