2016

Nainggolan: «Caos prima che arrivassi»

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«Sono combattuto tra l’amore per il calcio e la sicurezza»

Radja Nainggolan ha potuto rassicurare la società, qualche compagno di squadra e soprattutto la moglie Claudia solo nelle prime ore del pomeriggio. Gli attacchi terroristici che hanno colpito Bruxelles hanno comprensibilmente scosso il centrocampista della Roma, volato in Belgio per raggiungere la sua nazionale in ritiro e preparare la sfida contro il Portogallo.

RASSICURAZIONI – «Sto bene, per fortuna sono ad Anversa, a Bruxelles non sono mai arrivato. Dovevo andarci stamattina (ieri, ndr), poi è scoppiato il caos. Si respira paura pure qui, i telefoni sono fuori causa, gli spostamenti sono impossibili, i bambini vengono fatti rimanere nelle scuole fino a nuovi annunci. E chiunque giri in strada con una borsa o uno zaino qualsiasi viene perquisito», ha raccontato Nainggolan a La Gazzetta dello Sport tra voci e interferenze.

SOLLIEVO – La paura attanaglia i pensieri: «Se non avessi avuto un impegno con il mio sponsor, avrei potuto trovarmi all’aeroporto di Zaventem anch’io, stamattina. Sì, perché proprio a causa dell’evento a cui dovevo partecipare sono arrivato un giorno prima in Belgio, ma ad Anversa. Altrimenti, avrei preso un volo di mattina da Roma e sarei atterrato direttamente a Bruxelles. Il ritiro era fissato alle 12, proprio nell’albergo di fronte all’aeroporto. Invece è cambiato tutto, ci è stato comunicato che l’allenamento del pomeriggio sarebbe saltato, che il ritiro era sospeso fino a nuove ordine. E ora non sappiamo cosa dobbiamo fare. Andare a Bruxelles lo stesso? La partita con il Portogallo (di martedì 29, ndr) sarà annullata? Qui gli spostamenti sono difficili, è tutto blindato».

PAURA E SICUREZZA – Conosce un sacco di persone in Belgio Nainggolan, che però non riesce a parlare con nessuno. E rivela qual è stato il primo pensiero dopo aver saputo dell’attacco terroristico: «Dopo le esplosioni di Zaventem mi sono detto “qui ora arriva pure la seconda e la terza”. Non mi sbagliavo. Il mio timore era che potessero colpire Anversa (dove è cresciuto, ndr): la città è grande, la più importante del Belgio insieme a Bruxelles, avevo paura che potesse esser presa di mira dai terroristi», ha spiegato il centrocampista, che perla di sicurezza in vista degli Europei: «Sono combattuto tra l’amore per il calcio e la sicurezza della gente. Mi piace giocare, non so stare senza. Ma vorrei non ci fossero rischi. Europeo a porte chiuse? Sarebbe triste. Quello dev’essere un evento globale, visto e seguito da tutti. Con gli stadi vuoti non sarebbe la stessa cosa, non sarebbe un messaggio di pace».

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