2016

Mirante: «Milan, terza big da fermare»

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Poi incensa Donnarumma: «E’ un predestinato, il Milan ha un tesoro»

Il Bologna ha invertito la rotta con l’arrivo in panchina di Roberto Donadoni. Lo ha evidenziato anche Antonio Mirante, che ai microfoni de La Gazzetta dello Sport ha parlato della rinascita felsinea: «Ha portato tranquillità in un ambiente depresso. Già con Delio Rossi avevamo fatto buone partite condannati però dai risultati. Ci hanno dato slancio le partite con Roma e Napoli, speriamo il Milan sia la terza big da mettere sotto».

IL “DERBY” – All’orizzonte, però, c’è il Milan: «Servirà il miglior Bologna. Loro non sono in crisi, altroché, siamo noi a doverci riscattare dal k.o. con l’Empoli: partiamo pensando di non essere la vittima sacrificale, ma di andare a far punti». E il match è una sorta di derby di Castellammare per il portiere, visto che dall’altra parte c’è Gianluigi Donnarumma: «Stessa scuola calcio, il Club Napoli, stesso preparatore, Ernesto Ferraro, che ci ha visto e cresciuto da ragazzini. Gigio l’ho conosciuto che aveva appena 13 anni, lui si stava allenando, io ero in visita. L’ho visto e ho pensato fosse un predestinato. Oggi confermo: il Milan ha un tesoro nella mani e lui ha davanti un futuro grandioso, la serenità con cui veste una maglia così pesante fa impressione, prima ancora del fisico e della tecnica. Per la nostra terra, una fucina di portieri, è un nuovo orgoglio: Iezzo, io, i fratelli Donnarumma. Le nostre famiglie abitano vicino, noi abbiamo frequentato le stesse persone: è curioso che ora ci si affronti da avversari».

IL TOTEM – Mirante ha avuto l’opportunità di giocare con una grande squadra, la Juventus. Ma per lui niente grande salto: «Volevo giocare e davanti avevo Buffon. Nell’anno della Serie B sono tornato e giocato anche qualche partita ma per un portiere la continuità è fondamentale. Oggi punto all’Europeo: sono stato in Brasile da riserva, ora voglio entrare nel gruppo vero. Per il resto, ragiono sul presente e non faccio bilanci di carriera, mi ritengo semmai fortunato a essere in una società così solida e organizzata».

LA DELUSIONE – Alle spalle anche la delusione per il fallimento del Parma: «Una delusione incancellabile, specie per chi come me era lì da tanti anni. Eravamo impotenti, la scelta di giocare era per portare avanti la speranza, per provare a invogliare qualcuno a intervenire. I responsabili erano dentro e fuori la società, per esempio quelli a cui faceva comodo che finissimo la stagione. A chi diceva “così è stato salvato il campionato” dico che certo non ha salvato le nostre carriere, visto che giocavamo senza garanzie, e soprattutto quelle dei moltissimi dipendenti». 

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