2015

Verranno a chiederti del nostro amore

Pubblicato

su

Una fuga d’amore, le sigarette, i caffè e altro ancora: ecco chi era Blaz Sliskovic

Una fuga d’amore, venti caffè al giorno, una smodata passione per il tabacco, uscite notturne non consentite, piedi sublimi. Basta questo per descrivere la carriera di Blas Sliskovic detto Baka? Forse sì se si vuol essere riduttivi e se si vuol dare a Baka un peso diverso da quello che ha realmente avuto nella storia del calcio; forse no, se invece si vogliono analizzare i fatti con spirito critico e non soffermarsi sulle solite storie romantiche che fanno da contorno a personaggi come Sliskovic. La verità come sempre sta nel mezzo: Sliskovic è stato uno dei calciatori più forti della sua generazione ma adesso ne parliamo come di un talento sprecato, di uno che ha fatto di tutto per buttarsi via. E nemmeno questo è vero, perché Sliskovic era ed è e resterà semplicemente Sliskovic, uno che ha seguito più il cuore del cervello ma che con gli scarpini ai piedi poteva guardare tutti dall’alto in basso. E pazienza se poi il fisico era quello che era e quei baffoni folti troppo spesso carezzavano labbra femminili sconosciute dell’Adriatico, dell’URSS o del Porte d’Aix marsigliese.

LA FUGA D’AMORE – Per spiegare bene chi fosse – o cosa fosse – Blaz Sliskovic bisogna partire dal concetto di amore. L’amore inteso come sentimento ma anche come gesto rivoluzionario e antisistema. Siamo agli inizi degli anni Ottanta e nel ritiro dell’Hajduk Spalato tutti gli occhi sono puntati sul giovane Sliskovic, uno che in Italia è conosciuto per un match tra le rappresentative olimpiche del 1980, quando Baka quasi da solo impose il 5-2 agli azzurrini con una tripletta destinata a finire su targhe commemorative. Poco più di venti anni ma già un caratterino niente male per il buon Slaz, che ha una concezione dell’amore tutta sua, dicevamo. Non ci è dato sapere se l’ex centrocampista fosse o meno esperto di testi sacri dei popoli arii o se sapesse il sanscrito, ma la sua idea non si distacca troppo dai Veda: «L’amore che tutti gli dei riversarono dentro le acque, che divampa insieme col desiderio, questo io accendo in te». Un sentimento improvviso che contrasta con le leggi canoniche di un semplice ritiro con l’Hajduk ad esempio: c’è una ginnasta olimpica sovietica che si è presa un pezzo del suo cuore e lui ritiene giusto, logico, quasi spontaneo, allontanarsi dai compagni di squadra e fuggire. L’amore è un sentimento che fa fuggire, scrisse qualcuno, l’amore è un sentimento che fa fuggire dal ritiro per andare un’olimpionica russa, corresse Sliskovic anni dopo. Morale della favola? Baka rimane fuori per quasi un anno, ufficiosamente per amore. Poi rientra, si apre una gamba in un contrasto con due difensori dell’OFK Belgrado e rimane fuori un altro anno, perdendo la possibilità di giocarsi i Mondiali in Spagna.

