2017
Barella, nuovo prodigio a Cagliari: «Giocare qui è un sogno»
Nicolò Barella è pronto a prendersi sempre più responsabilità per il Cagliari: «Devo ringraziare Rastelli. In futuro…»
Sarebbe potuto essere un protagonista della mediana azzurra al Mondiale U-20 accanto a capitan Mandragora, ma Nicolò Barella non è stato così fortunato e ha subito un infortunio nella prima gara: «Sono andato via con rabbia dal Mondiale Under 20. Frattura di secondo e terzo metacarpo della mano. Abbiamo anche chiesto alla Fifa di farmi giocare con un tutore. Niente da fare. Le ho viste tutte alla tv, scambiando messaggi con i compagni che mi hanno fatto piangere quando hanno mostrato la mia maglia azzurra». Smaltita la rabbia? «Sì, riparto di slancio, pensando a conquistarmi un posto nell’Under 21. Ci tengo». Il cambiamento di Barella è avvenuto gradualmente: «Mi ha fatto bene il prestito di sei mesi a Como in B dove c’erano anche Scuffet e Bessa che esploderà a Verona. Sono andato con Federica e il mio cane LeBron. Sono pazzo di lui e di Cleveland. Metto la sveglia e di notte guardo le partite Nba. Ero disorientato: il mio agente Beltrami, che è anche il padrino di mia figlia, mi ha portato due televisori. Un secondo padre. L’altro cambiamento è avvenuto con Rastelli a Cagliari. Mi ha fatto capire che se non mi mettevo in riga non giocavo. Non è che facessi la primadonna, o che fossi una testa calda, ero un po’ so tutto io, molto sicuro di me stesso. E i grandi al primo giochetto ti fanno volare».
PRESENTE E FUTURO – Ora la rispettano. «Sì. Lo capisci dal fatto che puoi tenere il pallone tra i piedi, non solo recuperarlo. Io prima ne prendevo tanti, continuo, ma la palla la gioco». Barella indica due idoli per la sua formazione ai microfoni de “La Gazzetta dello Sport”: «Dejan Stankovic, un guerriero che faceva anche dei super gol da lontano. E Daniele Conti. Da piccolo ero più nel suo ruolo. A Cagliari è un mito. Mi insegna ancora tanto. Ora io penso di essere definitivamente una mezzala sinistra». In cosa deve migliorare? «Devo imparare a gestire la corsa, che a volte è troppa. E stare nel posto giusto al momento giusto». E 11 gialli in 28 gare sono troppi. «Già. Ma ci tengo troppo,significa questo. Non mi tiro indietro. Tutte ammonizioni per falli, non per proteste». Anche se il carattere in campo è fumantino. «A volte Barella sbarella. Ed esce il sardo, l’inglese, quel che capita. Ma finisce lì. Da piccolo ero più esagitato». Ama Cagliari e il Cagliari, insomma. «Come non potrei. Un bambino cagliaritano che gioca nella sua città in Serie A. È la cosa più bella al mondo». Tanti ventenni sembrano avere un gran futuro e poi si perdono. Un consiglio a loro da parte di chi ce l’ha fatta. «Non sentirsi mai arrivati, avere l’atteggiamento giusto, sfruttare le occasioni e non mollare mai. Guardate Melchiorri e seguite il suo esempio. Dalla D è arrivato in A»