2017

Giampiero Boniperti, l’unica cosa che conta

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Giampiero Boniperti-Juventus, un legame che dura una vita. Nel giorno degli ottantanove anni dell’ex calciatore, celebriamo l’icona juventina per antonomasia: punta, mezzala, dirigente, presidente. In poche parole, un vincente

In questi giorni la Juventus è in pieno restyling. Lo Juventus Stadium, il gioiello nel quale ha costruito gli ultimi successi, si legherà a una delle compagnie assicurative più famose al mondo, la Allianz, e cambierà nome. La stessa Juventus non avrà più la zebra rampante nello stemma, ma un logo più moderno, con la J a richiamare lo Scudetto. In mezzo a tutto questo cambiamento, dettato dalla volontà di rimanere al passo con i tempi, si staglia una figura che moderna non è per via dell’età, ma che rimarrà immortale. Il suo nome è Giampiero Boniperti e non c’è nessun altro calciatore al mondo che possa dire di aver legato in modo così indissolubile la propria esistenza alla Juventus. Perché si può cambiare stadio e stemma, si può parlare di “naming rights” e di campioni provenienti da tutte le parti del mondo, di tournée in zone in cui cinquant’anni fa il calcio era una chimera, ma Boniperti c’è sempre. Passano gli anni ma lui rimane lì, con i suoi capelli pettinati all’indietro e qualche ricciolo – un tempo biondo, ora bianco – a ricordare quando in campo lo chiamavano Marisa e lui zittiva tutti a suon di gol. In pochi nella storia del calcio sono riusciti a essere decisivi sia sul terreno di gioco sia dietro a una scrivania, tra questi c’è proprio lui. Come mezzala accanto ai “magici” Sivori e Charles, come punta nel tridente meno romantico ma ugualmente straordinario con Hansen e Muccinelli, come dirigente ad accudire i vari Scirea e Cabrini, come presidente onorario a guardare sorridente Buffon alzare l’ennesimo Scudetto: tutta la vita in bianconero, con un successo dopo l’altro. Tutta la vita in bianconero sì, ma con una piccola deviazione granata. Era il 1949, il Grande Torino aveva fatto da poco piangere il mondo, Boniperti giocò un’amichevole di beneficenza per le vittime della strage di Superga. Un gran gesto, una lealtà sportiva rara nel calcio di oggi, dove in molti – anche tra i tifosi juventini – infangano la memoria di quello squadrone.

Boniperti-Juventus, storia di un grande amore

Dal Barengo al Momo Novarese alla Juventus, una carriera da film. L’esordio a diciotto anni e tutta una carriera di successi perché, come disse una volta, “vincere non è importante, è la sola cosa che conti“. Quella frase contraddistingue il carattere di Boniperti e anche lo stile della sua Juventus, che con lui è cresciuta e ha plasmato la sua mentalità vincente nel Dopoguerra. Quello che chiamavano Marisa è diventato un presidente vincente, un uomo di sport a tutto tondo grazie alla Sisport e infine si gode la pensione come presidente onorario, senza mai far mancare la sua passione. Ha costruito la Juventus vincente del ciclo trapattoniano negli anni Ottanta, si è solamente goduto quella dei Lippi e dei Del Piero – l’unico in grado di rubargli lo scettro di giocatore più amato dai tifosi, ma sono epoche diverse – e infine è tornato alla ribalta dopo l’onta di Calciopoli quando, in un’età in cui di solito si badano i nipotini, ha badato la ricostruzione della Juventus. “La Juve non è soltanto la squadra del mio cuore. È il mio cuore” è un’altra delle sue frasi famose, tutte intrise di un amore incondizionato verso la Juventus. Un amore che lo ha portato anche a essere oggetto di aneddoti divertenti, ormai persi nella notte dei tempi. Faceva tagliare i capelli ai calciatori perché la “testa era più leggera anche per il calcio”. Oppure la sua fama di braccino corto, ma in senso buono. Chiamava i giocatori a Villar Perosa facendo firmare loro contratti in bianco, famose erano le sue diatribe con Tardelli, che descrisse i rinnovi di contratto come incontri di boxe. Boniperti è stato di tutto e sempre al massimo, e lo è tutt’oggi a 89 anni. Ci saranno in futuro altri giocatori che renderanno la sua figura un tantino più sbiadita, ma lui rimarrà lì, grande tra i grandi. Perché magari Giampiero Boniperti non è importante, probabilmente è l’unica cosa che conta.

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