IL MARE – Chissà perché le personalità più stravaganti del calcio danno il loro meglio nelle città di mare. Tolta Mostar, cittadina oggi bosniaca e allora jugoslava che però è sulla Neretva ma non vale, Sliskovic è emerso nella soleggiata Spalato, è diventato semi-dio nella portuale Marsiglia e si è consacrato nella decadente Pescara. Non a caso Zinedine Zidane lo ha messo di recente tra i migliori giocatori mai transitati dall’OM, sempre non a caso c’è gente che a Pescara alla fine degli anni Ottanta, non sapendo che nome dare al proprio figlio maschio, ha deciso di chiamarlo Baka e in una città dove uno dei nomi più comuni è Cetteo non è roba da poco. Sliskovic calcisticamente è un centrocampista, lo definiscono bohémien e forse il centrocampo è la zona più bohémien di tutte: in porta c’è grigiore, in difesa bisogna essere rigorosi e attenti, in attacco c’è da sgobbare e ci sono troppi momenti morti, a centrocampo invece succede di tutto. Il centrocampo è anticonvenzionale, il posto migliore dove dettare i tempi della partita e del mondo attorno. Nel 4-3-3 del maestro Galeone Sliskovic è un portento, è il geometra che serve e ha un discreto senso del gol. Il buongiorno si vede dal mattino: alla prima partita con il Delfino in Serie A sbanca San Siro e fa secca l’Inter due a zero, concedendosi il lusso di battere Zenga su calcio di rigore. E’ l’inizio dell’ennesima storia d’amore di Baka, stavolta non con una delle sue tante donne ma con una città intera. D’Annunzio, Flaiano e poi Sliskovic, Pescara sa scegliere bene.

VIVEUR – A Pescara ha come mentore Giovanni Galeone, altro grande ribelle del mondo calcistico. Ciuffo alla Alain Delon e idee rivoluzionarie, è uno dei primi a lanciare il sistema a zona in Italia e con una squadra costruita per la Serie C conquista la Serie A e mantiene la categoria nel 1987-88, la miglior stagione nella storia del Pescara. Non a caso in quell’annata lì a menare le danze a centrocampo è proprio Sliskovic, uno che a Galeone va a genio per vari motivi. Primo, perché è ha una classe immane. Secondo, si dice, perché anche Galeone ha la fama di viveur e quindi un compagno di uscite abbastanza estroverso come Sliskovic fa pur sempre comodo. Terzo, entrambi bevono venti caffè il giorno e si sa che da che mondo è mondo i dialoghi migliori si hanno davanti a una tazza di caffè. C’è una foto della presentazione del bosniaco all’Adriatico assieme proprio a Galeone e Leo Junior e a rivederla oggi viene da sorridere: Junior sembra Bill Cosby, Sliskovic ha il fisico di un muratore e Galeone ammicca sfoggiando una maglietta della salute da catalogo di biancheria. Quel trio farà le gioie del Delfino, segnerà una pagina storica di Pescara e del Pescara anche grazie a risultati eclatanti come il due a zero alla Juventus ottenuto all’Adriatico. Quelli sì che eran giorni.

E POI – Poi sul più bello ecco l’infortunio a Torino, per Sliskovic si mette di mezzo ancora una volta la sfortuna e addio Pescara. Alla fine del 1987-88 se ne va a Lens, da lì a Mulhouse e poi al Rennes prima di tornare ancora da Galeone nel 1991-92 quando ormai la tenuta fisica non è più quella di un tempo. Il mister lo chiama per fargli da leader nello spogliatoio assieme a gente come Gasperini, Allegri o Camplone ma la squadra non gira e alcune voci mai confermate sulle fughe dal ritiro pescarese per andare a fare la bella vita fanno sì che Sliskovic venga messo fuori rosa. Il Pescara, ultimo e senza l’esonerato Galeone, torna mestamente in Serie B. Di lui rimangono più che altro aneddoti, molti veri, molti altri fittizi. Si dice che facesse giungere ogni due settimane un carico di alimenti e bevande da Mostar; si dice che, a chi sottolineava la sua forma fisica rotondetta, Baka rispondeva dicendo che tanto a correre doveva essere il pallone, mica lui; si dice che si divertisse a fare le ore piccole con Galeone; si dice che fumasse un pacchetto di sigarette al giorno. Si dicono tante cose, ci si sofferma sulla sua barba o sulla sua indisciplina ma ci si dimentica che Blaz Sliskovic ha fatto innamorare tante belle donzelle di mare, ma anche un intero popolo biancazzurro grazie al suo talento, grazie al quale si è meritato l’appellativo di Maradona dei Balcani. E ancora oggi se per le strade di Pescara chiedete di Sliskovic, probabilmente vi risponderanno con gli occhi lucidi.

Exit mobile version