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2016

Bari, game over: Paparesta cerca soldi

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paparesta bari settembre 2014 ifa

Per Giancaspro scadenza prima delle 24, Noordin incolpa il molfettese

Ci siamo: oggi è il giorno della verità per il Bari. Gianluca Paparesta dovrà versare almeno il 35% (2,6 milioni) dei 7,5 milioni necessari alla ricapitalizzazione della società o, semplicemente, non sarà più socio di maggioranza a favore di quello attualmente di minoranza (5%) Cosmo Giancaspro, disponibile a prendersi tutto. Paparesta quei soldi non li ha e gli servirà una vera e propria impresa dopo il ritiro del socio malese Ahmad Noordin Datò, che nelle intenzioni avrebbe dovuto prendere il 50% di maggioranza relativa del club, per reperirli. In queste ore il numero uno del Bari è alla ricerca dei soldi, che potrebbero comunque non bastare, perché dovrà dimostrare successivamente di poterne avere pure altri per mandare avanti il club e pagare gli stipendi arretrati (Giancaspro si è già detto disposto a farlo). Ieri, nel mentre, un nuovo capitolo della guerra tra il presidente dei pugliesi e l’imprenditore molfettese, con tanto di comunicato da parte di quest’ultimo che ha chiarito la sua posizione. 

BARI: GIANCASPRO ANTICIPA I TERMINI, NOORDIN LO INCOLPA – Giancaspro, nello specifico, ha voluto rendere note due cose: in primo luogo Paparesta avrà di tempo fino alle ore 16 e non fino a mezzanotte per versare il capitale necessario, ovvero fin quando saranno aperti gli sportelli bancari al fine di tracciare al meglio la provenienza dei soldi (niente bonifici fantasma, Giancaspro esige il controllo della banca). In secondo luogo l’assemblea straordinaria dovrebbe essere anticipata al 22/23 giugno e non al 24/25 per permettergli, eventualmente, qualora dovesse diventare padrone del Bari, di avere tempo di espletare tutte le formalità burocratiche e pagare gli stipendi per tempo senza andare oltre le scadenze. Sempre ieri ha parlato l’advisor di Noordin, Grazia Iannarelli, che ha spiegato in poche parole come gli accordi di acquisto del club fossero validi soltanto qualora Paparesta fosse stato in possesso del 100% delle quote e non del 95%. In poche parole: per Datò è “colpa” di Giancaspro, che non si è voluto tirare indietro.  

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