2017

Cinque giocatori del Milan di Berlusconi di cui vi eravate completamente dimenticati

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I bidoni del Milan di Berlusconi sono stati tanti, soprattutto in epoca recente. Eppure c’è chi ha oltrepassato la definizione stessa di ‘bidone’ ed è arrivato al Milan – magari con un contratto piuttosto lungo – senza che nessuno se ne sia mai accorto…

Il Milan di Silvio Berlusconi ha regalato per anni gioie su gioie ai tifosi rossoneri. Champions League, Scudetti, Coppe Intercontinentali; partite memorabili, trasferte straordinarie, rimonte storiche; e anche campioni come Dejan Savicevic, Marco van Basten, Kakà. Un campionario di successi che, a elencarlo, occuperebbe i trentun anni della presidenza del Cavaliere. Eppure c’è anche qualcos’altro, un lato leggermente più oscuro, rintracciabile soprattutto nelle ultime stagioni. Quelle annate in cui il Diavolo dava vita a una sessione di calciomercato fatta di voci incredibili e poi di affari coi soliti noti. È ormai risaputo che le recenti stagioni con Adriano Galliani uomo mercato non abbiano portato troppa contentezza nei fan milanisti, se si parla di acquisti. Molti bidoni sono transitati da Milanello, in tanti sono rimasti più di un anno e qualcuno ha indossato pure la fascia da capitano. C’è anche chi è arrivato in pompa magna e poi è andato via e molti tifosi ancora si chiedono “Come, quello lì ha giocato nel Milan?“. Ecco, parliamo adesso dei cinque giocatori che non vi ricordate assolutamente con la maglia del Diavolo.

Miodrag Vukotic: mi manda Savicevic

Negli anni Novanta, e nei primi Duemila, si sono visti almeno quattro casi di “raccomandazione” nel Milan. Zizì Roberts, amico di Weah, poi Digao, fratello di Kakà, e anche Esajas, sodale di Seedorf. Il più sconosciuto però rimane Miodrag Vukotic, difensore centrale acquistato nel gennaio del 1997 su consiglio di Dejan Savicevic. Non è un periodo fortunatissimo in campionato per il Diavolo e il mercato di gennaio può davvero essere un momento di riparazione, per questo bisogna intervenire in difesa per prendere giocatori di affidabilità. Tanto sublime in campo quanto rivedibile come direttore sportivo, il Genio fa il nome di Vukotic alla dirigenza rossonera: entrambi sono montenegrini, anche se all’epoca il Montenegro non era ancora indipendente, e Savicevic lo sponsorizza. Dopo la trafila con Buducnost e Vojvodina, il difensore arriva a Milano dalla squadra di Podgorica ma in rossonero disputa solo amichevoli fino a giugno. Viene spedito a Empoli e riesce nell’impresa di farsi dimenticare anche lì, sebbene esordisca in Serie A giocando spiccioli di partita all’Olimpico. Rimarrà sempre il secondo Vukotic più famoso d’Italia dopo Milena.

Drazen Brncic, il codice fiscale di centrocampo

C’è stata un’epoca in cui i giocatori più forti del Monza passavano direttamente al Milan. C’è stata anche un’epoca in cui i giocatori del Milan compravano il Monza, ma è un’altra storia. Nell’estate del 2000, dopo una serie di buone stagioni alla Cremonese e poi in Brianza, il Milan tenta il colpaccio e acquista Drazen Brncic. Arriva da uno Scudetto e poi da un terzo posto nell’anno del Centenario, e poi nel 2000-01 la finale di Champions League si gioca a San Siro, non deve affatto sfuggire. Sfuggirà eccome, ma non per colpa del povero Brncic. Professione centrocampista centrale, l’ex monzese non ha molte chance di farsi vedere e riesce a mettere a referto solamente due partite: una in Champions League contro il Besiktas e un’altra in uno sfortunatissimo match prenatalizio in cui il Perugia di Cosmi espugna il Meazza. Non era un fenomeno, ma forse non era nemmeno un grandissimo brocco. O almeno così deve pensare l’Inter, che nel 2001 lo accetta come contropartita tecnica in un’operazione che porta al Milan Andrea Pirlo. Non importa dire chi tra Milan e Inter abbia fatto l’affare.

