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Brasile: Ancelotti non piace a Lula e il programma di Diniz

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Carlo Ancelotti

Carlo Ancelotti nel mirino di Lula per la nomina a Ct del Brasile. Che intanto si è affidato a Diniz ad interim

Era prevedibile che la nomina di Carlo Ancelotti a nuovo Ct del Brasile a partire da metà del 2024 suscitasse qualche reazione in patria non esattamente positiva. Secondo As, attento alle questioni inerenti al Real Madrid, lo stesso tecnico italiano avrebbe preferito che l’annuncio fosse rimandato, anche per non creargli problemi all’interno della Casa Blanca. Così non è stato, la scelta del presidente Ednaldo Rodrigues è ormai pubblice e ha ricevuto nientemeno che la censura da parte del presidente Lula. Che ha approfittato della situazione per dire la sua e solleticare un po’ di quell’orgoglio nazionale nel quale era maestro il suo predecessore Bolsonaro, che si presentava esponendo la maglia verdeoro come simbolo politico. Di altro segno politico, la critica da sinistra nei confronti del “nostro” mister è stata formulata così: «Ancelotti mi piace, ma non è mai stato l’allenatore dell’Italia: perché non risolve il problema della sua Nazionale, che non ha partecipato agli ultimi due Mondiali?». Un intervento pesante, diretto, in contraddizione con i pareri di tanti giocatori di ieri e di oggi, che invece ritengono Carletto la soluzione ideale per riportare la Seleçao ai fasti di un tempo.

Per lui parla il curriculum, del resto: è l’unico ad avere vinto almeno una volta nei cinque maggiori tornei in Europa e nessuno vanta la sua collezione di Champions League. Viene il dubbio, per certi versi, che il Brasile tema proprio di doversi guardare allo specchio con l’arrivo del più grande di tutti. Ovvero: se neanche Ancelotti riuscisse a ripristinare la supremazia del passato, avrebbe ragione proprio Lula quando sposta l’obiettivo dalla panchina al campo: «Il problema è che non abbiamo la qualità di giocatori che avevamo in altri tempi». Per un uomo di 77 anni che ha visto giocare Pelé e i tanti altri fuoriclasse dell’epoca della sua giovinezza, è normale che questa sia l’interpretazione più importante di ogni altra. In più, ad “aggravare” la situazione, c’è anche la nomina contestuale di Diniz come tecnico a interim. Una soluzione non indolore, perché il nuovo Commissario Tecnico è l’attuale guida del Fluminense e il conflitto d’interesse è troppo grande e poco abituale per non lasciare interdetti. Come ha scritto oggi Tommaso Pellizzari sul Corriere della Sera, «cosa diremmo in Italia se sulla panchina azzurra sedesse il tecnico della Fiorentina Vincenzo Italiano, ma solo per 11 mesi, in attesa che arrivi Pep Guardiola?».


A cercare di mettere insieme tutto, o almeno la presenza del Ct provvisorio e poi di quello straniero, ci ha provato Eder Militao. Il difensore del Real Madrid e della nazionale ha semplicemente affermato che sia Diniz che Ancelotti sono «due persone fantastiche». La considerazione caratteriale ha un suo peso, in un Paese nel quale il precedente selezionatore era Tite, detto anche EmpaTite per la simpatia che suscitava, l’eloquio fluente in ogni conferenza stampa, la qualità dei concetti espressi e il balletto con i giocatori per un gol al Mondiale, una delle scene emotivamente più coinvolgenti di Qatar 2022. Scendendo poi nello specifico, Militao si è detto assolutamente certo che la Seleçao sia in buone mani, che significa porsi con l’ambizione giusta verso i futuri obiettivi: Copa America e Mondiale 2026.
Su Diniz, peraltro, il Presidente non ha espresso alcun parere negativo, andare a sporcare la sua figura sarebbe stato un autogol sul versante della sollecitazione di quell’unità nazionale alla quale è evidentemente attento. Del resto, lo stesso allenatore del Flu, ha un programma e un’intenzione con la quale è difficile non andare d’accordo: «Il mio oggetto di studio e piacere nel calcio è aiutare il giocatore a mettere in campo inventiva e creatività, in modo che si senta felice. Questo è quello che ho fatto per tutta la mia carriera, è quello che mi ha portato qui ed è quello che proverò a fare con questi giocatori. Che possano fare ciò che gli piace di più. É esattamente questo ciò che immaginiamo sia il calcio brasiliano».

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