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Buon compleanno a… Roberto Boninsegna
Oggi è il compleanno di Roberto Boninsegna, ex attaccante di Inter e Juventus che compie 80 anni
Oggi Roberto Boninsegna compie 80 anni. Ormai c’è la tendenza a non rispettare più la data giusta, ad anticipare i tempi, perciò su La Gazzetta dello Sport un momento così importante da celebrare è stato già “festeggiato” giorni fa con una bella intervista, nella quale Bonimba ha raccontato molte cose di sé. Tra le quali, quella che tutti sanno: la sua fede calcistica, che si è tradotta sul campo in un senso di appartenenza molto forte. «Ero la mezz’ala del Sant’Egidio di Mantova. Ci chiamavano gli Invincibili perché avevamo giocato due anni senza perdere. C’è una vecchia foto, dove sotto la maglia si vede un’altra maglietta a strisce nerazzurre, quella dell’Inter. Avevo 12 anni. Io sono nato interista. Anzi, io sono nato idealmente in uno stadio»: di calcio, spesso Roberto parla, con il gusto di chi l’ha frequentato con enorme passione, con la voglia di spaccare il mondo che metteva in ogni gara.
Mario Bertini, suo compagno di club, al Corriere della Sera non ha avuto dubbi nel definirlo «il più grande centravanti che ha avuto l’Italia». Aggiungendo una motivazione che certamente deve avere inorgoglito Bobo: «Cattivo, segnava in tutti i modi: destro, sinistro, testa». Il prototipo dell’attaccante guerriero, quello che le botte le andava a cercare, invece di sfuggirle: «Mi hanno rotto tre volte il setto nasale, anche in A. I gomiti dei difensori volavano alti. Ma mi sono difeso, diciamo che non ho mai offerto l’altra guancia». Quello che sapeva sempre dov’era la porta, la percepiva anche quando era girato di spalle, si muoveva e viveva in funziona di essa. É ben per questo che lo vanno ad interrogare spesso su chi è arrivato dopo di lui, sui giocatori oggi deputati a fare gol. Ad esempio, Boninsena è un estimatore della prima ora di Romelu Lukaku.
Da interista, ha preso posizione affinché la società continuasse a puntare su di lui nel corso dell’ultima estate: «Io sarei pronto a perdonarlo, se davvero l’Inter lo considerasse la scelta giusta per il futuro. In campo ha sempre fatto bene. E se adesso si è mosso così fuori dal terreno di gioco, è perché non ha avvertito intorno a sé la fiducia necessaria: come può non giocare da titolare a Istanbul? Si può ripartire. E i tifosi poi dovrebbero giudicare solo le sue prestazioni». Quando ha visto che una direzione possibile era la Juve, ne ha capito le ragioni: «Ad Allegri piacerebbe allenare Lukaku e non si sbaglia: anche se ha 30 anni resta un ottimo attaccante. Se Allegri ha deciso di puntare su Lukaku è perché ne conosce le caratteristiche, le potenzialità e anche il feeling che può creare con i compagni di squadra». E non perché lui avesse fatto lo stesso percorso con quel passaggio mal digerito da Milano a Torino. Salvo poi risultare uno dei trascinatori della prima Juventus di Trapattoni e trovando in Roberto Bettega un partner d’attacco ideale: «Roberto Bettega, lo ha raccontato cosi: «Boninsegna arrivò alla Juve a fine carriera, ma restava sempre un fior di centravanti. Era capace di insultarti per un passaggio sbagliato, ma se cinque minuti dopo andavi a terra per un fallo era il primo a venirti vicino e a chiedere: “Chi è stato?”. Guardava gli avversari a muso duro, per far capire che se ci avessero riprovato li avrebbe sistemati lui».
A uno così, non può piacere Mario Balotelli, tanto per fare un nome, con la sua “leggerezza” nell’approccio al pallone.
Ed è anche normale che a Roberto Boninsegna, che l’ha vissuta con evidente visceralità, la sua epoca rimanga qualcosa dal valore inestimabile per i campioni che l’hanno determinata.
Roberto Boninsegna viene spesso celebrato come il primo marcatore di Italia-Germania, quello che ha iniziato il mitico 4-3 in un giorno nel quale spesso lo vanno a intervistare molto più di quanto facciano al suo compleanno, come ha ironizzato una volta. Ci si dimentica un po’, invece, della sua rete nella finale proprio contro Pelé e quel debordante Brasile che avrebbe annichilito gli azzurri con un netto 4-1. Nella sua rete, per il momentaneo pareggio, c’è tutto lui, che va a combattere contro tutti, persino contro un suo compagno: «In pratica avevo rubato palla ad un brasiliano a metà campo, scartato Piazza, saltato Brito ed evitato il portiere Fèlix in uscita… Ero come in preda ad un raptus! Però ammetto che senza il saltello provvidenziale di Riva – che c’è stato, eccome se c’è stato! – non so dove sarebbe finito il mio tiro…». Impossibile non volere bene a uno così…