Dominic Adiyiah, più incompreso che talento

Nell’ottobre del 2009 Adriano Galliani si frega le mani. Ha appena scovato in Norvegia un attaccante non ancora ventenne che in molti paragonano già ai più forti centravanti africani, si chiama Dominic Adiyiah e gioca nel Fredrikstad. Il Condor piazza il colpo, dà 1.4 milioni ai biancorossi e si prende l’attaccante originario del Ghana, che addirittura ha scomodato già nomi illustri come Drogba o Eto’o o Weah. Ma Adiyiah, assicurano gli esperti di mercato, è diverso e forte è anche più forte perché è un attaccante mobile. A distanza di anni non si è ancora saputo se fosse più forte dei mostri sacri menzionati sopra, di sicuro era più mobile: un bel po’ di prestiti tra Italia, Serbia e Ucraina e infine la cessione a est, per dimenticarlo. Pleonastico snocciolare i numeri della sua esperienza milanese: zero gol, zero presenze, zero fiducia. Gioca con la Primavera ma ottiene la ribalta solo quando lo chiama il Ghana, perché in Nazionale credono molto in lui (a oggi venti presenze e quattro gol, più un Mondiale). Nel 2016-17 ha giocato in Thailandia nel Nakhon Ratchasima. A Milano i pochi che se lo ricordano vivono ancora in quello stato di estasi inebetita che precede l’acquisto di un giovane talento.

Attila Filkor, il flagello di Dio

Chiamarsi Attila e finire a giocare nella squadra del cuore di Diego Abatantuono sfiora l’autolesionismo. Eppure non è colpa del buon Filkor se è omonimo del film cult dell’attore milanese. Se proprio si vuole addossare una colpa al centrocampista ungherese è quella di aver fatto credere ai tifosi del Milan di essere un buon acquisto. A un occhio attento però un’operazione di mercato come quella di Filkor è sembrata più un contentino all’Inter che altro (in quella sessione arrivano anche Daminuta e Fossati, soprattutto il primo meriterebbe una storia a parte). Ha ventidue anni quando nel 2010 lo compra il Diavolo, troppi per essere ancora considerato un affare per la Primavera. E in effetti Filkor non gioca mai, svolge il ritiro con la prima squadra, si allena con Thiago Silva e Pato, ma poi va alla Triestina. Inizia così il suo pellegrinaggio per tutta Italia che lo vedrà lasciare il Milan solo il 30 giugno 2015, cinque anni dopo il suo trasferimento dall’Inter. Cinque anni di anonimato e di trasferimenti, un contratto e un acquisto che ancora hanno bisogno di una spiegazione.

Lucas Roggia, il sostituto di Tevez

C’è chi lo vede come lo spartiacque della storia recente della Serie A: Carlos Tevez è del Milan ma l’affare salta perché Alexandre Pato rimane rossonero per amore e blocca il trasferimento al PSG. Poteva essere l’inizio di un’epopea del Diavolo, lo sarà della Juventus di Antonio Conte e Massimiliano Allegri. Il Milan però nel gennaio 2012 deve comprare un attaccante e, fallito l’assalto all’Apache, dà in mano ad Adriano Galliani le chiavi del mercato. A dire il vero lo fa già da qualche mese e i risultati sono stati altalenanti. L’ad si fida di alcuni procuratori, tra cui quel Mino Raiola che è diventato una sorta di consulente poco dopo l’affare Ibrahimovic. Proprio l’italo-olandese impacchetta l’attaccante perfetto per il Milan: è Lucas Roggia, ha ventun anni e non devono stupire le sole cinque presenze con l’Internacional in tre anni, è una punta completa e può sostituire degnamente Pato. A vedere oggi le foto di Roggia sembra uno di quei bassisti un po’ sfigati che si esibiscono con squallidi cover show di Ligabue in certi locali del Pescarese. Anche Lucas Roggia a Milano non ha lasciato alcuna traccia, se non economica. Adesso è svincolato da un anno, chissà che non inizi a suonare.

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