Bonini: «Platini il più grande di sempre ma in una cosa ero più bravo io. Sacchi mi voleva al Milan, ma io devo tutto a un altro allenatore. Mi chiamavano “il figlio di Coppi”…»
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Bonini: «Platini il più grande di sempre ma in una cosa ero più bravo io. Sacchi mi voleva al Milan, ma io devo tutto a un altro allenatore. Mi chiamavano “il figlio di Coppi”…»

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Le parole di Massimo Bonini, ex centrocampista della Juve: una carriera di gregario di Platini per uno che era chiamato “il figlio di Coppi”

Dal 1981 al 1988 Massimo Bonini ha rappresentato i polmoni del centrocampo della Juventus. Michel Platini gliene era grato, visto che correva anche per lui. Oggi su La Gazzetta dello Sport il mediano rievoca quegli anni accanto a uno dei più grandi fuoriclasse della storia, come testimoniano i 3 Palloni d’Oro consecutivi vinti giocando in bianconero.

PLATINI – «Il più fenomenale campione con cui ho giocato. Era un’enciclopedia del calcio, di un’intelligenza spaventosa: aveva tutta la partita in testa. Era un 10, ma segnava come un centravanti, avrebbe potuto giocare anche libero. Una soddisfazione però me la toglievo… Giocavamo spesso a tennis: ero più bravo io. Michel non aveva grande stile, era un pallettaro. Vincevo 6-1 o 6-2 il primo set, poi lui cominciava a darci dentro con le smorzate e i colpi a effetto e io mi innervosivo. Lui ghignava e rimontava».

LA JUVE – «Arrivai a Torino a 21 anni, fino a due anni prima facevo il torneo dei bar di San Marino. Mi chiamavano Schuster o Netzer, i due tedeschi, per via dei capelli biondi. Ho cominciato nella squadra della parrocchia, la Juvenes. Vede, nel nome c’era già un destino. La mia carriera fin lì si era snodata praticamente intorno a casa. Bellaria in D, allenato da Sacchi: un genio già all’epoca. Gli allenamenti duravano un’ora e dieci, niente tempi morti, tutto organizzato. Quando nel 1987 Sacchi arrivò al Milan mi chiamò: “Massimo, vieni con me?”. Ma la Juve mi aveva rinnovato il contratto e dissi di no. Dopo Bellaria ecco Forlì in C, quindi Cesena in B e da lì alla Juve. Il Trap mi diede subito fiducia, gli devo tutto».

IL FIGLIO DI COPPI – «Il mio babbo, Alfredo, aveva per soprannome Coppi, perché era un gran tifoso del campionissimo. Teneva un’impresa edile, con più di 40 dipendenti. Tanti avevano lavorato con lui, per questo io ero “El fiòl de Coppi”, così in romagnolo. I miei genitori avevano anche un bar-trattoria con sala da ballo, sono cresciuto lì, facevo il cameriere. Ci venivano a pranzo gli operai, nessun menù, un unico piatto deciso dalla mamma: maccheroni e avanti sempre (Ride)».

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